π’πšπ§ π†π’πšπœπ¨π¦π¨ 𝐝𝐞π₯π₯𝐚 𝐌𝐚𝐫𝐜𝐚, 𝐬𝐚𝐜𝐞𝐫𝐝𝐨𝐭𝐞

𝐎𝐠𝐠𝐒 - πŸπŸ– π§π¨π―πžπ¦π›π«πž πŸπŸŽπŸπŸ“ - 𝐯𝐞𝐧𝐞𝐫𝐝𝐒̀ 𝐝𝐞π₯π₯𝐚 π—π—π—πˆπ• 𝐬𝐞𝐭𝐭𝐒𝐦𝐚𝐧𝐚 𝐝𝐞π₯ 𝐭𝐞𝐦𝐩𝐨 𝐨𝐫𝐝𝐒𝐧𝐚𝐫𝐒𝐨, π₯𝐚 π‚π‘π’πžπ¬πš 𝐫𝐒𝐜𝐨𝐫𝐝𝐚, 𝐭𝐫𝐚 𝐒 𝐯𝐚𝐫𝐒 𝐬𝐚𝐧𝐭𝐒 𝐞 π›πžπšπ­π’, π’πšπ§ π†π’πšπœπ¨π¦π¨, 𝐧𝐨𝐭𝐨 𝐜𝐨𝐧 π₯𝐚 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐒𝐟𝐒𝐜𝐚𝐳𝐒𝐨𝐧𝐞 “𝐝𝐞π₯π₯𝐚 𝐌𝐚𝐫𝐜𝐚”, 𝐫𝐞π₯𝐒𝐠𝐒𝐨𝐬𝐨 𝐞 𝐬𝐚𝐜𝐞𝐫𝐝𝐨𝐭𝐞. Domenico - questo il suo nome di battesimo - nacque il 1° settembre 1393 (o 1394 secondo fonti minoritarie) nel borgo fortificato di Monteprandone, feudo appartenente all’allora libero comune di Ascoli Piceno, nel territorio all’epoca denominato “Marca” o “La Marca” (oggi omonimo comune in provincia di Ascoli Piceno, nella regione Marche). Era il diciottesimo figlio della poverissima famiglia Gangala (o secondo altre fonti Gangale), composta dal padre Antonio, indicato con il soprannome “Roscio” (Rosso), probabilmente un pastore o un contadino, e da Antonia Rossi, chiamata “Tonna”. Dopo la prematura morte del genitore, avvenuta quando Domenico aveva solo sette anni, fu lui stesso mandato a pascolare le pecore per contribuire al sostentamento familiare. Tuttavia, quando aveva compiuto al massimo dieci anni, uno zio sacerdote nell’Ordine francescano, fra' Nicola da Monteprandone, avendone notate le non indifferenti capacitΓ  intellettuali, lo sottrasse a quella vita prendendolo con sΓ©, per per fargli frequentare la scuola del paese. In seguito potΓ© frequentare con profitto anche altre scuole in diverse cittΓ  delle Marche (probabilmente ad Ascoli Piceno) e dell'Umbria e, infine, si laureΓ² in diritto civile e canonico all'UniversitΓ  di Perugia (Umbria) intorno al 1412. Subito dopo la laurea, o comunque in un periodo molto ravvicinato (probabilmente tra il 1412 e il 1414 circa), iniziΓ² la sua carriera professionale come maestro di scuola, in varie localitΓ  non troppo distanti dalla sua zona d’origine. Successivamente divenne notaio e “giudice-commissario” (funzionario pubblico) in diverse cittΓ , in particolare a Bibbiena, in Toscana, ricoprendo anche la funzione di “magistrato” in vari centri dell'Italia centrale. Tuttavia - nonostante il prestigio e il benessere conquistati, che non soddisfacevano la sua anima - aderendo a una precoce vocazione spirituale, decise di entrare nell’Ordine dei Frati Minori Osservanti (famiglia francescana), entrando il 25 luglio 1416 nel convento di Santa Maria degli Angeli ad Assisi (in Umbria), situato presso la “Porziuncola”, dove poi vestΓ¬ l'abito francescano e assunse il nuovo nome religioso di Giacomo. In questa comunitΓ  religiosa, ebbe la grazia di avere come maestro il grande teologo Bernardino da Siena (1380-1444), futuro santo e dottore della Chiesa. In quel momento, Bernardino era giΓ  una figura eminente e una guida del movimento dell'Osservanza all'interno dell'Ordine Francescano, ricoprendo l'incarico di Vicario dei frati osservanti di Toscana e Umbria. Bernardino da Siena divenne il suo maestro e formatore, e Giacomo fu profondamente influenzato dalla sua spiritualitΓ , dal suo zelo per la predicazione e, in particolare, dalla devozione al Santissimo Nome di GesΓΉ (il trigramma IHS). Questa formazione eccellente fu fondamentale per la sua futura carriera di predicatore itinerante in tutta Europa. Verso il 1420 o 1421, terminati gli studi a Perugia (Umbria) e conseguito il dottorato a Firenze, Giacomo fu ordinato sacerdote nel convento di Fiesole, sulle colline vicino a Firenze. Per capacitΓ  e intima predisposizione d’animo, divenne predicatore itinerante, mostrandosi degno erede del suo grande precettore Bernardino da Siena, che imitΓ² nello zelo e nella santitΓ . La sua vita fu sempre improntata a un’estrema penitenza, tanto