Oggi - 26 dicembre 2024 - giovedì, secondo giorno dell’ottava di Natale, la Chiesa celebra la festa di Santo Stefano, protomartire (cioè primo martire). Di Stephanos o Stephanus - questo il suo nome rispettivamente in greco (traslitterato nel nostro alfabeto) e latino - si conoscono solo le poche notizie tramandateci dagli Atti degli Apostoli (Cfr. At, cap. 6 e 7). Di lui si ignorano luogo e data di nascita, verosimilmente identificabili in Gerusalemme e comunque nella Palestina romana (sebbene alcuni agiografi propendano per la Grecia), attorno agli ultimi decenni del I secolo avanti Cristo o nei primi anni del I secolo dopo Cristo. Si ritiene fosse un ebreo di cultura ellenistica abitante in Gerusalemme, all’epoca molto diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo, ipotesi avvalorata dalla circostanza che in quel tempo la predetta città era crocevia di tante popolazioni, con lingue, costumi e religioni diverse, compresi i greci. Il nome Stefano, per altro, è proprio di origine greca e, in quella lingua, ha il significato di “coronato”. Certamente di religione ebraica e di buona erudizione, fu uno dei primi giudei a diventare cristiano e seguire gli apostoli, tanto che questi ultimi, valutatane la sapienza, la saggezza e la fede genuina, lo nominarono primo dei diaconi di Gerusalemme. Gli Atti degli Apostoli narrano gli ultimi suoi giorni terreni, spiegando che, dopo la Pentecoste, il numero dei seguaci di Cristo andava sempre più aumentando, rendendo difficoltoso per i Dodici il governo della nascente Chiesa. Sorsero anche dei dissidi fra gli ebrei d’idioma greco e quelli di lingua ebraica, perché, secondo i primi, le loro vedove erano trascurate dall’assistenza “sociale” attuata dalla comunità cristiana. Allora essi, per ovviare a questo inconveniente, comunicarono ai loro seguaci che si sentivano in dovere di non disperdere tempo ed energie in quello che veniva definito “servizio delle mense” (quindi dell’assistenza), trascurando di conseguenza la predicazione della Parola di Dio e la preghiera, ritenute più importanti. Pertanto, stabilirono che il servizio “alle mense” doveva essere affidato a un gruppo di sette persone, saggiamente scelte fra le più affidabili. Fu selezionato per primo lo stesso Stefano, uomo pieno di fede e Spirito Santo, seguito da Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas e Nicola di Antiochia. A questi sette prescelti, gli apostoli imposero le mani, gesto nel quale la Chiesa ha visto l’istituzione del Ministero del diaconato. La tradizione riporta che Stefano assolveva coscienziosamente i suoi compiti, non limitandosi alle incombenze materiali e amministrative, ma dedicandosi anche alla predicazione, soprattutto fra gli ebrei della diaspora che tornavano di tanto in tanto nella città santa di Gerusalemme, che egli convertiva alla fede in Gesù, compiendo altresì grandi prodigi tra il popolo. In data non meglio precisata compresa tra gli anni 33 e 36 d.C., gli ebrei di cultura ellenistica di Gerusalemme, gelosi e invidiosi per il gran numero di conversioni al cristianesimo operato da Stefano, sobillarono il popolo accusando falsamente quest’ultimo “di pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio”. Gli anziani e gli scribi non aspettavano altro per potere intervenire contro i cristiani e, dopo la Pentecoste, lo fecero catturare e trascinare davanti al Sinedrio, il supremo consiglio ebraico. Davanti a questo “organo giudiziario”, attraverso la testimonianza di falsi testimoni, fu accusato d’aver dichiarato che Gesù avrebbe distrutto proprio il palazzo del tribunale dove si trovavano, cambiando anche le usanze che Mosè aveva tramandato. A sua difesa Stefano pronunziò un lungo discorso, il più lungo riportato negli Atti degli Apostoli, in cui ripercorse la Sacra Scrittura, testimoniando che Dio aveva preparato da secoli, per