Oggi - 11 ottobre 2024 - venerdì della XXVII settimana del tempo ordinario, la Chiesa celebra la memoria facoltativa di San Giovanni XXIII, papa. Angelo Giuseppe - questi i suoi due nomi di battesimo - nacque il 25 novembre 1881 nel piccolo paese di Sotto il Monte, presso Bergamo (oggi, in suo onore, Sotto il Monte Giovanni XXIII, in provincia di Bergamo, regione Lombardia). Quarto dei tredici figli del mezzadro Giovanni Battista Roncalli e di Marianna Mazzola, dopo avere manifestato fin da piccolo una forte inclinazione spirituale, frequentò il convitto cattolico “San Carlo” di Celana (Bergamo) ed entrò poi nel seminario diocesano di Bergamo il 7 novembre 1892. Qui ebbe un avvio difficoltoso per l'insufficiente preparazione, ma non tardò a distinguersi sia nello studio sia nella formazione religiosa, tanto che i superiori lo ammisero, prima dei previsti quattordici anni, alla tonsura (rito oggi abolito che allora segnava l’ingresso nello stato clericale). Nel gennaio 1901, terminato proficuamente il secondo anno di teologia, fu inviato a Roma presso il pontificio seminario detto, dal nome del palazzo ospitante, "Apollinare". Dal 30 novembre dello stesso anno, però, in base alle leggi in vigore all’epoca, dovette adempiere il servizio militare obbligatorio, che compì a Bergamo. Terminata la leva e ripresi gli studi religiosi nella Capitale, il 13 luglio 1904, a soli ventidue anni, conseguì a pieni voti il dottorato in teologia e il 10 agosto successivo fu ordinato sacerdote nella chiesa romana di Santa Maria di Monte Santo. Nell'ottobre dello stesso anno, sempre a Roma, iniziò gli studi di diritto canonico, che dovette interrompere nel febbraio 1905, quando fu nominato segretario dal nuovo vescovo di Bergamo monsignor Giacomo Radini Tedeschi. Da quel momento trascorse circa dieci anni d’intenso impegno accanto ad un pastore autorevole e dinamico, svolgendo, oltre al compito di segretario, anche numerosi altri incarichi. Dal 1906 fu insegnante di storia ecclesiastica, patrologia e apologetica nel locale seminario diocesano e, dal 1910, anche il corso di teologia fondamentale, incarichi che mantenne fino al 1914. L’insegnamento della storia gli consentì l'elaborazione di alcuni studi del passato locale, tra cui gli “Atti della visita apostolica di San Carlo (Borromeo) a Bergamo”, un lavoro durato decenni e portato a termine alla vigilia dell'elezione al pontificato. Fu anche direttore del periodico bergamasco "La vita diocesana" e dal 1910 assistente della locale “Unione Donne Cattoliche”. Nel 1914, la prematura scomparsa di monsignor Radini pose fine a quella che per lui fu un'esperienza eccezionale, anche se segnata da qualche sofferenza, come l'infondata accusa nei suoi confronti di “modernismo”. Dal 1915, l’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale (1915-1918) lo vide prodigarsi per più di tre anni come cappellano, col grado di sergente, nell'assistenza ai feriti ricoverati negli ospedali militari di Bergamo. Giunse ad atti di autentico eroismo, come quando, nel luglio 1918, prestò servizio ai soldati affetti da tubercolosi, rischiando la vita per il pericolo di contagio. Nel dicembre 1920, mentre nella stessa città aveva da poco inaugurato la “Casa degli studenti” e contemporaneamente fungeva da direttore spirituale in seminario, gli giunse del tutto inaspettato l'invito nella Capitale da parte del papa, per presiedere alla “Opera di propagazione della fede” in Italia. Dopo forti titubanze finì con l'accettare, iniziando con molta cautela un incarico che si presentava molto delicato per i rapporti con le organizzazioni missionarie già esistenti. Compì quindi un lungo viaggio all'estero, per realizzare il progetto della Santa Sede di portare a Roma le varie istituzioni di sostegno alle missioni, visitando anche diverse diocesi italiane