Oggi - 9 febbraio 2025 - V domenica del Tempo Ordinario, Pasqua settimanale che ha la precedenza sulle altre celebrazioni, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, Sant’Apollonia, nota anche con la specificazione “di Alessandria” (che ne indica la città egiziana di nascita), vergine e martire. Di Apollonia - questo il suo nome anche in latino - si hanno poche notizie, provenienti quasi esclusivamente da un testo del vescovo greco Eusebio di Cesarea (circa 265-circa 340), dove la santa è ricordata in alcuni brani delle lettere scritte dai vescovi Dionigi di Alessandria e Fabio di Antiochia, riportate nell’opera. Questi ultimi raccontano nelle loro missive, quali testimoni oculari dei fatti, la persecuzione anticristiana scatenatasi ad Alessandria d’Egitto tra il 249 e il 250 circa, sotto l’imperatore Decio (regnante nel medesimo spazio temporale). Secondo quanto tramandato, Apollonia nacque in quest’ultima grande metropoli portuale sul mare mediterraneo dell’allora Provincia Romana dell’Egitto (oggi nell’omonima repubblica del nord Africa), verosimilmente al principio del III secolo. Educata nella religione cristiana, si accese presto di ardente amore per Gesù, tanto che fin da giovane decise di donarsi interamente a Lui, facendo voto di castità. Quando ricevette il martirio, era una diaconessa nubile di poco più di quarant’anni, che si dedicava attivamente all’apostolato e a compiti caritativi e d’assistenza al servizio della Chiesa locale e dei fratelli. Durante la feroce vessazione, Apollonia donò tutti i suoi averi in favore dei più bisognosi, delle vedove e degli orfani, adoperandosi con ogni mezzo nell’assistere gli arrestati, le loro famiglie e nell’esortare i condannati a morte alla fortezza nel martirio, nella certezza del gran premio del Cielo. Nonostante tutto, non pago di quanto già fosse perpetrato di male contro i cristiani, un famoso sedicente “indovino” della città, che odiava i seguaci di Gesù, approfittando della persecuzione e con la complicità di notabili e sacerdoti pagani, sobillò la plebe inducendola a una sommossa popolare contro i cristiani. Moltissimi di loro persero la vita linciati dai pagani inferociti, altri furono ridotti a mal partito e tantissimi arrestati, mentre le loro case e proprietà furono devastate. Verso il 249, infine, anche Apollonia fu arrestata. A questo punto le diverse tradizioni variano leggermente. Infatti, una prima asserisce che fu percossa in modo bestiale dai pagani, al punto che le fecero cadere tutti i denti. Mentre, per una seconda, i denti le furono cavati con le tenaglie per opera degli sgherri del locale prefetto, che le aveva intimato l’abiura senza successo. Così scriveva il vescovo Dionigi di Alessandria in una delle sue precitate lettere, circa quegli eventi terribili: «… Tutti si gettano sulle case dei cristiani; ognuno entra presso quelli che conosce, presso i vicini, saccheggia e devasta. Portano via, nelle pieghe delle vesti, tutti gli oggetti preziosi, gettano via le cose senza valore. Si sarebbe detta una città presa e saccheggiata dal nemico. I pagani presero poi Apollonia; le colpirono le mascelle e le fecero uscire i denti ... ». Narrava invece al riguardo, in una delle sue pure menzionate missive, il vescovo Fabio di Antiochia: « … I cristiani vengono arrestati, imprigionati, privati d’ogni alimento, tolti dalle proprie famiglie, e perciò i genitori divisi dai figli e i figli dai genitori. Alcuni sono esiliati, altri stritolati sotto le ruote e moltissimi precipitati nelle fornaci ardenti o esposti alle fiere. Se i denti delle belve o l’ardore delle fiamme qualche volta li risparmiarono, è sempre pronta la spada che taglia la loro testa. Affermare di essere cristiano basta per incontrare i più terribili tormenti …». In ogni caso, Apollonia, dopo molte e crudeli torture per opera dei suoi persecutori, durante le quali sempre rifiutò di rinnegare la vera fede, di proferire parole sacrileghe e di sacrificare agli dei pagani, fu condannata al rogo. Fu così preparato un gran fuoco per bruciarla viva e, prima che la sentenza fosse eseguita, il Prefetto stesso le intimò un’ultima volta di sacrificare agli dei pagani per aver salva la vita e risparmiarsi ulteriori atroci supplizi. Apollonia non rispose neppure, con l’anima già rivolta alla bellezza del Paradiso e raccolta in silenziosa preghiera. Volto lo sguardo al cielo come in estasi, consapevole che Gesù la attendeva e l’avrebbe subito accolta nel suo amore, libera per un istante dalle mani degli sgherri, cadde tra le fiamme. In breve il sacrificio fu consumato e lo spirito suo, sciolto dal corpo, se ne volò al suo Celeste Sposo a ricevere la doppia corona della verginità e del martirio. Il corpo della martire, secondo alcuni racconti, sarebbe stato ridotto completamente in cenere. Per via della tradizione secondo la quale le furono fatti cadere o estirpati tutti i denti, a prescindere dal modo, Apollonia è generalmente raffigurata, nell'iconografia, come una giovane vergine che tiene in mano una tenaglia che stringe un dente. È invocata dai fedeli che soffrono di dolori e malattie ai denti ed è patrona dei dentisti.
IMMAGINE: "Santa Apollonia", olio su tela dipinto, nel 1636, dal pittore spagnolo Francisco de Zurbarán (1598-1664). L'opera si trova attualmente presso il Museo del Louvre, a Parigi.
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