’O juorno ’e ll’Immacolata accummencia ’a vernata

La tradizione vuole che in questo giorno abbia inizio il freddo rigido dell’inverno.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Si accompagna all'inizio dell'inverno, tale festa, in una data che per i credenti è dedicata dalla Chiesa Cristiana a celebrare la Vergine Maria, madre di Gesù e, in tale giorno, si ricorda come la Madonna sia stata concepita pura, senza macchia e priva del peccato originale.
L'8 dicembre sarebbe il giorno nel quale Maria fu concepita, giacché la nascita, secondo la tradizione cristiana, avvenne l'8 settembre, esattamente nove mesi dopo.
Una festa, quella definita "dell'Immacolata Concezione", che si sia credenti oppure no, può indurci a pensare come, tra gli estremi di incontaminato e di corrotto, ci sia bisogno di più pulizia morale tra gli umani, per poter vivere in pace e con decoro.
È tradizione per molti, in tale giorno, dare il via agli addobbi natalizi, con alberi di natale e luminarie varie, nonché un vero e proprio rituale, costituito dal presepe.
Riguardo all'albero di Natale, nelle epoche antiche molte culture pagane celebravano l’arrivo dell’inverno, adornando gli alberi come simbolo del passaggio delle stagioni e auspicio per un anno prospero. I Celti, ad esempio, adornavano gli abeti con nastri e accessori vari per garantirsi una primavera abbondante.
Riguardo agli inizi della tradizione moderna, pare che Martin Lutero, ispirato dall'effetto della luna che si rifletteva su un albero ghiacciato, per adornare la propria casa, vi portò all’interno alcuni rami che decorò con candele, come si vede in alcune incisioni ottocentesche.
Ma l’albero di Natale più vicino alla nostra tradizione viene introdotto in Germania dalla Duchessa di Brieg nel 1611, che addobba tutto il castello e, per riempire un angolo vuoto, fa tagliare e inserire un grande abete.
Una tradizione che, col tempo, si è estesa in tutta Europa.
Un rituale d'importazione che da noi sarebbe iniziato con la Regina Margherita di Savoia, con le prime decorazioni in vetro, importate dall’Est Europa, per addobbare l’albero di Natale del Quirinale, a fine ‘800.
Ma rispetto a tale consuetudine venuta dal di fuori, si contrappone quella prettamente italiana del presepe, che ebbe inizio grazie al poverello d'assisi, com'era chiamato San Francesco.
Il termine deriva dal latino praesaepe, cioè greppia, mangiatoia, ma anche recinto chiuso dove venivano custoditi ovini e caprini ed è composto da prae (innanzi) e saepes (recinto), ovvero luogo che ha davanti un recinto.
Questa usanza, all'inizio prevalentemente italiana, ebbe origine all'epoca di San Francesco d'Assisi, che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione della Natività, dopo aver ottenuto l'autorizzazione da papa Onorio III. Francesco era tornato da poco (nel 1220) dalla Palestina e, colpito dalla visita a Betlemme, intendeva rievocare la scena della Natività in un luogo, Greccio, che trovava tanto simile alla città palestinese. Tommaso da Celano, cronista della vita di San Francesco descrive così la scena nella prima Vita:
"Si dispone la greppia, si porta il fieno, sono menati il bue e l'asino. Si onora ivi la semplicità, si esalta la povertà, si loda l'umiltà e Greccio si trasforma quasi in una nuova Betlemme"
https://it.wikipedia.org/wiki/Presepe
Una rievocazione del presepe, la troviamo nella famosa commedia di Eduardo De Filippo, "Natale in casa Cupiello".
Come ogni Natale, Luca Cupiello prepara il suo presepe, nonostante il disinteresse della moglie Concetta e del figlio Tommasino, "Nennillo", come lo chiama la madre.
Un'atmosfera natalizia resa pesante dalle litigate di Tommasino con lo zio Pasqualino, che lo accusa di ripetuti furti ai suoi danni, e che scade in peggio per la crisi matrimoniale di Ninuccia, altra figlia della coppia, che ha deciso di lasciare il marito Nicolino, agiato commerciante per stare con Vittorio, il suo amante.
Uno scenario nel quale il povero Luca, che vorrebbe tanto godersi il Natale insieme al suo presepe, è annientato nell'apprendere la tresca della figlia, con un ictus che solo un miracolo potrebbe salvarlo, dice il medico chiamato al capezzale, un miracolo che non ci sarà.
Nella scena finale, il povero Luca chiede un’ultima volta al figlio: "Tommasì, te piace ’o presebbio?" E lui, col groppo in gola, stavolta dice "Sì…"
Una tragicommedia, quella di De Filippo, che ci fa pensare a quante riunioni famigliari natalizie avvengono solo per consutudine e non per la felicità di stare insieme ai propri cari, con l'astio che cova tra gli astanti e spesso è trattenuto a malapena, rovinando quel poco di serenità ispirata dal Natale che avrebbe dovuto regnare nel convivio.
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