’A forbice è ssora carnale d’ ’a mala lengua

Le maldicenze tagliano più delle forbici.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Ci è presentato oggi un proverbio che si accompagna a quello in italiano che recita:
"Ne uccide più la lingua che la spada"
Con una variante che ci si aggiunge, nella quale il termine lingua è sostituito dalla parola penna, che si rifarebbe, almeno su quello che leggiamo in Wikipedia, a un detto coniato dallo scrittore ottocentesco Sir Edward George Earle Bulwer-Lytton: "La penna è più potente della spada"
Adagi che mettono in risalto l'effetto deleterio che possono avere le parole, non solo espresse a voce, ma anche scritte, quando sono usate per parlare dietro alle persone e propagare calunnie e maldicenze.
Un fenomeno, quello rappresentato da calunnie e maldicenze che fu anche menzionato dai latini antichi, con la frase:
"multo quam ferrum lingua atrocior ferit (la lingua ferisce molto più della spada)"
e nel trascorrere dei secoli non è che la situazione sia cambiata: le parole hanno un peso, di cui spesso non ci rende conto possono ferire profondamente le persone a cui sono rivolte.
Le offese, anche quelle ritenute più banali e di poca importanza, magari espresse in una veste di sfottò scherzoso, possono ferire i sentimenti delle persone più sensibili, addirittura più delle armi. Le conseguenze di un’offesa, di un turpiloquio, di una sfuriata, possono essere talmente devastanti da turbare più di un oltraggio fisico.
La lingua, organo eletto a simbolo dell'articolazione del linguaggio, fa sì che la parola può avere un potere multiforme, sia nel convincere, complimentare e adulare, come nell'insultare, il calunniare e lo spargere discordia tra più parti.
Un'arma, quella rappresentata dalla lingua, che può rivolgersi contro chi la usa, se non sa controllarsi in ciò che esprime  e non impara a tacere quando è necessario.
Riguardo al tema presentato dal proverbio, la persona accorta e saggia dà più valore all'ascoltare, che al parlare, sapendo come spesso il miglior linguaggio è rappresentato dal silenzio.
Come ben disse a tal proposito Sir Winston Churchill:
“Il coraggio è quello che ci vuole per alzarsi e parlare; il coraggio è anche quello che ci vuole per sedersi ed ascoltare.”
Una dote che non è comune a molti, come ci mostrano deprimenti dibattiti televisivi, dove personcine che sono ad hoc finché stanno a bocca chiusa, diventano dei piazzaroli da basso porto, berciando uno sull'altro, con un moderatore, che invece di comportarsi come tale, fa anche peggio.
Un tema, quello del modo di sapersi esprimere, sia con rispetto, che con lungimiranza,, messo in luce dal famoso filosofo Confucio, che è ricordato come un capolavoro umano di saggezza:
"Gli antichi non si lasciavano sfuggire le parole, perché si sarebbero vergognati di non raggiungerle con le loro azioni"
Ribadendo a tal riguardo:
“Sii molto cauto nel parlare, perché tu non abbia a vergognarti se le tue azioni non fossero state poi all'altezza dei discorsi.”
Perché:
“Chi è saggio non parla mai di ciò che non può tramutare in azione.”
Esattamente il contrario che ci sentiamo spesso propinare da chi è al governo, tanto capace di parlare, ma non di fare ciò che sarebbe conseguente.
Se le parole espresse con insulti ed improperi riescono a ferire i sentimenti di chi ne è fatto oggetto, se propagano calunnie e maldicenze, riescono a far avere una cattiva fama alle persone più dignitose e costumate.
Vediamo poi nei social, come l'ignoranza e la brutalità rappresentino spesso lo scenario usuale, nel quale i cosiddetti leoni da tastiera, spesso dotati di un retroterra culturale che purtroppo non gli ha fatto raggiungere i risultati conseguenti, nel confutare gli argomenti da altri presentati e formulando opinioni differenti, per prima cosa insultano e dileggiano chi hanno preso di mira, un malcostume deprimente che ci riporta a quanto predisse il semiologo, filosofo e scrittore Umberto Eco, sullo sdoganamento, da parte dei social network, di milioni di imbecilli.
Imbecilli forniti anche di una certa cultura, che però non ha contribuito a dirozzarli e a trasformarli in esseri civili.
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