Oggi
- 25 giugno 2025 - mercoledì della XII settimana del Tempo Ordinario,
la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Massimo di Torino,
vescovo. Di Maximus (Massimo), questo il suo nome in latino, si conosce
pochissimo. Sappiamo tuttavia che nacque probabilmente nella seconda
metà del IV secolo nella provincia
romana della Raetia (Rezia), formata dai territori alpini e subalpini
adesso compresi, pressappoco, fra l'Alto Adige italiano, la Baviera
meridionale tedesca, la Svizzera centro-meridionale e l'Austria
occidentale. Non sappiamo se la famiglia d’origine fosse cristiana, ma,
in ogni caso egli lo divenne, tanto da essere incardinato nella Chiesa
della sua regione. Poi, dal 398, fu chiamato a reggere come vescovo la
diocesi della città di Julia Augusta Taurinorum (oggi Torino, capoluogo
della regione Piemonte), nel nord-ovest della Penisola Italiana. Al
momento della sua ordinazione episcopale, tale diocesi era stata appena
istituita dal vescovo e futuro santo Eusebio di Vercelli (283-371), di
cui era discepolo quale membro del cenobio di stampo monastico fondato
dal medesimo. Massimo, pertanto, fu probabilmente il primo vescovo di
Torino e, infatti, non è storicamente accertata la presenza di suoi
eventuali predecessori, anche se una tradizione lo vorrebbe succeduto
nell’episcopato a un certo Vittore, pressoché sconosciuto. Fu un
discreto scrittore, particolarmente bravo nella stesura di prediche e
discorsi, oltre che per certi versi uno storico, relativamente alla sua
epoca. I suoi testi ci danno, ad esempio, l’opportunità di scoprire i
costumi e le condizioni di vita della popolazione lombarda ai tempi
delle invasioni gotiche, dal 267 al 270 circa. In un passaggio del suo
sermone contraddistinto dal numero 81 della raccolta, Massimo sostiene
d’essere stato testimone del martirio dei Santi Alessandro, Sisinnio e
Martirio, sacerdoti missionari in Rezia, probabilmente romani, avvenuto
nel 397 nella zona dell'Anaunia (odierna Val di Non, in provincia di
Trento, regione Trentino-Alto Adige). In un’altra sua omelia, è
contenuta la descrizione della distruzione di Milano nel 452, operata
dalle orde del re degli Unni Attila (dal 434 al 453). Tramandò poi la
memoria dei primi martiri torinesi, limitandosi però, purtroppo, a
citarne nel titolo i loro nomi: Ottavio, Avventore e Solutore, senza
specificare nulla di più sul loro conto. Il sacerdote e storico
cristiano gennaio, originario della città portuale di Massilia nel sud
della Gallia (l’attuale Marsiglia nel meridione della Francia), nella
sua opera “De viris illustribus” (“Degli uomini illustri”), ci presenta
Massimo quale profondo conoscitore delle Sacre Scritture, forbito
predicatore e autore di parecchie preziose opere che gli hanno meritato
di essere considerato uno dei padri, sia pur minori, della Chiesa
universale. La citazione di Gennaio termina precisando che Massimo visse
sotto i regni degli Imperatori romani Teodosio il Giovane (379-395) e
Onorio (395-423), sopravvivendo ad entrambi. Massimo, in quel triste
periodo storico che vide il crollo di tutte le autorità e istituzioni
dell'impero romano, si sentiva pienamente autorizzato, in accordo con la
propria coscienza, a esercitare in loro vece un vero e proprio potere
di controllo sulla città, che sarebbe poi diventato sempre più ampio ed
efficace, fino a supplire pienamente alla latitanza dei magistrati e
delle istituzioni civili. In questo contesto, non solo si adoperò per
rinsaldare nei fedeli l'amore tradizionale verso la “patria cittadina”,
ma proclamò anche il preciso dovere di far fronte agli oneri fiscali,
per quanto gravosi e sgraditi essi potessero essere. Prese parte al
