Si dice a quegli incompetenti che in ogni cosa vogliono giudicare, senza averne i requisiti.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Ci
presenta, il proverbio, un fenomeno che caratterizza molti esseri
umani, quello del non saper osservare obiettivamente l'opera altrui,
rispetto al giudicarla a ogni piè sospinto e spesso mancando
dell'esperienza, o dell'attitudine che l'autorizzino a tale comportamento.
Emerge,
in tale scenario, un personaggio che, conoscendogli l'indole che lo
caratterizza, le sue critiche le prendi per un complimento e se ne
ottieni delle congratulazioni, ti chiedi dov'è che hai sbagliato.
In tale tema, ben si attiene l'allocuzione attribuita al grande tenore Luciano Pavarotti, riferentesi alla musica:
“Chi
sa fare la musica la fa, chi la sa fare meno la insegna, chi la sa fare
ancora meno la organizza, chi la sa fare così così, la critica.”
E non parliamo poi di chi è digiuno in tale arte, quando interviene a giudicarla, facendo rivoltare il tenore nella tomba.
Spesso
un certo critico più che famoso in arte, letteratura, o altro, per
quello che esprime riguardo a una certa opera, è come se tirasse un
sasso in aria, per farselo cadere sulla testa, come di seguito leggiamo:
“Avete seppellito il vostro romanzo sotto un cumulo di dettagli che sono scritti bene, ma assolutamente superflui.
[J.
Carter, critico letterario nel 1857, parlando del romanzo di Flaubert,
Madame Bovary, che divenne uno dei libri più influenti che mai siano
stati scritti].”
E se
il critico in questione avesse avuto un minimo di buon senso, nel
giudicare ciò che aveva proclamato, gli sarebbe venuta la voglia di
farsi sotterrare.
Rispetto
a come sia migliore la critica fatta da una persona competente in ciò
che giudica, di contro ai complimenti di un qualsiasi ignorante, ben si
espresse, a tal proposito, il grande drammaturgo William Shakespeare:
“Val
meglio di meritare il suffragio di un sol uomo di gusto, che di
suscitare, con mezzi indegni dell’arte, gli applausi di una sala piena
di spettatori volgari.”
Uno
dei migliori modi per non essere soggetto a giudizi negativi, è quello
di non mettere in mostra in modo comprensibile pensieri e opinioni, per
non vederle ritorceglisi contro, ed è riportato a mo' d'esempio ciò che a
proposito asserì il cantante Lucio Battisti:
“Mi
sono reso conto che fare l'ermetico crea meno problemi, mentre parlare
un linguaggio semplice ti espone a maggiori possibilità di essere
giudicato. Più gente ti capisce, più hai potenziali giudici di ciò che
fai.”
Che ci mostra un'eccellente etica di comportamento, per levarsi di torno gli importuni linguacciuti.
Un
atteggiamento, quello di giudicare in modo negativo qualsiasi fenomeno
rappresentato dal comportamento altrui, che spesso, se non sempre, è un
desiderio di autoaffermazione, per riuscire a sentirsi superiore, dovuto
a una vita frustrante e insoddisfacente, quando poi è paragonata a
quella più appetibile del prossimo, verso il quale la critica è come se
fosse una vendetta.
Un'autoaffermazione
del tutto negativa, fatta a discapito degli altri, che è una strategia
in cui le persone si appropriano o sminuiscono i risultati altrui al
fine di aumentare artificialmente e in modo del tutto inappropriato il
loro valore, che è del tutto inesistente.
Oltre
a quelli che ci troviamo intorno, a deprimerci con i loro giudizi, a
prescindere da come siano espressi, ci pensano a mostrarceli gli
organizzatori di alcuni dibattiti televisivi, nei quali, a discutere di
fatti di costume e di attualità, non sono invitati a partecipare gli
addetti ai lavori, come psicologi, sociologi, filosofi, politologi ed
altri similari, ma personaggi famosi per doti che c'entrano come i
cavoli a merenda, riguardo ai temi sui quali sono chiamati a
intervenire.
Così che
dal campione sportivo, a un personaggio dello spettacolo, all'influencer
che imperversa nei social, a chi sta vivendo un attimo di notorietà nei
cosiddetti programmi spazzatura, sono posti quesiti che sono risolti
con i pareri definiti dell'uomo della strada, altro fenomeno
rappresentato dalle interviste fatte a cavolo di cane, alla "dove cojo,
cojo" sul primo che capita, invitato a esprimere un giudizio su un certo
fatto accaduto in quel momento, con l'intervistatore che si mostra
soddisfatto da risposte di una tale penosità, che fanno chiedere al
telespettatore se il programma è riservato agli imbecilli, dei quali non
crede proprio di far parte.
Il tema presentato dal proverbio, ci fa ricordare una famosa frase di Gesù:
"Chi è senza peccato ed è veramente in grado di saper giudicare il prossimo, scagli la prima pietra."
Attenendoci
alla miglior etica di comportamento, che è lecito assumere nei rapporti
con il prossimo, asteniamoci il più possibile dal giudicare, assumendo
tale modo di fare come esercizio quotidiano.
Chi
è capace di giudicare prima di tutto sé stesso, di sapersi accettare
per ciò che è e di impegnarsi nel raffinare le proprie qualità, gli
viene naturale astenersi dai giudizi e se proprio vi è costretto da
qualche valido motivo, lo fa con tolleranza e comprensione.
Se
ci teniamo a coltivare al meglio la virtù alla quale aspiriamo e ci
poniamo come giudici imparziali di noi stessi, se ci rendessimo conto di
avere il vizio di giudicare, impegniamoci in un esercizio che può
sembrare semplice, ma non lo è.
La
mattina ci proporremo di non giudicare niente e nessuno per tutta la
giornata e ciò ci farà facilmente constatare che basteranno poche ore
per provare la frustrazione del fallimento e vorrà dire che ci
riprometteremo di fare meglio il giorno dopo, sempre se ci assiste la
volontà di applicarci.
Ci
si può non credere, ma è un esercizio che mette in grado di osservare
un qualsiasi fatto, disdicevole o tragico che sia, alla luce di una
serena attenzione e una di pari accettazione, che ricordano il primo
stadio dell'ottuplice pensiero buddista, rappresentato dalla retta
visione, e che fanno raggiungere una pace e una serenità che riusciranno
a far provare al praticante una vera e propria piacevole e gratificante
meraviglia, mostrandogli come può essere migliorata l'esistenza.
Giudicare gli altri è facile, coltivare la propria virtù è molto più complicato e pochi scelgono la seconda soluzione.
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