da sottoporsi a privazioni, come fosse in Quaresima, durante tutto l’anno. Per piΓΉ di trent'anni si spostΓ² instancabilmente per campagne, villaggi e cittΓ  per predicare, solitamente a piedi, mangiando solo un tozzo di pane, poche fave e qualche cipolla che portava con sΓ¨ nella bisaccia. Il suo vecchio istitutore San Bernardino gli raccomandava spesso di nutrirsi, ma lui continuava a digiunare quasi ogni giorno. Dormiva pochissimo, un paio d'ore per sera e si levava sempre quando gli altri andavano a riposare, portando per dieci anni il cilicio sulla nuda carne e battendosi con la sferza a scopo di mortificazione. Durante tutta la sua vita religiosa osservΓ² la castitΓ  in modo perfetto, benchΓ© tormentato per ben trent'anni da forti tentazioni carnali, dalle quali lo liberΓ² l’intercessione della Beata Vergine di Loreto. Nelle sue molte peregrinazioni fu imprigionato varie volte, insultato, assalito e malmenato da eretici, ma non desistette mai dai suoi propositi evangelici e mai mostrΓ² rancore verso i suoi nemici e persecutori, perdonandoli sempre, pur combattendo strenuamente i loro errori. Sempre malaticcio e sofferente, resistette nella faticosa vita dei predicatori viaggianti, temendo solo che il dolore fisico lo distraesse dalla preghiera e dal suo apostolato. Dalla modalitΓ  oratorie del suo maestro Bernardino, mutuΓ² tecniche vocali, gestuali, contenuti e struttura dei sermoni, prediligendo la trattazione di temi etici e politici e facendo ampio uso di esempi, spesso presentati in forma drammatizzata, utilizzando per lo piΓΉ la lingua “volgare” del popolo. S’impegnΓ² a diffondere la devozione al Nome di GesΓΉ e nelle prediche insistette su alcuni obiettivi polemici ricorrenti, quali le pratiche superstiziose, il lusso, il gioco, la bestemmia e l’usura. Le sue omelie erano tuoni che svegliavano anche gli spiriti piΓΉ recalcitranti, forti di riferimenti biblici ma anche di spunti della scrittura dantesca. Nessuno poteva sonnecchiare o distrarsi quando assisteva a queste prediche di formidabile efficacia, dall’andamento teatrale, ma che raggiungevano lo scopo di convertire. Signorile, sicuro e determinato, sapeva conciliare caritΓ  e fuoco del Giudizio di Dio, quale teologo e moralizzatore severo ma pietoso. La sua predicazione, oltre a suscitare apprezzamento ed entusiasmo da parte del popolo, si tradusse in riforme degli Statuti di alcune cittΓ  ove teneva sermoni e nella fondazione di numerose confraternite. Dal 1423 al 1425 predicΓ² nella vicina zona di Jesi (odierna provincia di Ancona, regione Marche), dov’erano presenti gruppi aderenti alla setta detta “dei Fraticelli” (ex frati francescani scomunicati che, nel XIV secolo, si erano ribellati all'autoritΓ  dei loro superiori e della Chiesa). Il successo fu talmente grande che, nel 1426, papa Martino V (dal 1417 al 1431) lo incaricΓ² di predicare contro tale setta e ogni altro gruppo eretico anche nel resto della Penisola Italiana, affiancato dal confratello San Giovanni da Capestrano (1386-1456). Giacomo iniziΓ² cosΓ¬ i suoi viaggi apostolici in tutta Italia, dove, oltre a combattere con successo le eresie, predicΓ² quaresime, illustrΓ² concili e congressi con la sua presenza e l'autoritΓ  della sua parola. Nel 1443 fu nominato legato pontificio (una sorta di ambasciatore) dal nuovo pontefice Eugenio IV (in carica dal 1431 al 1447), col compito di predicare a favore della Crociata che si andava preparando contro i Turchi. Nell’agosto del 1446, dopo che il succeduto papa NiccolΓ² V (dal 1447 al 1455) lo aveva nominato inquisitore d’Austria e Ungheria con ampi poteri, promosse una vasta azione antiereticale in questi due Paesi e nei Balcani, con