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Nel 1595, a quattordici anni, guadagnando quanto occorreva per mantenersi con il lavoro pratico, riuscΓ¬ a coronare la sua vocazione spirituale, entrando nel seminario dei Frati Minimi di San Francesco di Paola del vicino convento di Dax, a pochi chilometri di distanza. Qui, pur continuando gli studi, soggiornΓ² solo pochi mesi, perchΓ© si meritΓ² l'insperato interesse di un ricco mecenate, il signore e forse nobile De Comet, avvocato a Dax e giudice a Pouy, che, apprezzandone la vivissima intelligenza, lo accolse in casa come precettore dei suoi figli. Questo gli permise di accedere a libri e istruzione, anche se il suo ruolo era quello del servitore, e non di studente seminarista nel senso classico del termine. In ogni caso, nel 1596, potΓ© ricevere la tonsura e gli ordini minori, entrando nello stato di vita ecclesiastico. Studio quindi teologia a Tolosa (nel sud-ovest della Francia), dove, il 23 settembre 1600, fu ordinato sacerdote. In questo periodo, ancora in qualche modo preda dei richiami e delle lusinghe del mondo, con l’anima travagliata, cercΓ² in ogni modo di ottenere un cosiddetto “Beneficio Ecclesiastico” (consistente in proprietΓ fondiarie o immobiliari che si concedevano in usufrutto ai sacerdoti, per compenso dei loro uffici e che, alla morte del religioso usufruttuario, ritornavano alla Chiesa), sperando di poter esercitare un ministero sacerdotale privo di preoccupazioni economiche e materiali. Alla fine, con l'appoggio del suo potente protettore De Comet, riuscΓ¬ ad essere nominato parroco del villaggio di Tilh, nella medesima regione, dovendo comunque rinunciare all’incarico, perchΓ© la stessa parrocchia era giΓ assegnata a un altro prete che gli contestΓ² vittoriosamente la legittimitΓ della nomina. Dal 1604 al 1607, dopo avere conseguito il titolo di “Baccelliere”, appena sotto alla laurea e alla licenza, visse il periodo piΓΉ “nebuloso” della sua vita, talmente oscuro che di lui si perdono letteralmente le tracce. Per riscuotere il lascito di un testamento in suo favore, si imbarcΓ² a Tolone su una nave diretta a Marsiglia (entrambe importanti cittΓ portuali della costa mediterranea francese), ma, durante il viaggio, l'imbarcazione fu assalita dai cosiddetti “Pirati barbareschi” (arabi musulmani per lo piΓΉ provenienti dalle coste delle odierne Algeria e Tunisia), che, come da lui stesso raccontato in seguito, lo sequestrarono e condussero, con altri sfortunati, in un loro porto sulle coste africane, dove fu venduto come schiavo. Comunque - per grazia di Dio - riuscΓ¬ in breve tempo a fuggire o a essere in qualche modo liberato, riuscendo a fare ritorno in Francia. Si recΓ² allora a Parigi, sempre desideroso di un “Beneficio Ecclesiastico”, che gli pareva indispensabile per la sua stabilitΓ economica. Dalla capitale del Regno, nel 1610, scrisse alla madre delle sue traversie e dei suoi progetti, sperando sempre di potersi “sistemare onoratamente”. In questo contesto di programmi e ambizioni, di sogni e delusioni, sempre molto ancorati alla mondanitΓ , s’inserirono nella sua vita alcuni episodi e personaggi che incisero profondamente sul suo animo, dando vita a quella che sarΓ la sua definitiva e profonda “conversione” del cuore. Nel 1609, visse una delle umiliazioni piΓΉ cocenti della sua esistenza, un’ingiusta accusa di furto, cui seppe reagire con grande pacatezza e umiltΓ , riuscendo a dimostrare la sua innocenza, trasformando la triste vicenda in un’occasione di profonda crescita spirituale. In quell'occasione conobbe il cardinale e teologo Pierre De BΓ©rulle (1575-1629), figura di spicco della spiritualitΓ francese di quel tempo, col quale instaurΓ² una sincera amicizia e che scelse, in seguito, come proprio direttore spirituale. Il porporato lo introdusse alla corte reale, presentandolo alla regina Margherita di Valois, moglie del re di Francia Enrico IV, venendo da questa assunto con gli incarichi di regio cappellano ed elemosiniere. Qui conobbe un impiegato di palazzo, dottore in teologia, fortemente depresso e vessato dal diavolo, che aveva quasi perso la fede, al punto di volersi suicidare. Anche questa conoscenza si rivelΓ² provvidenziale e ulteriore fonte di cambiamento. Vincenzo, infatti - divinamente ispirato - non solo riuscΓ¬ a tranquillizzarlo e farlo retrocedere dai suoi cupi propositi, ma giunse a offrirsi lui stesso a