per la raccolta di fondi e l'illustrazione delle finalità dell'opera da lui presieduta. Il 19 marzo 1925, dopo l'ordinazione episcopale avvenuta a Roma, con la nomina a visitatore apostolico partì per la Bulgaria, con il compito soprattutto di provvedere ai gravi bisogni della piccola e disastrata comunità cattolica locale, iniziando il periodo diplomatico a servizio della Santa Sede, che si prolungò fino al 1952. L'incarico si trasformò in una permanenza decennale, durante la quale Roncalli pose le basi per l’istituzione in loco di una Delegazione apostolica (in pratica l’ambasciata della Santa sede), di cui lui stesso fu nominato primo rappresentante nel 1931. Nel paese balcanico riuscì a riorganizzare la Chiesa cattolica, a instaurare relazioni amichevoli con il governo, la Casa reale e ad avviare i primi contatti ecumenici con la chiesa ortodossa. Il 27 novembre 1934 fu nominato delegato apostolico in Turchia e in Grecia. A differenza della Grecia, dove l'azione di Roncalli non ottenne risultato di rilievo, le relazioni con il governo turco migliorano progressivamente, grazie alla sua comprensione e disponibilità nell'accettare le misure di laicizzazione perseguite da quel governo. Con tatto e abilità organizzò alcuni incontri ufficiali con il patriarca di Costantinopoli, i primi dopo secoli di separazione con la Chiesa cattolica. Durante la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), conservò un prudenziale atteggiamento di neutralità, che gli permise di svolgere un'efficace azione di assistenza a favore degli Ebrei, salvati a migliaia dallo sterminio e a favore della popolazione greca, stremata dalla fame. Poi, inaspettatamente, fu promosso all’importante Nunziatura di Parigi, dove giunse il 30 dicembre 1944. Qui lo attendeva una situazione particolarmente intricata, dove il governo provvisorio chiedeva la destituzione di ben trenta vescovi, accusati di collaborazionismo con il deposto “governo di Vichy” complice della Germania nazista. La sua calma e abilità, tuttavia, riuscirono a limitare a solo tre il numero dei pastori destituiti. Intanto, le sue doti umane lo imposero alla stima dell'ambiente diplomatico e politico parigino, dove instaurò rapporti di cordiale amicizia con alcuni dei massimi esponenti del nuovo governo francese, mentre la sua attività diplomatica assunse un’esplicita connotazione pastorale, attraverso visite a molte diocesi della Francia. Dovette affrontare anche il nuovo fenomeno dei cosiddetti “preti operai”, che nacque in Francia nel secondo dopoguerra, coinvolgendo perlopiù presbiteri cattolici della Chiesa di Roma che a un certo punto decisero di lavorare in fabbrica, alla stregua degli operai comuni, nel tentativo di riavvicinare la gente alla Chiesa cattolica, quest’ultima ormai avvertita come un’entità distante dall’esperienza di vita quotidiana. Egli ne fu osservatore attento e prudente, che riteneva necessario un congruo periodo di studio, osservazione e riflessione, prima di una decisione definitiva, fino al “rientro” del problema. In seguito, coerentemente al suo stile di obbedienza, accettò il trasferimento alla sede di Venezia ove giunse il 5 marzo 1953, fresco della nomina cardinalizia decisa nell'ultimo concistoro di papa Pio XII, oggi Servo di Dio. Il suo episcopato si caratterizzò per lo scrupoloso impegno con cui adempì i principali doveri del Vescovo, la visita pastorale, la celebrazione del sinodo diocesano e il riavvicinamento dei fedeli alla Sacra Scrittura, Il 28 ottobre 1958, l’ormai settantasettenne cardinale Roncalli fu eletto papa quale successore di Pio XII, assumendo il nome di Giovanni XXIII, divenendo “Un fratello divenuto padre per disposizioni della Provvidenza”, come ebbe a dire lui stesso. Molti pensavano a un Pontificato di transizione, ma, fin dall'inizio, rivelò tutt'altro, uno