Sinodo di Milano del 451, ove i vescovi dell'Italia settentrionale
accettarono l'epistola dogmatica di papa Leone I, detto “Magno” (dal 440
al 461), futuro santo, che stabiliva la dottrina ortodossa
dell'Incarnazione, contro le tesi dei Nestoriani [che prendono nome da
Nestorio, patriarca di Costantinopoli (circa 381-451), la cui dottrina
“affermava la totale separazione delle due nature del Cristo, quella
divina e quella umana”]. Fra i diciannove Pastori firmatari, egli fu
l'ottavo, per cui, essendo l'ordine determinato in base all'età, si
deduce che avesse allora circa settant'anni. Presenziò inoltre al
Concilio di Roma del 465, quando aveva circa ottantacinque anni. In un
documento di quest’ultimo incontro ecclesiale, la firma di Massimo segue
immediatamente la firma di papa Ilario (dal 461 al 468), che sarebbe
anch’egli divenuto santo, e, essendo come detto l’ordine di
sottoscrizione determinato in base all’età, si può avere conferma che
fosse parecchio anziano e, comunque, il più attempato dei quarantotto
vescovi presenti. La poderosa mole di scritti tradizionalmente
attribuitigli, costituisce indubbiamente un tesoro d’inestimabile
interesse per gli storici della teologia. Nel 1784, il sacerdote Bruno
Bruni (1714-1796), dopo anni di accurate ricerche in Italia e all'estero
grazie anche alla collaborazione di numerosi studiosi, diede alle
stampe a Roma il volume “Sancti Maximi episcopi Taurinensis opera omnia”
(traducibile in “Tutte le opere di San Massimo vescovo di Torino”), che
comprendeva ben sei trattati, centosedici sermoni e centodiciotto
omelie, due delle quali di ringraziamento, per rammentare ai cristiani
il dovere di lodare Dio quotidianamente, in particolar modo con
l’ausilio dei Salmi, mattino e sera, prima e dopo i pasti. Famose
inoltre le sue esortazioni a fare il segno della croce prima di compiere
qualsiasi azione, per assicurarsi sempre una benedizione. Condannò
infine coloro che vendevano in cambio di denaro il perdono dei peccati
anziché prescrivere adeguate penitenze. Una grande fama di santità
circondò il vescovo Massimo già in vita e la devozione popolare nei suoi
confronti fu perpetuata dai fedeli anche dopo la sua morte. La storia
non menziona più Massimo dopo il 465, per cui è legittimo supporre che
sia morto attorno a quell’anno o non molto tempo dopo, anche se molti
agiografi, però, ritengono che il suo decesso sia avvenuto già attorno
al 420 ed altri al 423. Con tutto ciò, il suo culto non incontrò
purtroppo particolare fortuna nei secoli successivi, forse anche a causa
della mancanza dei suoi resti mortali, solitamente centro della
devozione popolare nei confronti di un santo. A Collegno (provincia di
Torino, regione Piemonte) ancor’oggi sorge un’antica chiesa che porta il
suo nome e ciò ha portato a supporre che essa avesse accolto per motivi
ignoti la tomba di Massimo, anche se dopo vari scavi archeologici nulla
è venuto alla luce.
Immagine: “San Massimo di Torino”, stampa policroma a inchiostro su pergamena, realizzata nel corso del medioevo, da ignoto autore di scuola italiana. L’opera si trova all’interno del volume del “Codice della catena”, nella biblioteca nazionale di Torino.
Roberto Moggi
Home page ARGOMENTI
Immagine: “San Massimo di Torino”, stampa policroma a inchiostro su pergamena, realizzata nel corso del medioevo, da ignoto autore di scuola italiana. L’opera si trova all’interno del volume del “Codice della catena”, nella biblioteca nazionale di Torino.
Roberto Moggi
Home page ARGOMENTI
Commenti
Posta un commento
Non inserire link cliccabili altrimenti il commento verrà eliminato. Metti la spunta a Inviami notifiche per essere avvertito via email di nuovi commenti al post.