Oggi - 14 gennaio 2025 - martedì della I settimana del Tempo Ordinario, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Felice, comunemente indicato con le specificazioni “di Nola” o “in Pincis” [la prima legata alla città di nascita, la seconda alla presenza a Roma, sul colle Pincio (“mons Pincius” in latino), di una basilica a lui dedicata], sacerdote. Di Felix (Felice), questo il suo nome nella natia lingua latina, si conoscono soprattutto le informazioni tramandateci dal suo principale biografo, il vescovo San Paolino “di Nola”, attraverso i suoi “Carmi natalizi” scritti dal 395 al 409. In conformità a queste notizie, Felice nacque approssimativamente nella seconda metà del III secolo, a Colonia Felix Augusta Nolana (oggi Nola, nei pressi di Napoli, capoluogo della regione Campania). Di famiglia agiata, con padre originario della Siria, ancora giovane fu ordinato sacerdote, divenendo presto il più importante e fedele collaboratore dell’anziano vescovo della sua città, Massimo. Tra il 250 e il 251, durante la persecuzione contro i cristiani ordinata dall’imperatore Decio, l’anziano e malato vescovo Massimo, dopo avere vanamente tentato di difendere la Chiesa, al fine di preservarla dalla completa distruzione fu costretto, di fronte all'inasprirsi della persecuzione, ad allontanarsi e nascondersi in una località agreste disabitata, Prima di allontanarsi, però, pensò bene di affidare la cura della diocesi a Felice, che, sebbene non avesse l’ordinazione episcopale, venne da lui designato come suo sostituto provvisorio e “facente funzioni”. Da quel momento, quale supplente del Pastore, Felice si dedicò con la massima cura e grandissimo zelo al governo della locale comunità cristiana, rischiando continuamente la vita e invitando i fedeli alla fortezza nella grave prova in corso. Quando la vessazione si fece più feroce, un giorno stava per essere catturato, ma, incredibilmente, si liberò dalle mani degli sgherri giunti per arrestarlo, passando tranquillamente in mezzo a loro senza che lo riconoscessero, allontanandosi poi senza problemi per nascondersi nelle campagne. In seguito, denunciato da alcuni contadini pagani che lo avevano scoperto nel suo nascondiglio nella selva, si salvò ancora, infilandosi fra alcuni dirupi, ove, coperto con fittissime tele di ragno, non fu trovato dai persecutori prontamente accorsi. Al momento opportuno ne uscì, rifugiandosi in una cisterna vuota, dove per sei mesi fu sfamato, ancora senza essere riconosciuto, da una pietosa pia donna. Alla fine, tuttavia, anche Felice fu imprigionato e torturato, affinché abiurasse la fede e sacrificasse agli dei, venendo però liberato miracolosamente da un angelo, che lo fece uscire dalla prigione e lo condusse nel luogo dove si nascondeva l’ormai vecchio e moribondo vescovo Massimo, consumato dalla fame, dal freddo, dagli stenti e dalle sofferenze. Qui gli salvò la vita, rifocillandolo con il succo d’uva selvatica miracolosamente raccolta in loco fuori stagione. Poi, caricatoselo sulle spalle, lo riportò di nascosto a Nola, affidandolo alle cure di un’anziana e pia cristiana. Nel 313, finalmente, cessata definitivamente la persecuzione contro i cristiani con l’editto dell’imperatore Costantino (regnante dal 306 al 337), poté fare ritorno nella sua città. Qui, essendo nel frattempo morto Massimo, fu scelto a succedergli, ma egli rifiutò per umiltà a favore del sacerdote Quinto. Da quel momento diede alla propria vita una svolta decisiva all’insegna della povertà. Non si curò nemmeno di recuperare i beni sequestratigli durante la persecuzione, rinunciando a tutto ciò che gli era stato confiscato e trascorrendo il resto dei suoi giorni nella ristrettezza e nel duro lavoro manuale. Faticando duramente, si sostenne sino alla morte con i frutti di un piccolo orticello che curava con le proprie mani, non dimenticandosi mai delle opere di carità. Non si conosce con certezza l’anno della sua morte, avvenuta probabilmente lo stesso anno 313, forse il 14 gennaio, sebbene alcune fonti sostengano nel 258. Dalle notizie agiografiche non si rileva che egli sia morto martire, anche se fu sempre venerato come tale dal popolo, verosimilmente, per le molte sofferenze patite e poiché, solo miracolosamente, aveva avuto salva la vita dalla condanna a morte. Fu sepolto nella necropoli di Cimitile, presso Nola, uno dei più importanti complessi paleocristiani del Mezzogiorno d’Italia. L'area si evolse e mutò più volte e, sulla sua tomba, sorse un altare passato alla storia come “Ara Veritatis” (“Altare della Verità”), perché gli si attribuiva particolare efficacia per giungere al trionfo della verità, contro gli spergiuri. Narra la tradizione che quest’ara era talmente intrisa di santità che nessun bugiardo ci si poteva accostare senza essere smascherato nelle sue falsità. La lastra dell'altare in questione oggi si conserva nella chiesa parrocchiale di Cimitile.
IMMAGINE: "San Felice di Nola, vescovo", busto in argento realizzato, nel XVIII secolo, da ignoto artista di ambito napoletano. L'opera si trova nella cripta dedicata al santo, all'interno della cattedrale di Nola (in provincia di Napoli).
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