stile che rifletteva la sua personalità umana e sacerdotale maturata attraverso un’indicativa serie di esperienze. Oltre a ripristinare il regolare funzionamento degli organismi curiali, si preoccupò di conferire un'impronta pastorale al suo ministero, rilevandone la natura episcopale poiché vescovo di Roma. Convinto che il diretto interessamento alla propria diocesi costituisse una parte essenziale del ministero pontificio, moltiplicò i contatti con i fedeli tramite le visite alle parrocchie, agli ospedali e alle carceri, che avranno uno straordinario consenso di popolo e rimarranno nella storia. Attraverso la convocazione del sinodo diocesano, volle assicurare il regolare funzionamento delle istituzioni diocesane mediante il rafforzamento del vicariato e la normalizzazione della vita parrocchiale. Ciò nondimeno, il suo più grande contributo alla Chiesa è rappresentato senza dubbio dal Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965), d’importanza storica, definito il “Concilio della seconda riforma cattolica”. L’annuncio di questo fu dato nella basilica romana di San Paolo Fuori le Mura, il 25 aprile 1959. Si trattava di una decisione personale, presa dopo consultazioni private con alcuni intimi prelati e col segretario di stato cardinale Domenico Tardini. Le finalità assegnate all'assise conciliare, elaborate in maniera compiuta nel discorso di apertura dell'11 ottobre 1962, erano originali: non si trattava di definire nuove verità, ma di riesporre la dottrina tradizionale in modo più adatto alla sensibilità moderna. In previsione di un aggiornamento riguardante tutta la vita della Chiesa, Giovanni XXIII invitava a privilegiare la misericordia e il dialogo con il mondo piuttosto che la condanna e la contrapposizione in una rinnovata consapevolezza della missione ecclesiale che abbracciava tutti gli uomini. In quest'apertura universale non potevano essere escluse le varie altre confessioni cristiane, invitate anch'esse a partecipare al Concilio per dare inizio a un cammino di concreto avvicinamento. Nel corso della prima fase dello stesso, si poté costatare come egli volesse un conciliabolo veramente deliberante, di cui rispettò le decisioni dopo che tutte le voci ebbero avuto modo di esprimersi e confrontarsi. Nella primavera del 1963 fu insignito della ricompensa della “Fondazione internazionale premio Balzan”, con sedi a Milano e Zurigo in Svizzera, per “l'umanità, la pace e la fratellanza fra i popoli”, a testimonianza del suo impegno a favore della pace con la pubblicazione delle Encicliche Mater et Magistra (1961) e Pacem in terris (1963) e del suo decisivo intervento in occasione della grave crisi diplomatica e politica di Cuba nell'autunno del 1962, che evitò una guerra, forse nucleare, tra le superpotenze dell’epoca U.S.A. e U.R.S.S. Il prestigio e l’ammirazione universale si poterono misurare pienamente in occasione delle ultime settimane della sua vita, quando tutto il mondo si trovò trepidante attorno al capezzale del papa morente e accolse con profondo dolore la notizia della sua scomparsa la sera del 3 giugno 1963. Il suo corpo fu inumato nelle Grotte Vaticane, ma nel 2001, essendo stato il suo corpo trovato incorrotto in una rituale “ricognizione”, collocato in un’urna di cristallo sotto l’altare di San Girolamo, all’interno dell’omonima cappella della Basilica di San Pietro in Vaticano. Giovanni XXIII, universalmente noto come “Il papa buono” o semplicemente “Papa Giovanni”, fu dichiarato beato dal pontefice San Giovanni Paolo II il 3 settembre 2000. Il 27 aprile 2014, papa Francesco l’ha canonizzato.
Immagine: Fotografia ufficiale di papa Giovanni XXIII scattata in Vaticano, tra il 28 ottobre 1958 e il 3 giugno 1963, da fotografo non identificato. L'opera è di dominio pubblico.
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