mezzo di patriarchi e profeti, l’avvento del Messia, al quale gli Ebrei avevano risposto sempre con la durezza del proprio cuore. Rivolto poi direttamente ai sacerdoti del Sinedrio, concluse accusandoli apertamente di essere testardi, pagani e di non aver riconosciuto il Figlio di Dio, del quale erano diventati i traditori e gli uccisori. Mentre il rancore dei presenti aumentava contro di lui, Stefano, ispirato dallo Spirito Santo, alzò gli occhi al cielo come in estasi, spiegando a gran voce di contemplare in quel momento i cieli aperti e il Figlio dell’Uomo che stava alla destra di Dio. Fu il colmo per i sommi sacerdoti, che, prorompendo in grida altissime e turandosi le orecchie, lo accusarono di bestemmiare, gli si scagliarono addosso e lo trascinarono fuori unitamente ai loro sgherri, fin oltre le mura della città, dove il popolo sobillato prese a lapidarlo con pietre raccolte sul posto. Durante il brutale linciaggio, i mantelli dei sacerdoti e dei notabili lì presenti, in segno di profondo rispetto, furono deposti ai piedi di un giovane molto conosciuto in tutta la città, Saulo, nobile ebreo integralista e ultra tradizionalista che assisteva alla lapidazione, considerandola giusta. Si trattava di Paolo di Tarso, il futuro San Paolo “Apostolo delle genti”. Tale barbara uccisione non fu di certo una “esecuzione capitale”, poiché il Sinedrio non aveva la facoltà di emettere condanne a morte. Al tempo stesso, però, il supremo consiglio ebraico non fu in grado nemmeno di emettere una qualsiasi altra sentenza, poiché Stefano fu trascinato fuori del palazzo a furore di popolo e, quindi, si trattò di un linciaggio incontrollato, di un vero e proprio assassinio brutale. Mentre Stefano crollava a terra, ferito e insanguinato sotto i violenti colpi delle pietre, pregò come aveva fatto Gesù, supplicando il Padre Celeste di accogliere il suo spirito e di non imputare la propria morte ai suoi persecutori, prima di rendere l’anima al Padre. In lui si realizzava così, in modo esemplare, la figura del martire come imitatore di Cristo, che contempla la gloria del Risorto, ne proclama la divinità, gli affida il suo spirito e perdona i suoi uccisori. Stefano è venerato come protomartire, in altre parole il primo dei martiri cristiani, sebbene il suo martirio sia cronologicamente preceduto da quello di Giovanni il Battista, morto per decapitazione. Gli Atti degli Apostoli dicono che alcuni cristiani pii ne raccolsero il corpo e lo seppellirono. Intanto, mentre nella città di Gerusalemme si scatenava una violenta persecuzione contro i cristiani, comandata e condotta proprio da Saulo, il distacco tra la nascente Chiesa e la comunità ebraica si fece sempre più evidente fino alla definitiva separazione. La società giudaica conservatrice si chiudeva in se stessa per difendere e portare avanti i propri valori tradizionali, mentre la Chiesa, sempre più inserita nel mondo greco-romano, si espandeva iniziando la straordinaria opera d’inculturazione del Vangelo. Il 26 dicembre 415, le spoglie di Stefano furono trasferite nella chiesa di Sion a Gerusalemme, dove molti miracoli avvennero al solo toccarle. Poi la maggior parte delle reliquie furono prelevate dai Crociati giunti in Terra Santa nel corso del XIII secolo, al fine di salvarle dai musulmani, cosicché ne arrivarono parecchie in Europa, sebbene non sia stato possibile distinguerle dai tanti falsi moltiplicatisi nel tempo, soprattutto a Roma. Questa proliferazione, tuttavia, testimonia il grande culto tributato in tutta la cristianità al protomartire Santo Stefano.
IMMAGINE: "Santo Stefano", pannello a tempera e oro su legno realizzato, tra il 1320 ed il 1325 circa, dal pittore toscano Giotto di Bondone, conosciuto semplicemente come Giotto (1267-1337). L'opera si trova presso il Museo Horne di Firenze.
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