Se dice ’o peccato e nno ’o peccatore

Si può raccontare un fatto ma non chi l’ha compiuto.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Come ben l'adagio enuncia, far scoprire e condannare uno sbaglio, o un misfatto, è utile affinché non si ripeta, ma se si fa il nome dell'autore, si assume la veste dell'indiscreto, nelle varianti che vanno da pettegolo, a delatore, se non addirittura a spia. Come allo stesso modo, se si rende noto un fatto delicato, è bene astenersi dal rivelare il nome dei protagonisti che ne sono stati coinvolti.
Il proverbio quindi mette in luce l'importanza che ha la discrezione e come merita di essere osservata.
Un comportamento, quello messo in evidenza da osservare, che è stato sempre spesso disatteso, dando luogo a congreghe, o manifestazioni, che sono state definite in vari modi, da "voci di corridoio" , per giustificare il rendere noti dei fatti che nemmeno riguardano chi vi si adopera, nel divulgarli, con uno zelo del tutto indecoroso, ai "raduni delle lavandaie", o a chiacchiere di portierato, o tra comari.
Un fenomeno, quello del pettegolezzo, promosso nel parlar comune a gossip, come se il termine straniero concorra a renderlo meno sconveniente e spesso divulgato da programmi televisivi definiti spazzatura e rotocalchi, che più che concorrere all'informazione, campano su indiscrezioni, pettegolezzi e maldicenze.
Ma torniamo al miglior comportamento da osservare nella vita, rappresentato dal tatto, dal decoro e dalla cautela richiesti nell'osservare la riservatezza e nel porsi come vero e proprio muro, verso indiscrezioni e maldicenze, guardandosi bene dal divulgarle a propria volta, come ben recita il proverbio:
"Sentire e non ridire è buon servire."
La tanto elogiata discrezione, che in un mondo rumoroso e pieno di persone e cose che invadono senza preavviso i nostri spazi più intimi, si mostra spesso come un'arte perduta, rispetto a com'era osservata in altri tempi, quando era come una porta socchiusa, che consentiva a tutti di vedere il minimo che era loro concesso, ma faceva entrare solo pochi nella propria intimità.
Un comportamento, la cui disattenzione ad osservarlo, è evidenziata in modo eclatante dai social network, nei quali c'è gente che rende noto il suo privato, o quello d'altri, a cani e porci, complici spesso in tale attività, i cellulari, per riprendere scene intime e divulgarle all'insaputa dei protagonisti, che non si ritrovano più, come succedeva una volta, sulla bocca di tutti, nell'ambito di un paese, o di un quartiere, ma esposti al pubblico ludibrio nella piazza mondiale rappresentata dal web.
Un atteggiamento, quello di non attenersi alla discrezione, che può sembrare sorto insieme ai social, ma che ha sempre caratterizzato certi individui, come asserì a suo tempo, quando tale manifestazione non era palese come oggi, lo scrittore William Somerset Maugham:
"Moltissima gente ha il furioso prurito di parlare di sé stessa, e viene frenata solo dalla scarsa inclinazione degli altri ad ascoltare. La riservatezza è una qualità artificiale che in molti di noi si sviluppa come risultato di innumerevoli rifiuti."
Con tutto l'ottimismo che attribuiamo allo scrittore, nel giudicare il prossimo, come poco incline ad ascoltare indiscrezioni e maldicenze.
Sempre riguardo al tema, leggiamo tra gli scritti di Roberto Gervaso:
"Le indiscrezioni si fanno raccomandando la massima discrezione."
Che ci fa ricordare quante volte ci siamo sentiti dire: "Guarda, lo dico a te, ma mi raccomando, non te ne uscire, perché è una cosa molto delicata" da uno che quello che ci riferisce con la massima discrezione, l'ha già reso noto a decine di persone.
Un tema riproposto dal noto giornalista e scrittore, con l'asserire:
"La discrezione è una virtù; l’indiscrezione, un piacere."
Come può essere il piacere, quando è ricercato da un essere malevolo e perverso.
Un simbolo che può rappresentare ad arte il comportamento di chi osserva il riserbo e sa riferire solo ciò che è lecito, e rappresentato dalla nota immagine delle tre scimmiette, col non vedere, non udire e non parlare, almeno in un ambiente in cui pettegolezzi e maldicenze rappresentano il malcostume più seguito.
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