Dio per la guarigione del poveretto, chiedendo di trasferire nella sua anima le tribolazioni di lui. Il Signore lo esaudΓ¬ e guarΓ¬ il malcapitato, mentre lui cadde nel turbine di una profonda crisi spirituale - che si rivelerΓ terapeutica per la sua anima - della durata di circa quattro anni. Ne venne fuori solo quando, seguendo gli impulsi della Grazia, prese la decisione di consacrare la sua vita al servizio degli ultimi, per amore di GesΓΉ Cristo. Nel 1612, il cardinale De BΓ©rulle, dovendo assegnare un curato alla parrocchia di Clichy, alla periferia di Parigi, propose l'incarico a Vincenzo, che accettΓ² con grande entusiasmo, prendendone possesso il 2 maggio dello stesso anno. Qui predicava con entusiasmo e persuasione, visitava gli infermi, gli afflitti, i poveri. Dopo un anno, nel 1613, l’alto prelato lo fece diventare precettore di una delle piΓΉ illustri casate presenti in quel momento in Francia, quella dei Gondi, banchieri italiani originari di Firenze, che avevano fatto fortuna al seguito della loro concittadina Caterina De Medici, madre della regina consorte Margherita di Valois. Vincenzo assunse il nuovo incarico, pur mantenendo la cura della parrocchia di Clichy fino al 1626. Nel nuovo prestigioso compito si fece presto stimare, tanto che la casata italiana, i cui componenti erano ammirati dalle sue qualitΓ , in segno di riconoscenza per il suo proficuo lavoro lo nominΓ² anche cappellano dei propri feudi in Francia. Finalmente Vincenzo vedeva realizzato il suo sogno, un tempo tanto ambito: una carica ecclesiastica presso la nobiltΓ , che gli assicurasse una vita agiata e senza problemi. Tuttavia, egli era ormai profondamente cambiato. Nel gennaio 1617, durante un viaggio nella cittadina di Folleville (nel nord della Francia), fu chiamato al capezzale d’un povero contadino del vicino villaggio di Gannes, che si apprestava a rendere l’anima a Dio. Recatosi prontamente sul posto, incoraggiΓ² il morente a fare una confessione generale, ottenendone un esito insperato. Il contadino, infatti, cominciΓ² a confessare mancanze anche molto gravi, commesse in tutta la sua vita e sempre taciute nelle precedenti confessioni. Al termine della riconciliazione, quel pover'uomo si sentΓ¬ liberato dai rimorsi che lo avevano accompagnato fino ad allora e fu invaso da una gioia incontenibile. Il 25 gennaio, pochi giorni dopo quella confessione, colpito dai buonissimi frutti dell’episodio, nella festa della Conversione di San Paolo tenne una predica in cui insegnava come fare una buona confessione generale. Era tanta la gente accorsa ad ascoltarlo, desiderosa di liberarsi dai propri peccati col sacramento della penitenza, che, nonostante il suo massimo impegno, non riuscΓ¬ a confessarli tutti, dovendo chiedere aiuto ai Padri Gesuiti della vicina Amiens. Quest’esperienza fu per lui un’autentica rivelazione e sentΓ¬ chiaramente che quella era la sua missione, l'opera che il Signore voleva da lui: portare la Parola di Dio e i suoi precetti alla povera gente delle campagne. Fu cosΓ¬ che nel 1625, otto anni dopo, al termine di un proficuo periodo in cui fu sempre alla sequela di Cristo e al servizio degli “ultimi”, fondΓ² la “Congregazione della Missione”, avente proprio quello specifico carisma. Γ consuetudine, tuttavia, considerare proprio il 25 gennaio 1617 come giorno di fondazione della stessa congregazione, facendola coincidere con il sermone fatto in quel medesimo giorno, quale “Prima predica della Missione”. Con l'aumentare del suo zelo apostolico, aumentava anche il suo disagio come precettore dei viziati e dispotici figli dei nobili Gondi. Allora il suo padre spirituale, il Cardinale De BΓ©rulle, gli affidΓ² la cura pastorale della lontana parrocchia di ChΓ’tillon les Dombes (oggi ChΓ’tillon sur Chalaronne), una cittadina nei pressi di Lione (sud-est della Francia), che aveva il problema di risentire fortemente dell'influsso calvinista proveniente dalla vicina Ginevra (in Svizzera). PartΓ¬ immediatamente lasciando tutto, senza nemmeno comunicare ai Gondi le sue nuove intenzioni. Era la Quaresima del 1617, quando giunse nella sua nuova parrocchia. Fu qui che fondΓ² la “Compagnia della CaritΓ ” il 20 agosto 1617: saputo dell’estrema indigenza di una famiglia intera, ne informΓ² i parrocchiani che accorsero subito. Per non portare soccorsi in modo affrettato ed estemporaneo, chiamΓ² un gruppo di persone della parrocchia