L’eterna insoddisfazione umana ma anche la falsità del nostro prossimo.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Ci presenta oggi, il proverbio, quella che è una vera e propria sindrome, quella rappresentata dall'eterno insoddisfatto, che pone nello stesso aspetto, sia gli inconvenienti nei quali incorre, che i lati positivi.
Una figura, quella rappresentata dallo scontento perenne, che il famoso detto "Chi si contenta, gode", lo valuta con scherno e derisione, giudicando chi si attiene a tale modo di comportarsi, come uno sprovveduto che non ha capito niente dalla vita.
Un tema che fa risaltare più che a proposito l'allocuzione attribuita al Mahatma Gandhi, che era un vero e proprio cultore del vivere nell'estrema semplicità:
“La vera felicità dell'uomo sta nell'accontentarsi. Chi è insoddisfatto, per quanto possieda, diventa schiavo dei suoi desideri.”
Il sentimento di insoddisfazione può essere visto nei suoi lati estremi e quindi anche con un punto di vista positivo, riguardo a ciò che asserì l'imprenditore statunitense J. Willard Marriott:
“L'insoddisfazione è la base del progresso. Quando diventiamo soddisfatti, diventiamo obsoleti.”
Un concetto che presenta la scontentezza come spinta a migliorare le proprie condizioni e a intraprendere le azioni che si mostrino più adatte a tale scopo.
Un pensiero che è ribadito dallo scrittore Lu Xun, considerato il padre della letteratura cinese moderna:
“Il malcontento è la ruota che spinge avanti le persone.”
Ma la continua insoddisfazione può diventare una vera e propria patologia, che spinge chi ne è afflitto alla ricerca del continuo appagamento, che quando sia ottenuto, di lì a poco si presenta effimero, perché il soggetto non si limita mai a godersi lo stato che ha raggiunto e ciò che ritiene più prezioso, è sempre quello che non ha.
E un esempio di tale fenomeno, ce lo fornisce l'allocuzione dello scrittore e aforista Domenico Adonini:
“Chi ha sempre successo è un uomo finito. Conquista e sarai felice, possiedi e tornerai insoddisfatto!”
Un tema preso in considerazione anche dal famoso filosofo greco Socrate, che asserì:
"Chi non è soddisfatto di ciò che ha, non sarebbe soddisfatto neppure se avesse ciò che desidera."
Un esempio a tal proposito, ce lo fornisce la società dei consumi, col tamburo battente del marketing e della pubblicità, in un'incessante spinta che ha fatto sorgere quello che è definito il rituale dello shopping, che consiste nell'appagamento dell'acquisto di qualsiasi cosa, ma non nel godimento della stessa, perché l'unico piacere è quello dell'impossessarsi di qualcosa di nuovo che, una volta conseguito, cessa di essere un piacere.
Un fenomeno che spinge alcuni a riempire le case di ciarpame e non di oggetti utili e goduti.
Come poi leggiamo nel libro "La felicità sul comodino", del regista e sceneggiatore Alberto Simone:
“L'insoddisfazione è una patologia invalidante che svaluta ogni traguardo raggiunto e le infinite ragioni di gioia che la vita ci regala ogni giorno.”
Immaginiamo due scenari, quello occidentale, nel quale l'insoddisfazione delle cose materiali ha portato agli odierni traguardi tecnologici e quello di alcuni luoghi dell'oriente, situati nel Tibet, almeno prima dell'invasione cinese, o nell'India, e definiti culle di spiritualità, dove la soddisfazione ricercata e coltivata, è stata rivolta solo a valori spirituali come la religiosità, l'ascetismo e il misticismo.
Il secondo scenario ci appare come retrogrado e primitivo, riguardo a quello che per noi rappresenta il progresso, ma in quei luoghi e in tutti quelli simili, l'insoddisfazione come la vediamo dal nostro punto di vista occidentale, se non manca del tutto, è piuttosto rara.
La storia ci ha mostrato eccellenti esempi di come la vita possa essere vissuta in una semplicità, non solo appagante, ma anche edificante, con personaggi che vanno da Diogene di Sinope, a San Francesco, al Mahatma Gandhi e a tanti altri, che capirono qual è la vera essenza della vita, quando è rappresentata dall'arricchimento spirituale, del tutto scevro dalle ambizioni materiali.
Un modo di vivere, da noi purtroppo poco coltivato.
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