grande frutto di conversioni. Poi, fu inviato nell’Illiria (regione corrispondente alla parte occidentale della penisola balcanica, verso la costa sud-orientale sul Mare Adriatico della Dalmazia), in Germania e in Valacchia (regione meridionale della Romania). GirΓ² l'Europa e specialmente l'Ungheria, l'Austria e la Boemia, fondando pure dei conventi. Ovunque predicΓ², combattΓ© eresie e promosse la riunione degli scismatici, sempre obbediente alla volontΓ  dei vari pontefici, che lo “spostavano” da un posto all’altro secondo le necessitΓ  pastorali. L’appoggio del papa e dell’imperatore bizantino Costantino XI Paleologo (1405-1453), oltre al titolo di legato al XVII concilio ecumenico di Basilea in Svizzera (terminato nel 1449), non furono perΓ² sufficienti a garantirgli l’intoccabilitΓ  e la sicurezza, tanto che non solo ricevette gravi persecuzioni da una parte del clero dei luoghi ove operava, che tentΓ² addirittura di ucciderlo piΓΉ volte, ma subΓ¬ anche una scomunica da parte di Simone, arcidiacono di Bacs (diocesi dell’Ungheria). Gli fu proposto di diventare vescovo dell’arcidiocesi di Milano (Lombardia), ma rifiutΓ² l’incarico per umiltΓ . Tra le attivitΓ  dell’ultima fase della sua vita, va ricordata la costituzione della biblioteca del convento di Santa Maria delle Grazie di Monteprandone, suo paese natale, nella quale riuscΓ¬ a raccogliere circa duecento preziosi codici, costituenti una vera e propria “enciclopedia del predicatore”. Oratore ardente, si scagliΓ² soprattutto contro i vizi dell'avarizia e dell'usura. Proprio per combattere quest'ultima piaga, Giacomo ideΓ² i “Monti di PietΓ ” - ancora oggi tanto diffusi e utili - dove i poveri potevano ottenere un prestito impegnando i propri pur miseri averi o animali, non piΓΉ all'esoso tasso preteso dai privati, che comunemente erano veri e propri usurai, ma a un interesse minimo, talvolta simbolico. Narrano gli agiografi che, nella cittΓ  dell’Aquila (Abruzzo), dove si era recato per visitare la tomba del suo amato maestro Bernardino da Siena, colΓ  morto e sepolto nel 1444, pregando nel nome di GesΓΉ, ottenne sulla pubblica piazza, presente una moltitudine di popolo, decine di miracoli, tanto da dovere poi rimanere nascosto per ordine del vescovo locale, il quale temeva gli eccessi della folla entusiasta. GiΓ  di salute cagionevole, nella vecchiaia fu travagliato da molti mali e acciacchi che a volte rischiarono di portarlo alla tomba, tanto che per ben sei volte gli fu somministrata l'Estrema Unzione. Nella prova della malattia, tutto sopportΓ² con rassegnazione e gioia per imitare GesΓΉ anche sul Calvario, edificando sempre chi lo assisteva e curava con la sua umiltΓ  e preghiera. Nel 1472 fu chiamato a Napoli, capitale di quello che allora era l’omonimo regno nel meridione della Penisola Italiana, dove, giΓ  debilitato per la vita di penitenza e colpito da coliche fortissime, morΓ¬ il 28 novembre 1476. In quest’ultima malattia, sentendo ormai la morte vicina, chiese e ottenne i sacramenti e si spense col nome di GesΓΉ sulle labbra, invocando dai presenti il perdono dei suoi peccati. Il suo corpo fu sepolto nella chiesa di Santa Maria la Nova a Napoli, ma, nel 2001, Γ¨ stato trasferito nel natio borgo di Monteprandone (Ascoli Piceno), all’interno del Santuario Santa Maria delle Grazie e San Giacomo della Marca, da lui stesso fondato e fatto costruire nel 1449. Fu beatificato da papa Urbano VIII nel 1624, due anni dopo venne dichiarato compatrono di Napoli e, il 10 dicembre 1726, fu fatto santo dal pontefice Benedetto XIII.
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Roberto Moggi 
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