Santi Quattro Coronati

Oggi - 8 novembre 2024 - venerdì della XXXI settimana del tempo ordinario, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, i cosiddetti “Santi Quattro Coronati”, martiri. Con questo appellativo, vengono per brevità indicati Sempronianus (Semproniano), Claudius (Claudio), Nicostratus (Nicostrato) e Castor (Castore o Castorio), questi i loro nomi latini. Essi erano quattro giovani cristiani, forse fratelli carnali, nati e vissuti a cavallo del III e IV secolo, nella provincia romana della Pannonia, ubicata nella parte nord-occidentale della Penisola Balcanica, tra i fiumi Danubio e Sava (oggi corrispondente, pressappoco, al territorio che si estende tra la parte occidentale dell'Ungheria, quella orientale dell’Austria, quella settentrionale della Croazia e parte della Slovenia). Il particolare titolo col quale sono ricordati, deriva dall’essere stati, per l’appunto, tutti e quattro congiuntamente “coronati” dalla gloria del martirio, al quale fu poco dopo assoggettato anche il loro amico Simplicius (Simplicio o Simplico). Secondo la tradizione più accreditata, ritenuta comunque a tratti ammantata di leggenda, i giovani, indicati come fratelli provenienti da una famiglia pagana benestante della città di Srijem (oggi in Croazia), scultori e scalpellini rifiniti e apprezzati, abbracciarono tutti la fede in Cristo e la seguivano con grande passione e fedeltà, conducendo vita retta e irreprensibile al cospetto di Dio e agli occhi di tutti. Per il loro lignaggio, per tale integerrima condotta e per la loro grande cultura, entrarono nelle grazie delle autorità locali e furono prescelti per alte cariche civili. Questo benevolo trattamento, però, non fu che di assai breve durata, in quanto l’imperatore Diocleziano (dal 284 al 305) emanò, verso il 303, un feroce editto di persecuzione contro i seguaci di Gesù, del quale anch'essi furono vittime. L'editto indicava, tra le altre cose, come ogni cittadino che avesse rifiutato di sacrificare agli dei, avrebbe dovuto essere spogliato da ogni dignità ed escluso da tutte le cariche e dagli impieghi pubblici. In questo frangente, i quattro, vedendo che tanti confratelli sacrificavano la vita pur di rimanere fedeli a Cristo, decisero anch’essi di suggellare la loro fedeltà a Gesù col martirio, che occorse in data non conosciuta, quando, essendosi rifiutati di scolpire una statua raffigurante il dio pagano Esculapio, furono legati e gettati nel fiume affinché annegassero. Il racconto del loro martirio, un po’ più dettagliato, è analogo nel Sacramentario Gregoriano, che spiega come si trattasse di quattro fratelli convertiti alla fede in Gesù, che, per evitare di essere arrestati durante le persecuzioni, professavano in modo discreto e riservato la religione cristiana. Essi vivevano al tempo dell’imperatore Diocleziano, a Srijem in Pannonia (oggi in Croazia), dove svolgevano l’attività di scalpellini nelle locali cave di marmo e porfido. Erano così abili nello scolpire da venire considerati dei veri e propri artisti. Quando l’imperatore si recò a visitare la Pannonia, li fece convocare tutti e quattro, poiché ne conosceva la fama di eccelsi artigiani marmisti, chiedendo loro di scolpire alcuni soggetti mitologici pagani, tra i quali una statua del dio Esculapio. Essi, però, rifiutarono coraggiosamente e non vollero realizzarle, in quanto non volevano andare contro la fede in Cristo realizzando le effigi di divinità pagane. Per il loro diniego, non avendo poi voluto abiurare la vera fede, furono processati e condannati a morte e rinchiusi in botti di piombo che furono gettate nel Danubio. In seguito, fu martirizzato anche Simplicio, un loro compagno, che riuscì prima di essere arrestato a recuperare e ricomporre i corpi. Un’altra tradizione, leggermente differente, vuole invece che, riconosciuti come cristiani dalle spie delle autorità, siano stati arrestati e condotti davanti alla statua del dio Esculapio, ove ebbero l'ordine di offrire incenso e adorare. Naturalmente i quattro fratelli si opposero e si dichiararono pronti a dare la loro stessa vita per Cristo. A tali risposte l'ira dei pagani giunse al colmo e i soldati, dopo averli spogliati delle loro vesti e legati strettamente onde impedirgli qualsiasi movimento, mediante staffili con punte di piombo, li flagellarono fino a che non resero a Dio le loro belle anime. I loro corpi furono quindi lasciati in terra per essere dilaniati dai cani randagi e dalle bestie selvatiche. Il Signore però non permise che quelle sante membra fossero pasto degli animali. I cadaveri rimasero, infatti, per cinque giorni sulla pubblica piazza senza che alcun animale osasse avvicinarsi, dopo di che i cristiani li raccolsero segretamente e con devozione per dar loro conveniente sepoltura. In seguito i corpi furono condotti a Roma, trovando sepoltura in una bella basilica sul colle Celio, edificata in loro onore e dei quali porta il nome, tuttora esistente. Ben presto si diffuse il loro culto e i quattro divennero i patroni dei muratori e degli scalpellini.
IMMAGINE: "I Santi Quattro Coronati", affresco a tempera su intonaco murale, dipinto, nel 1570 circa, dal pittore emiliano Raffaello Motta, detto Raffaellino da Reggio (1550-1578). L'opera si trova all'interno della Basilica ad essi dedicata, nel portico d'ingresso dell'Oratorio di San Silvestro, sopra la porta della Confraternita dei Marmorari, a Roma.
Roberto Moggi
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