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Di famiglia agiata e quasi certamente cristiana, composta - secondo un'agiografia del IX secolo - dal padre Amanzio e dalla madre Giuliana, desiderรฒ consacrarsi al Signore fin dalla piรน tenera etร e in giovinezza, dopo la prematura morte del genitore, si privรฒ degli ingenti beni ereditati per donarli ai poveri. Si ritirรฒ poi a fare vita ascetica, di preghiera, penitenza e caritร , ma le agiografie non indicano se ciรฒ sia avvenuto in un eremo o in un monastero specifico, o se abbia semplicemente condotto una vita ritirata in patria. Nel 516 circa, tanto era stimato dal popolo e dal clero che fu eletto vescovo della sua cittร , esercitando un ministero che mantenne onorevolmente svolgendo una preziosa attivitร pastorale, sempre amatissimo dalla popolazione, fino al 540-541 circa. Fu un grande organizzatore di quella Chiesa locale, in un periodo piuttosto difficile, il VI secolo, che vedeva concretarsi la distinzione tra la “diocesi”, presente nelle cittร , e la “pieve”, nelle zone rurali. Fu amico personale del monaco Benedetto da Norcia (circa 480-547), fondatore dell’Ordine monastico dei Benedettini e futuro santo, oltre che di altre importanti figure della Chiesa. Nel 519, essendo particolarmente stimate le sue doti di saggezza, cultura, dottrina e diplomazia, fu scelto da papa Ormisda (dal 514 al 523), anch’esso futuro santo, per una delicata missione diplomatica a Costantinopoli, capitale dell’Impero Romano d’Oriente. Pertanto, quale legato pontificio alla guida di un’apposita delegazione, si recรฒ nella cittร del Bosforo (oggi Istanbul, in Turchia) per cercare di mettere fine allo scisma a suo tempo iniziato dal locale arcivescovo e patriarca Acacio (dal 471 al 489). Ben due precedenti legazioni pontificie non erano riuscite a comporre il dissidio, ma la sua trattativa, condotta con grande capacitร , andรฒ invece a buon fine. A Costantinopoli, lui e i suoi legati furono bene accolti e, ricevuti in udienza dall’imperatore Giustino I (dal 518 al 527), poterono leggere pubblicamente un testo di papa Ormisda, da quest’ultimo composto appositamente per quell’occasione, passato alla storia come “Libellus Fidei”, contenente le condizioni del Santo Padre per la ricomposizione dell’annosa divisione. I vescovi della Chiesa d’Oriente, presenti all’incontro, alla fine convennero che non c’era nulla da obiettare e lo stesso ritenne anche il patriarca della cittร , Giovanni. L'imperatore Giustino I e il predetto patriarca, quindi, approvarono e sottoscrissero il documento, ponendo cosรฌ fine allo scisma e facendo superare una divisione che durava ormai da due generazioni. I legati pontifici rimasero ancora a Costantinopoli piรน di un anno, per consolidare i risultati della riconciliazione anche nelle altre Chiese e per dissipare contrasti e difficoltร causati da alcuni monaci irrequieti. Al rientro della delegazione nella Penisola, dopo una sosta a Roma dal pontefice, Germano volle tornare subito nella sua diocesi campana, dove decise di condurre ancora una volta vita ascetica, pur non omettendo la dovuta attivitร pastorale connaturale al suo ufficio episcopale, fino alla dipartita terrena, che sopraggiunse, dopo una vita dedicata al Signore e alla Chiesa, il 30 ottobre del 540 o 541. Dopo la sua morte, di Germano parlรฒ molto anche il santo pontefice Gregorio I (dal 590 al 604), noto come San Gregorio Magno, futuro dottore della Chiesa, che lo ricordรฒ come uomo di Dio in grado di svolgere la cura d'anime continuando a tendere alla perfezione cristiana e alla contemplazione. Germano fu sepolto a Capua nella chiesa maggiore di Santo Stefano e traslato poi nella cattedrale quando fu costruita la nuova cittร . Nell’866, l’Imperatore carolingio Ludovico II “il Giovane” (dall’855 all’875) dimorรฒ per circa un anno a Capua e quando partรฌ portรฒ con sรฉ i suoi resti mortali, lasciandone poi una parte nel villaggio fondato dall’abate Bertario ai piedi di Montecassino, che prese il nome di San Germano mantenendolo fino al 1863, quando lo mutรฒ in quello piรน antico di Cassino. Da lรฌ, furono collocate nell’abbazia di Montecassino, fondata sul sovrastante colle, nel 529, da San Benedetto da Norcia. Dopo la distruzione del luogo sacro nel 1944, a causa di un bombardamento aereo nel corso della Seconda Guerra Mondiale, l'abbazia fu ricostruita e le reliquie sono state ricollocate, trovando posto nella cripta, dove si possono venerare. Parte dei resti sacri di Germano furono invece portati, dal predetto Ludovico II, nella chiesa di San Sisto a Piacenza (capoluogo dell’omonima provincia della regione Emilia-Romagna), dove tutt’ora si trovano nella cappella sotterranea.
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Roberto Moggi
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