È impervia la salita,
mentre avanzo
mentre avanzo
nel sentiero
fu tracciato,
perché desista
il non interessato
a cui il timore mostra
come avido di prede
è lo strapiombo,
del piede in fallo
in sempiterna attesa,
impervia strada
che solo accoglie,
oltre all'iniziato,
anche il devoto,
e chi d'animo semplice
è restato
e all'iniziatica via
sarà istruito,
se meta ambita,
la fine del sentiero
ha conseguito.
Procedo ardimentoso
nel cammino
reso impervio
a scoraggiare
i pavidi d'animo
o semplici curiosi,
mentre all'intorno
aleggiano presenze
di spiriti montani,
la cui essenza
seppure così vaga
e somigliante al nulla,
mostrasi preclusa
a chi procede,
che sia malvagio
oppur d'animo rozzo.
S'affina l'aria
per la raggiunta altezza
e il respiro s'amplia
per adeguarsi
a un aere così puro,
mentre le rade nubi,
tanto lontane
mirate giù in pianura,
che fanno da corona
a cime estreme,
nell'ascesa oltrepasso
e vado oltre,
ma ecco un pianoro
appare all'improvviso
al trepidante sguardo,
che suscita ricordi
di usi abbandonati.
Un'aquila volteggia
in un saluto
e m'accoglie
col suo benvenuto,
in un paesaggio
che mai toccato
sembra dagli umani,
s'erge l'eremo
tanto ricercato,
apparendo
agli occhi del profano
abbandonato
che ad un tempo
mai vedrebbe
l'ombre
che s'aggirano
all'intorno.
M'invita
l'uscio aperto
ad inoltrarmi
e all'interno,
che mostrasi
deserto
al non devoto,
mi prostro
con la fronte
sul terreno,
in deferente
ossequio agli
immortali
e prono resto
finché
il percepire
di una mano
che il mio capo
sfiora,
benedicente accettazione
del saluto,
che al congedo
mi sprona gentilmente
e in rispettoso
arretramento mi dispongo,
senza mostrar
le terga
ai dimoranti eterni
e alle divinità
raffigurate,
ritorno sulla soglia
e guardo intorno
l'antica scena
tornata familiare
di cime svettanti,
che il mio ritorno
accolgono festanti.
Sì ben accolto
al ritrovato luogo,
mi siedo
sul cuscino preparato
da un ignoto
che veglia su di me.
Immerso nel gioire
di mai dimenticati
adempimenti assorto,
una nube
che sorge dall'abisso
è come se mi invita
a farne parte
e tanto l'invito
è seducente,
che essenza ne divento,
lasciando là dov'ero assiso
ciò che sulla terra
impersonavo,
e guardandone stupito
le fattezze,
mentre nell'aere
infinito m'allontano.
M'immergo in una
luce mai provata
e in un'estasi,
se pur tanto agognata
mai in tale scenario
immaginata
ed ad aumentar
una stupefazione
senza pari,
m'accolgono festanti
forme luminose
rammentanti
esseri perduti
nel passato.
Ma breve è reso
l'attimo esaltante
da una voce
di una profondità inaudita
che fa vibrare
tutta la mia
essenza:
"T'è concessa
la visione del traguardo,
perché il tuo agire
te l'ha fatta meritare,
ma il suo raggiungimento
ha da venire,
perché ben altro attende
là dove tu devi ritornare."
Cessa la voce e
mentre tutto sfuma
in un baleno,
e là dov'ero assiso
mi ritrovo,
deluso eppur felice
nel contempo,
per quanto sarà
effimero il futuro
che si frappone
al viver sempiterno.
In esseri reali
si trasformano le ombre,
che giubilanti per l'iniziato
finalmente ritornato,
m'accolgono tra loro.
Il futile e terrestre
cammino è terminato
e se pur sulla terra
ancora vivo,
l'eternità
per un attimo mostrata,
fa ormai parte
di quello che ora sono:
un essere di luce
del creato,
che esiste in un eterno
senza fine.
rm
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