Oggi
- 26 giugno 2025 - giovedì della XII settimana del Tempo Ordinario, la
Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Vigilio, vescovo e
martire. Di Vigilius (Vigilio), questo il suo nome nella natia lingua
latina, abbiamo poche e non tutte comprovate notizie. Nacque
probabilmente verso l’anno 355 a Roma, da una famiglia che si ritiene
sia stata di
alto lignaggio e cristiana, con la quale presto si trasferì a
Tridentum, a ridosso delle Alpi Orientali (oggi Trento, capoluogo
dell’omonima provincia). Tuttavia, secondo altre fonti, potrebbe essere
nato proprio in quest’ultima città o territori limitrofi, da un nucleo
familiare comunque di origine romana. Non si conosce il nome del padre,
mentre la madre si chiamava Massenzia e i suoi fratelli Claudiano e
Magoriano, che divennero anch'essi santi. Dato l’alto lignaggio della
casata d’origine, poté perfezionare la propria formazione intellettuale
ad Atene (Grecia), capitale della cultura classica di quel tempo, dove
fece amicizia con Giovanni Crisostomo, detto anche d'Antiochia
(344/354-407), teologo e arcivescovo di Costantinopoli, il quale
diventerà santo e dottore della Chiesa, per poi tornare a Roma, capitale
dell’Impero. Grazie al benefico influsso spirituale di San Giovanni
Crisostomo e all’assidua frequentazione della comunità cristiana
dell’Urbe, si pose sempre più alla sequela del Signore, fino a quando,
verso il 380, a circa venticinque anni, si recò o tornò a Trento. Nella
città settentrionale, fu apprezzato per l’eccelsa formazione culturale e
dottrinale acquisita, ma ancora di più per le sue doti di carità e
umiltà. Le sue qualità gli permisero di divenire un esponente di spicco
della locale comunità dei credenti in Cristo, tanto da essere consacrato
terzo vescovo di quella diocesi, nel 385 circa. La cattedra trentina
gli fu affidata congiuntamente, durante il pontificato di papa Siricio
(dal 384 al 399), da Valeriano d’Aquileia, arcivescovo di Aquileia nel
Friuli (dal 369 al 388), futuro santo, e dal vescovo di Milano Ambrogio
(dal 374 al 397), che pure diventerà santo e dottore della Chiesa, il
quale ultimo gli regalò le insegne vescovili, diventando suo amico e
guida. Nella veste di Pastore, Vigilio fu attivo come missionario,
quando ancora molte zone di quello che è l’attuale Trentino dovevano
essere evangelizzate. Operò soprattutto nella valle del fiume Adige e
nella zona di Trento, arrivando a sud fino al Lago di Garda e in Val
Vestino, facendo costruire numerose chiese. Mancavano però gli
evangelizzatori, per cui si rivolse proprio al vescovo Ambrogio, per
avere l’aiuto di validi missionari. Quest’ultimo, col quale teneva una
serrata corrispondenza epistolare, gl’inviò tre ferventi e capaci
missionari provenienti della lontana Cappadocia in Asia minore
(nell'attuale Turchia asiatica). Si trattava di Sisinnio e dei fratelli
Martirio e Alessandro, ai quali Vigilio affidò la predicazione nella
parte occidentale della diocesi, costituita dalla regione dell’Anaunia
(oggi Val di Non), territorio noto per l'ostilità delle popolazioni
pagane. Vigilio stesso preparò questi predicatori a evangelizzare,
innanzitutto attraverso l'esempio della loro vita, nell’amicizia, nella
carità e nella semplicità. La cristianizzazione così opportunamente
compiuta, portò i suoi frutti nel territorio e i tre furono accolti dai
locali, dei quali furono soccorritori e amici. La loro umile casa
diventò un luogo di assemblea e di preghiera per tutti. Dopo una decina
d’anni, però, scoppiò una lite tra alcuni pagani e un cristiano che si
era rifiutato di venerare una statua del dio Saturno. Fu così che, il 29
maggio 397, ad Anaunia (oggi San Zeno nella Val di Non, regione
Trentino), una parte della popolazione rimasta legata ai culti pagani
individuò nei tre missionari i responsabili della sempre più numerosa
presenza cristiana e li percosse a morte per poi bruciarli. Vigilio,
ricordato per il grande amore che manifestava nei confronti delle
popolazioni locali, dopo l'eccidio, scrisse l'opera “De Martyrio SS.
Sisinnii, Martyrii et Alexandri” (“Del martirio dei Santi Sisinnio,
Martirio e Alessandro”), riguardante questi tristi fatti. I resti dei
tre martiri vennero da lui fatti amorevolmente raccogliere, mentre non
solo perdonò i responsabili, ma intercedette per loro chiedendo la
grazia all’Imperatore Romano d’Occidente Onorio (dal 393 al 423). Le
reliquie dei tre evangelizzatori furono divise e inviate a
Costantinopoli, dove le accolse San Giovanni Crisostomo e a Milano, dove
a riceverle fu il successore di Sant’Ambrogio, San Simpliciano (dal 397
al 401). Molti secoli dopo, nel corso del XX secolo, tuttavia, parte di
quei resti furono accolti nella chiesa di San Zeno in Trentino. Non si
hanno notizie certe sulla morte di Vigilio. Egli fu molto solerte nel
combattere l'idolatria nella sua diocesi e, questa sua prerogativa,
avrebbe indispettito i pagani più riottosi, che infine lo uccisero. In
effetti, secondo la pur non confermata tradizione, nel 405 circa,
accompagnato da alcuni fedeli e da un altro missionario, si sarebbe
recato in Val Rendena, sempre in Trentino, dove avrebbe celebrato la
Messa e poi gettato nel fiume Sarca una statua pagana del dio Saturno.
Questo avrebbe scatenato l'ira dei pagani, che lo uccisero, secondo la
narrazione, usando bastoni e zoccoli di legno con i quali spesso è
raffigurato nell’iconografia classica. I suoi resti sarebbero poi stati
portati a Trento per essere seppelliti nel Duomo, che lui stesso aveva
fatto costruire e dove si trovano ancora oggi.
Immagine: “San Vigilio in estasi”, olio su tela dipinto, nel 1673, dal pittore trentino Giuseppe Alberti (1640-1713). L’opera si trova presso il Museo diocesano tridentino, all’interno del castello del buon consiglio, a Trento (capoluogo dell’omonima provincia e della regione Trentino Alto Adige).
Roberto Moggi
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Immagine: “San Vigilio in estasi”, olio su tela dipinto, nel 1673, dal pittore trentino Giuseppe Alberti (1640-1713). L’opera si trova presso il Museo diocesano tridentino, all’interno del castello del buon consiglio, a Trento (capoluogo dell’omonima provincia e della regione Trentino Alto Adige).
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