Santi Antenati di Gesù

Oggi - 24 dicembre 2024 - martedì della feria d’Avvento, con la messa del mattino termina il medesimo tempo liturgico e subentra quello del Natale, del quale la messa vespertina celebra la vigilia. La Chiesa ricorda in questo giorno, tra i vari santi e beati, i Santi Antenati di Gesù, che, come spiega il Martirologio Romano, è la “Commemorazione di tutti i santi antenati di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo, in altre parole di quei padri che piacquero a Dio e che, trovati giusti, pur senza avere ricevuto le promesse, ma avendole soltanto guardate e salutate da lontano, morirono nella fede: da essi nacque secondo la carne il Cristo, che è al di sopra di tutto il creato, Dio benedetto nei secoli”. La genealogia di Gesù è riportata nel Vangelo secondo gli evangelisti Matteo (Mt 1, 1-25) e Luca (Lc 3, 23-38). Nel brano di Matteo, proclamato nella messa vespertina odierna della vigilia del Natale, si traccia la predetta discendenza, collocando il Signore nel “continuo” delle grandi figure di profeti e uomini vicini a Dio che lo hanno preceduto, a partire dal Vecchio Testamento. L’evangelista continua, evidenziando come tale stirpe si possa dividere in tre gruppi di quattordici generazioni l’uno, il primo dei quali termina col Re Davide, mentre lo spartiacque tra il secondo e il terzo gruppo generazionale è costituito dalla deportazione in Babilonia del popolo ebraico. Il testo ricorda tutte le generazioni, da Abramo, patriarca e padre di tutti i credenti, di cui ci parla la Genesi, primo libro della Bibbia, fino al “Nuovo Adamo” che è Gesù Cristo. Si va quindi dalla prima alleanza alla seconda creazione, che riplasma l'uomo deformato dal peccato, ridandogli in Cristo l'immagine e la somiglianza con Dio. Tuttavia, i Santi Antenati non vanno intesi come un albero genealogico biologicamente corretto e individualistico. Infatti, si tratta di discendenza per quelli che potremmo chiamare “clan” o “gruppi-famiglia”, non per parentela di sangue, e in questo il capitolo incipit di Matteo rispecchia in toto la cultura e la tradizione ebraica. Per questo Giuseppe che non è il padre biologico di Gesù, è comunque considerato l’ultimo anello della genealogia di Cristo. Alla luce di questa considerazione, il Vangelo di Matteo ripercorre “teologicamente” tutte le generazioni e i nomi degli antenati di Cristo. Alcuni sono famosi, altri sconosciuti, e ci sono pure alcune donne, perfino straniere, non ebree. Insomma, c'è tutta l'umanità fino ad arrivare a Giuseppe e Maria "… dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo", come recita letteralmente il predetto Vangelo (Mt 1, 16). L’intenzione di Matteo nella stesura di questa genealogia è chiara: fare memoria della fedeltà di Dio per il suo popolo. Dal primo cercatore di Dio, Abramo, fino a Gesù, Dio desidera intrecciare un rapporto con l’umanità. E quell’elenco ci apre allo stupore: nomi noti di fianco a perfetti sconosciuti, grandi santi accanto a filibustieri, ebrei e stranieri nella stessa lista. Dio non fa preferenze, non sceglie i bravi ragazzi, si allea con le persone concrete, si rende presente nelle loro storie più o meno edificanti. Matteo voleva anche dimostrare ai destinatari del suo Vangelo, ebrei come lui, che Gesù, anch’egli ebreo, realizzava la condizione principale del Messia secondo le profezie: provenire dalla discendenza di Abramo e di Davide, cioè testimoniare la fedeltà della promessa fatta da Dio ad Abramo e alla sua discendenza. Era molto importante quello che Matteo voleva dimostrare. La “messianità” di Gesù era, infatti, tutt'altro che scontata per i suoi contemporanei. Tutti si aspettavano la venuta di un Messia glorioso e