e ne organizzΓ² e motivΓ² evangelicamente l’organizzazione stabile, distribuendo le responsabilitΓ e i compiti. Si trattava del nucleo fondante di quello che sarΓ in futuro il “Movimento Laicale Vincenziano” e della “Compagnia delle Figlie della CaritΓ ”. Il 23 dicembre 1617, cedendo all'insistenza di quella ricca famiglia, tornΓ² in casa Gondi, non piΓΉ come precettore, ma semplicemente come cappellano dei loro possedimenti, deciso ormai a consacrarsi interamente alla salvezza della povera gente attraverso la predicazione e l'evangelizzazione. Da allora Vincenzo non tralasciΓ² mai di inculcare la pratica della caritΓ a tutte le persone che ricorrevano alla sua direzione spirituale e s’impegnΓ² costantemente nell'istituire “Centri Attivi di CaritΓ ” ovunque predicava le missioni. In poco tempo, le confraternite raggiunsero anche le grandi cittΓ francesi. A esse aderivano sempre piΓΉ numerose le dame e dovunque, si aveva un riscontro sempre positivo da parte di vescovi e parroci da un lato e di ufficiali e autoritΓ comunali dall'altro. Nel 1629 le Confraternite della CaritΓ raggiunsero Parigi e nel giro di pochi anni non vi fu parrocchia nella capitale che non avesse la sua Confraternita, impegnata con i trovatelli, i prigionieri, i galeotti, i mendicanti. PoichΓ© le dame, perΓ², come scriveva: “… sono per la maggior parte di nobile condizione che non permette loro di adempiere le piΓΉ basse e vili faccende occorrenti nell'esercizio della Confraternita stessa …”, nel 1633 Vincenzo giunse alla fondazione delle “Figlie della CaritΓ ”. Infatti, con l'assistenza di Santa Luisa di Marillac (1591-1660), riorganizzΓ² le confraternite d’assistenza fino allora fondate nell’anzidetta Compagnia. Il loro stile di vita s’ispirava a quello delle comunitΓ religiose femminili, ma il loro carisma era legato a una concezione del tutto nuova della vita consacrata femminile. EvitΓ² accuratamente ogni segno distintivo canonico che le potesse qualificare come religiose: non piΓΉ “monache”, donne sole ma “suore”, sorelle di tutti, aperte alle esigenze degli altri non solo spiritualmente, ma nella concretezza della quotidianitΓ , compagne di viaggio dei piΓΉ sciagurati, stimolo costante alla solidarietΓ , alla fratellanza e alla ricerca delle cose essenziali che fanno ognuno prossimo dell'altro. Con il 1633, la vita di Vincenzo ebbe un’altra svolta, la terza. Aveva ormai cinquantatrΓ© anni ed era lontana l'epoca dell'ambizione, quando collaborΓ² alla riforma monastica. Nel 1633, per il miglioramento del clero istituΓ¬ le "Conferenze del martedΓ¬". Alla morte di re Luigi XIII, nel 1643, quando la regina consorte Anna d'Austria divenne reggente per il figlio Luigi XIV fino al 1651, fu nominato membro del “Consiglio di Coscienza”. Nell’ultimo periodo della sua vita, la storia di Vincenzo diventa un pezzo di storia della Chiesa universale e della Francia. La Congregazione della Missione si espanse sempre piΓΉ, mentre le Figlie della CaritΓ erano richieste dappertutto: scuole, ospedali, parrocchie e ogni luogo dove c’era bisogno di caritΓ pratica. Le Dame della CaritΓ non si limitarono piΓΉ solo alla vista dei malati: prestarono servizio ai feriti durante le guerre, ai galeotti e ai mendicanti. Pur avendo egli il genio dell'organizzazione, quello che colpisce non Γ¨ il metodo, ma lo spirito del suo lavoro. Era cosciente di fare un'opera di Dio e, la coerenza interna del suo pensiero e della sua azione, nasceva proprio dall'unione di caritΓ e Vangelo. Aveva scoperto di essere stato ricercato e infine raggiunto da Dio, tanto da sentirsi amato e da volere egli stesso amare. Il suo zelo e la sua passione per le anime erano unicamente espressione del suo amore per Dio. Il 27 settembre 1660 Vincenzo morΓ¬ a Parigi, con il nome di GesΓΉ sulle labbra. Fu trovato vestito, seduto su una sedia vicino al fuoco del camino, come in attesa di qualcuno. Γ sepolto a Parigi, dietro l’altare della Cappella dei Lazzaristi, nella centrale rue de SΓ¨vres.
πΌπππππππ: "πππππππ§π ππ πππππ", πππ‘πππ‘π‘π ππ ππππ π π’ π‘πππ ππππππ‘π, π£ππππ ππππππππ‘π π‘ππ ππ 1640 ππ ππ 1660 πππππ, πππ πππ‘π‘πππ πππππππ π πππππ πΉππππ̧πππ , πππ‘π‘π πππππ πΉππππ̧πππ ππ πππ’ππ π πΏπ πππ‘ππ‘ πΉππππ̧πππ (1606-1671). πΏ'πππππ π π π‘πππ£π ππππ π π ππ πππ π πππππππππ§ππ πππππ πΆππππππππ§ππππ πππππ πππ π ππππ (ππππππ‘π πππ πππππ πππ), π ππππππ.

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