Santa Elisabetta d’Ungheria

Oggi - 17 novembre 2024 - XXXIII domenica del tempo ordinario, la Chiesa ricorda Santa Elisabetta d’Ungheria, anche indicata con l’ulteriore specificazione “di Turingia”, religiosa. Erzsébet (Elisabetta), questo il suo nome nella natia lingua magiara, nacque nel 1207 a Sárospatak, nella parte nord-orientale del Regno d’Ungheria (oggi nella Repubblica d’Ungheria, vicino al confine con la Slovacchia), figlia dei sovrani di quella nazione, re András (Andrea) II e regina Gertrúd (Gertrude) di Merania (o di Andechs). Quando aveva appena quattro anni, fu promessa in sposa - come consuetudine dell’epoca - a Ludwig (Ludovico) di Turingia, di undici anni, figlio del langravio (titolo nobiliare comparabile a quello di conte) di quella regione tedesca sottoposta al Sacro Romano Impero (oggi omonimo stato nel centro della Germania). Le nozze le celebrò in Ungheria nel 1221, quando aveva quattordici anni e lo sposo venti, trasferendosi subito dopo nel castello di Wartburg in Turingia. Il suo matrimonio - che pure aveva ragioni esclusivamente politiche e dinastiche - per grazia di Dio si rivelò allietato da reciproco amore, un felice connubio tra ascesi cristiana e umana felicità. Elisabetta - che amava teneramente Ludovico, ricambiata - alla corte si faceva notare, ancor più che per l’innata bellezza, per le doti di gentilezza, grazia, naturalezza e modestia, senza che si rendesse sia pur minimamente seducente con accorgimenti mondani. Tutt'altro. Tra le nobili donne della Turingia, ornate e superbe quanto invidiose, la futura langravia era malvista per la sua semplicità nel vestire e l’umiltà di vita. Nessuna trina e niente maniche larghe, guanti, gioielli o corone in testa, anzi, un velo nero era tutto il suo ornamento, un orpello sotto il quale, in chiesa e spesso altrove, era sempre raccolta in preghiera. Nel maniero di Wartburg, poi, non sì distingueva quasi dalle serve, essendo sempre occupata in faccende domestiche, anche molto umili e quasi mai nei ricevimenti, che evitava per quanto più le fosse possibile. D'altra parte, la giovanissima Elisabetta avrebbe avuto ben poco tempo per le distrazioni mondane, dato che a soli quindici anni ebbe un primo figlio maschio e, successivamente, a distanza di pochi anni, altre due femmine. La dolce e affettuosa unione nuziale con il marito, nel frattempo incoronato langravio di Turingia col titolo di Ludovico IV, non era offuscata da litigi o incomprensioni. Solo qualche volta lui trovava eccessiva la sua devozione religiosa, che l’aveva indotta a creare un ospedale in un’ala del castello e la portava, ad esempio, a farsi svegliare in piena notte per pregare inginocchiata al lato del letto coniugale. Tuttavia, come spesso accade per le cose di questo mondo, la felicità non fu lunga, poiché l’ancora giovane consorte perse la vita mentre si recava alla VI Crociata guidata dall’imperatore del Sacro Romano Impero Federico II di Svevia (1194-1250). Ludovico, infatti, era partito per l’impresa nell'estate del 1227, mentre Elisabetta attendeva la terza figlia, ma morì di malattia l’11 settembre dello stesso anno, nella città portuale di Otranto, sul mare Adriatico, nella parte più meridionale della Penisola Italiana, mentre attendeva d’imbarcarsi con l’imperatore per la Terra Santa. Rimasta sola, vedova giovanissima, si scatenarono contro di lei le cupidigie e le gelosie dei fratelli di suo marito, che non l'avevano mai sopportata. Venne scacciata dal castello e le furono tolti anche i figli, ma lei, anziché disperarsi, offrì le sue sofferenze a Dio. Si trasferì a Marburg (Marburgo), nella vicina provincia dell’Assia, dove decise di rinunziare a tutto per donarsi all'Onnipotente secondo lo spirito di San Francesco d’Assisi. Entrò così nel Terz'Ordine Francescano e, vestitasi del saio grigio delle terziarie, si dedicò completamente alla preghiera, alla carità e - nello spirito di San Francesco, la cui fama aveva già invaso l’Europa - non trascurò di curare lebbrosi e tignosi. Giunse a utilizzare anche le sue superstiti ricchezze per costruire un nuovo nosocomio, tanto da divenire veramente povera, e rifiutando - ciò nonostante - un matrimonio molto conveniente che l’avrebbe salvata dalla miseria. Subì e accettò, per amore di Nostro Signore, ogni umiliazione e incomprensione, mortificandosi al contempo, per quattro anni consecutivi prima della morte, con un’estrema penitenza nell’esercizio della carità, mangiando a malapena, dormendo pochissimo, accudendo ai più miseri, accorrendo al capezzale degli ammalati, componendo e seppellendo i cadaveri più abbandonati e ripugnanti. Tutto questo faceva sempre con gioia e nel fiore della giovinezza. Morì a soli ventiquattr’anni nella sua città di adozione, il 17 novembre 1231. Subito dopo la sua “nascita al cielo” si parlò di miracoli dovuti alla sua intercessione. Tra questi risulterebbero particolarmente sorprendenti, così come tramandatoci dalla “Relatio Miraculorum Incipiunt Miracula Sanctae Elisabeth” (la relazione con testimonianze giurate circa i suoi primi miracoli), alcune risurrezioni che ella avrebbe ottenuto da Dio. Elisabetta, oltre che dei panettieri e degli ospedalieri, è patrona principale del Terz’Ordine Regolare di San Francesco e dell'Ordine Francescano Secolare "Santa Elisabetta d'Ungheria", che da lei prende nome. Sempre a lei sono intitolate numerose comunità di terziarie francescane dedite alla cura degli ammalati presso gli ospedali. Fu sepolta in loco in una tomba comune, ma, in seguito, i suoi resti mortali furono trasferiti nella chiesa ai piedi del castello cittadino, costruita a partire dal 1235, consacrata nel 1283 e a lei dedicata. È stata proclamata santa dal papa Gregorio IX il 27 maggio 1235.
IMMAGINE: Tavola dal titolo "Piccola Maestà", dove si vede Santa Elisabetta d'Ungheria, regina, alla destra della Madonna, in abito celeste, corona sul capo e fiori portati con la veste. Tempera su legno dipinta, tra il 1335 ed il 1340, dal pittore di Siena Ambrogio Lorenzetti (1290–1348). L'opera si trova presso la Pinacoteca Nazionale di Siena.
Roberto Moggi
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