Santissimo Nome di Gesù

Oggi - 3 gennaio 2025 - venerdì del tempo di Natale, la Chiesa celebra la memoria facoltativa del Santissimo Nome di Gesù. Questo glorioso nome deriva dall’aramaico “Yeshu'a”, a sua volta tarda traduzione dell’ebraico “Yehoshu'a” (nome proprio corrispondente al nostro “Giosuè”), entrambi riportati nelle rispettive traslitterazioni nel nostro alfabeto. L’ultimo nome, infine, traslitterato in greco biblico come “Iesoùs” e poi in latino quale “Iesus”, ha dato vita all’appellativo italiano di “Gesù”. Il nominativo “Yehoshu'a”, tenendo presente che la scrittura tradizionale ebraica non segna le vocali, con l’alfabeto latino si scrive “YHWH”, parola che forma il cosiddetto “Tetragramma biblico”, cioè la sequenza delle quattro lettere israelitiche (traslate in latino), da leggersi da destra a sinistra, che compongono il nome proprio di Dio con l’accezione di “Salvezza”. Il nome di Gesù significa dunque “YHWH è salvezza” o “YHWH salva”, in altre parole “Dio salva”, esprimendone al tempo stesso identità e missione. Nella “Teofania” (che nel greco antico letteralmente significa “Manifestazione della divinità in forma sensibile”) dell’episodio biblico del “Roveto ardente” (Esodo 3, 1-15), il Dio “nascosto” dell’Antico Testamento si rivela a Mosè come “Io sono colui che sono”. Questo nome, racchiuso nel tetragramma “YHWH” che molti ebrei non pronunciano nemmeno ritenendolo sacro, reso con il titolo di “Signore” (in ebraico “Adonai”, “Ascolta”), esprime sia che: “Dio è la pienezza dell’Essere e di ogni perfezione, senza origine e senza fine” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 213), sia la fedeltà alla sua promessa, che si compirà con Gesù Crocifisso e presente nella profezia pronunciata prima della Passione: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che «Io sono»” (Giovanni 8, 28). In tutto il Nuovo Testamento, poi, la sacralità che circonda il nome di Gesù, “Dio salva”, imposto da Maria e Giuseppe al loro figlio unigenito dopo l’invito che entrambi avevano ricevuto dall’angelo, s’innesta nella progressiva rivelazione di Dio a Israele lungo l’intero Antico Testamento. Il culto liturgico di questo grande nome, tuttavia, si è radicato nella Chiesa solo tra il XV e XVI secolo, sebbene sia stato sempre onorato e venerato fin dai primissimi secoli del cristianesimo, come attestano nell’arte paleocristiana i diversi cosiddetti “Cristogrammi” (combinazioni di lettere dell’alfabeto greco o latino atte a indicare in forma abbreviata il nome di Cristo). Fu San Bernardino da Siena (1380-1444) dell’Ordine dei Frati Minori francescani, coadiuvato da altri confratelli, a diffondere con slancio e fervore tale devozione, specialmente nei suoi “Discorsi” (Sermone 49 “De nomine Iesu”, cioè “Del nome di Gesù”), dove definisce il nome “Splendore degli evangelizzanti”, ossia dei predicatori, prodigandosi a tal punto da farne istituire la festa liturgica. Sempre a Bernardino è legato il “Trigramma” (in linguistica la successione di tre lettere indicante un unico suono) del nome di Gesù. Fu lui a inventarlo e disegnarlo (tanto da essere considerato il patrono dei pubblicitari), raffigurandolo come un sole raggiante su sfondo azzurro, con sopra le lettere latine IHS, corrispondenti alle prime tre lettere del nome Gesù in greco (ΙΗΣΟΥΣ, Iesoùs). Alcuni studiosi hanno dato anche altre spiegazioni alle lettere IHS, come quella dell’abbreviazione del motto costantiniano “In Hoc Signo (vinces)” (In questo segno vincerai), oppure di “Iesus Hominum Salvator” (Gesù salvatore degli uomini). Gli altri elementi della rappresentazione grafica sono anch’essi significativi. Infatti, con il sole centrale Bernardino volle alludere a Cristo, che al pari del sole, dona la vita, suggerendo anche l’idea dell’irradiarsi della Carità. Il sole emana calore attraverso i raggi, dei quali, nel disegno, dodici sono serpeggianti e otto diretti, chiaro riferimento ai dodici Apostoli e alle otto Beatitudini. La fascia che circonda il sole è la felicità senza fine dei beati. Anche i colori sono portatori di una ricca simbologia. Il turchino o il celeste dello sfondo rappresenta la fede, l’oro della scritta e del sole sta per l’amore. L’asta sinistra della lettera "H" fu allungata e tagliata in alto, così da formare una croce, che a volte è poggiata sulla linea mediana della stessa consonante. Tutto il simbolo, normalmente ma non sempre, è circondato dalla frase latina “In nomine Iesu omne genu flectatur celestium terestrium et infernorum” (“Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra”). Ben presto divenne un emblema esibito sulle facciate di edifici pubblici e privati, finanche sul cosiddetto “Palazzo pubblico” di Siena, sua patria, mentre sventolava sugli stendardi che precedevano il suo arrivo in qualche nuova città. Il Trigramma ebbe un gran successo anche nel resto d’Europa, tanto da essere riportato nello stendardo utilizzato in Francia da Santa Giovanna d’Arco (1412-1431). Più tardi, lo stemma fu adottato come emblema della Compagnia di Gesù, che divenne sostenitrice del culto del Santissimo Nome, al quale dedicò alcune delle chiese più belle di tutto il mondo, come ad esempio, la Chiesa del Gesù a Roma. Nel 1530, papa Clemente VII (dal 1523 al 1534) autorizzò l'Ordine Francescano a recitare l'Ufficio del Santissimo Nome di Gesù. Nel 1721, quando la celebrazione era già ampiamente diffusa, il pontefice Innocenzo XIII (dal 1721 al 1724) la estese a tutta la Chiesa. Attualmente ricorre il 3 gennaio, ripristinata nel calendario romano da papa San Giovanni Paolo II.
IMMAGINE: Tavoletta con il trigramma del nome di Cristo (detto anche Cristogramma), tempera e oro su legno attribuita al pittore fiorentino Neri di Bicci (1418-1492) e realizzata nel 1420 circa. L'opera si trova nella chiesa di San Francesco, nella città di Prato (regione Toscana), luogo di culto al quale venne donata personalmente da San Bernardino da Siena dopo una sua predicazione in loco.
Roberto Moggi
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