vincitore nella forza e nella potenza, mentre ben pochi si ricordavano della profezia di Isaia, che parlava, invece, di un Messia “diverso”, forte proprio nella sua apparente debolezza. Anche Luca traccia la genealogia di Gesù, che, però, dà l’impressione di un arido elenco di nomi senza specificare nessun significato religioso. Per comprendere la sua intenzione nel riferire l’elenco, dobbiamo tener conto della cornice letteraria e delle sottolineature discrete dell’evangelista. Vale a dire che nel racconto immediatamente precedente, il battesimo di Gesù, sul quale è disceso lo Spirito Santo, egli è stato proclamato da Dio stesso Figlio unico. Nell’elenco Gesù viene presentato come “Figlio di Dio” (Lc 3, 38) per mezzo della catena delle generazioni umane. Infatti, l’albero genealogico di Luca risale fino a Adamo, “figlio di Dio”. In altri termini in Gesù è concentrata tutta la storia umana iniziata con Adamo. Gesù è stato proclamato “figlio di Davide”, dalla predicazione apostolica e da un’antichissima confessione di fede, come si rileva dalla Lettera ai Romani di San Paolo apostolo (Rom 1, 3) e l’elenco in questione dimostra la discendenza davidica del Signore, fondamento della sua legittimità messianica. Nonostante la nascita verginale di Gesù, Luca presenta la sua genealogia attraverso Giuseppe, perché nell’Antico Testamento le discendenze vengono stabilite solo lungo la linea maschile. A differenza di Matteo, che, come abbiamo visto, mette la genealogia di Gesù all’inizio del suo libro, Luca non vuole indicare la discendenza umana di Gesù che dopo aver riportato la sua filiazione divina (Mt 1, 35 e 3, 22). A Luca preme far risalire Gesù a Adamo, e non ad Abramo, per segnalare il suo legame con tutta quanta l’umanità. Egli non cita nessun re tra Davide e Salatiel, ma piuttosto nomi di profeti. Si tratta di un tornante decisivo della storia biblica. Davide è l’unico re della lista di Luca. Per mezzo del padre Giuseppe, Gesù è un discendente nella linea davidica, in cui conservate le promesse messianiche. Per conciliare la discendenza maschile, l’unica giuridicamente valida, con quanto ha narrato circa il concepimento verginale di Gesù (Lc 1, 26-38), l’evangelista aggiunge quella che si può chiamare una “nota redazionale”: Gesù era figlio di Giuseppe, ma solo nell’opinione della gente (Lc 3, 23). Recita l’antifona che la liturgia proclama il 19 dicembre: “… O Germoglio di Iesse, che t’innalzi come segno per i popoli: tacciono davanti a te i re della terra, e le nazioni t'invocano: vieni a liberarci, non tardare …”. Infatti, la genealogia del Messia viene di norma rappresentata, graficamente, come un albero le cui radici nascono appunto dal patriarca Iesse, padre del Re Davide, mentre sui rami sono posti i re e i profeti e sulla cima il Cristo. Per noi, oggi, questa apparentemente fredda genealogia dice qualcosa di straordinario: Dio si lega alla storia degli uomini, ma non a quella degli imperatori e degli eroi, dei ricchi e dei potenti, ma a quella minore e fragile di un piccolo sperduto popolo del Medio Oriente. Dio riempie di salvezza la nostra piccola storia, la nostra quotidianità, non aspetta i grandi eventi né le frasi eclatanti. Il tempo è compiuto, il Regno di Dio è vicino. Il Dio promesso è con noi: da allora e per sempre.
IMMAGINE: "La genealogia di Cristo", tempera su legno, pannello parte del cosiddetto "Armadio degli Argenti di Firenze", realizzata, nel 1450 circa, dal pittore toscano Guido di Pietro, noto come Beato Angelico, Fra' Angelico o Giovanni da Fiesole (1395 circa-1455). L'opera si trova nel museo dell'ex convento di San Marco, a Firenze.
Roberto Moggi
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