Quando si lasciano in libertà persone pericolose e si imprigionano quelle che non dovrebbero dare alcuna preoccupazione.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Un
esempio, quello fornito dal proverbio, di quando la giustizia va a
rovescio e invece di contrastare i malfattori, le vessazioni le riserva
alle persone oneste, invece di difenderle da qualsiasi prevaricazione,
come avrebbero il diritto sacrosanto.
Ma purtroppo,
nella storia, il fenomeno richiamato dal proverbio, non ha tanto
presentato la questione dell'imprigionare i buoni, rispetto ai
malfattori, quanto la loro vera e propria eliminazione.
Un
campione che ci è tramandato dalle cronache, sia della filosofia, che
del costume, era il filosofo Socrate, per l'ingiustizia con la quale fu
trattato e che mette in luce lo scenario di disonestà in cui versavano
il popolo di Atene, i maggiorenti e i giudici del tribunale che lo
giudicarono.
Un esempio
di come, in un ambiente corrotto, una persona famosa per la sua
morigeratezza e la sua onestà, che mette in luce i difetti degli
appartenenti alla sua comunità, per il fastidio che arreca ai gestori
del potere e agli accoliti dai quali sono circondati, viene accusata e
giudicata come un delinquente, con le false accuse di non credere agli
dei e di corrompere i giovani, come fu il caso del famoso filosofo
citato, che fu condannato a morte, un verdetto che accettò con un eroico
stoicismo, per l'estrema coerenza alle proprie convinzioni. come è
riportato nell'Apologia di Platone.
Un personaggio che si mostrò in tutta la sua grandezza, nell'affermare:
“Io
non preferirei né l'uno né l'altro; ma, se fosse necessario o
commettere ingiustizia o subirla, sceglierei il subire ingiustizia
piuttosto che il commetterla.”
“Piove sul giusto e piove anche sull'ingiusto; ma sul giusto di più, perché l'ingiusto gli ruba l'ombrello.”
L'allocuzione
attribuita al Barone inglese Charles Bowen, evidenzia come in un
ambiente in cui si mescolano onesti e disonesti, sono sempre i primi a
rimetterci ed essere vessati, specialmente se la giustizia verso i
secondi, è tollerante e blanda, mettendo in luce la poca affidabilità
dei giudicanti.
Un
fenomeno che mostra come riuscire a vivere in modo incorruttibile e
virtuoso, in una comunità in cui è la malavita a farla da padrone,
rappresenta un vero e proprio atto eroico, che richiede una fermezza
d'animo che non tutti hanno e induce i più deboli a darsi a un
malaffare, che gli si mostra molto più appetibile.
Chi
ha scritto che di fronte alla legge sono tutti uguali, non ha tenuto
conto che, di fronte ai giudicanti, l'uguaglianza diventa molto relativa
e lo stesso tipo di reato, può dare luogo a due diversi tipi di
sentenze.
Così che se è
commesso da chi gode di risorse ingenti, che gli permettono un preparato
e agguerrito collegio di avvocati, se non lo si può ignorare per
l'evidenza del misfatto, malgrado la connivenza che può sorgere, ci
pensa la prescrizione a rendere libero il più che riconosciuto come reo.
Mentre
se a commetterlo è uno sprovveduto, male in arnese e senza santi in
cielo, con un avvocato d'ufficio come difensore, che magari per farla
breve, si rimette alla clemenza della corte, è molto possibile che al
meschinello si profili un futuro più o meno lungo, durante il quale,
l'unico sole che vedrà, sarà quello a scacchi.
Rammentiamo,
a tal riguardo, come nella nostra società, un personaggio che si è
trovato a presentare il primo esempio, è stato seguito e acclamato come
promotore e eminente capo di un partito, né sono da meno, alla ribalta
delle cronache, i pregiudicati che invece di essere messi da parte, per
le malefatte perpetrate, sono eletti come rappresentanti del popolo, da
masse incapaci di distinguere il bene dal male.
Nello
scenario in cui il malaffare ha la meglio, rispetto a chi vive
rettamente, insieme al già menzionato Socrate, ricordiamo, tra i martiri
del libero pensiero, Giordano Bruno, che aveva una vera e propria sorta
di allergia contro coloro che pretendevano di essere gli unici
possessori della verità e da buon filosofo qual'era, dubitava di tutto.
Egli conosceva a fondo sia la Bibbia che le opere dei dottori della
Chiesa, ma aborriva le smanie di onnipotenza dei religiosi della sua
epoca, nonché molti aspetti del culto.
Né
furono da meno, come martiri del libero pensiero, anelante a una
giustizia quasi sempre ignorata da qualsiasi società, Nicola Sacco e
Bartolomeo Vanzetti, che rappresentarono un comodo capro espiatorio da
una giustizia, che è un eufemismo considerarla miope, per gli interessi
politici in cui era coinvolta, letteralmente assassinati per mezzo della
sedia elettrica, perché accusati di una rapina mai commessa, e solo in
anni recenti verrà ammessa l’iniquità di quel processo, del tutto
politico e per nulla equo, senza che vi sia stata fatta, però, menzione
alla loro innocenza.
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