San Daniele Comboni, vescovo

Oggi - 10 ottobre 2024 - giovedì della XXVII settimana del tempo ordinario, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Daniele Comboni, vescovo e fondatore. Daniele, questo il suo nome di battesimo, nacque il 15 marzo 1831 a Limone sul Garda presso Brescia, nell’allora Regno Lombardo-Veneto dipendente dall’Impero Austro-ungarico (oggi in provincia di Brescia, regione Lombardia), dalla poverissima famiglia contadina Comboni, ricca di fede e valori umani. Il padre Luigi e la mamma Domenica erano legatissimi a lui, quarto dei loro otto figli, morti quasi tutti in tenera età. Con grande sacrificio, fu mandato a scuola nella vicina Verona, presso l’istituto per i poveri fondato dal sacerdote don Nicola Mazza (1790-1865), anche impegnato nell’evangelizzazione missionaria dell'Africa centrale. In questi anni, Daniele completò gli studi e scoprì la sua vocazione al sacerdozio, rimanendo colpito dalle testimonianze dei primi missionari reduci da quel continente, entusiasmandosi per la missione africana organizzata da don Mazza. Entrò nel locale seminario e, nel 1849, decise di consacrare la sua vita al servizio del “Continente nero” come missionario. Il 31 dicembre 1854, fu ordinato sacerdote dal vescovo di Trento (Trentino) Johann Nepomuk von Tschiderer [Giovanni Nepomuceno de Tschiderer (1777-1860)], futuro Beato. Nel 1857, partì per la prima volta per la sua amata Africa, assieme ad altri cinque missionari di don Mazza. Dopo ben quattro mesi di viaggio, la spedizione arrivò a Khartoum, capoluogo del Sudan sotto dominio anglo-egiziano (oggi capitale della Repubblica del Nord Sudan). L'impatto con la realtà locale fu traumatico e Daniele si rese subito conto delle enormi difficoltà che la missione comportava. Ciò nonostante, le fatiche, il clima insopportabile, le malattie, la morte di numerosi giovani compagni missionari e l’estrema povertà della gente, anziché scoraggiarlo, lo spinsero sempre più ad andare avanti e a non desistere da ciò che aveva iniziato con tanto entusiasmo. Il pensiero che si sudava e moriva per amore di Gesù e della salute delle anime più abbandonate del mondo, era troppo dolce per farlo desistere dalla grande impresa. In terra sudanese, nella missione denominata “Santa Croce”, assistendo alla morte di un suo giovane confratello, invece di scoraggiarsi si sentì interiormente confermato nella decisione di continuare la sua missione e allo scopo coniò il motto: “O Nigrizia o morte” (inteso come “O l’Africa o la morte”). Per i fratelli africani spese tutte le sue energie, battendosi anche per debellare la terribile quanto vergognosa e ignobile piaga della schiavitù, ma l'impresa, alla fine, si rivelò purtroppo un fallimento. A causa del clima e delle malattie i compagni di Comboni morirono nel giro di pochi mesi e, nel 1859, egli stesso fu costretto a rientrare in Italia a causa delle insistenti febbri malariche. In patria, forte dell’esperienza acquisita sul campo, si adoperò per preparare una nuova e più efficace strategia missionaria, spinto sempre e solo dall’amore incondizionato che nutriva per l'Africa e la sua gente. Nel 1864, finalmente, raccolto in preghiera sulla tomba di San Pietro a Roma, Daniele ebbe una folgorante quanto profetica illuminazione, che lo portò a elaborare il suo famoso “Piano per la rigenerazione dell'Africa”, un progetto missionario sintetizzabile nel motto “Salvare l'Africa con l'Africa”, frutto della sua illimitata fiducia nelle capacità umane e religiose dei popoli africani, nella certezza che sarebbero divenuti essi stessi protagonisti della loro evangelizzazione. Nel frattempo, come teologo del Vescovo di Verona, partecipò al Concilio Vaticano I, indetto dal Papa Pio IX nel giugno 1868, facendo sottoscrivere a ben settanta Vescovi lì riuniti la petizione “Postulatum pro Nigris Africæ Centralis”, a favore dell'evangelizzazione dell'Africa centrale. Infine, nonostante le tantissime gravose difficoltà, Comboni proseguì nel suo disegno e, il 1º giugno 1867, si decise ad aprire a Verona un seminario per la formazione del clero da impiegare nelle missioni in Africa. Si trattava di una “Società Missionaria”, detta in origine “dei Figli del Sacro Cuore di Gesù”, Come modello di riferimento per l'organizzazione della comunità fu scelta la Società per le Missioni Estere di Parigi, una compagnia di sacerdoti e fratelli coadiutori laici, mentre la direzione e l'insegnamento nell'istituto furono affidati ai Padri Gesuiti. Questa nuova istituzione, detta “Società Missionaria”, fu approvata come Congregazione di diritto diocesano l'8 dicembre 1871, ed è oggi un istituto religioso maschile di diritto pontificio con il nome di “Congregazione Missionari Comboniani del Cuore di Gesù”, i cui sacerdoti sono chiamati semplicemente “Padri Comboniani”. La sua fede incrollabile nel Signore, lo portò a far nascere, nel 1872, anche l'Istituto femminile delle suore missionarie, più tardi conosciute come “Suore Missionarie Comboniane”, che, con coraggio non comune per quei tempi, per primo fece partecipare alla missione dell'Africa centrale. In mezzo a non poche difficoltà e incomprensioni, Daniele intuì che la società europea e la Chiesa cattolica erano chiamate a prendere in maggior considerazione le missioni nel continente nero. A tale scopo, si dedicò a un’instancabile animazione missionaria in ogni angolo d'Italia ed Europa, allo scopo di trovare aiuti. Come strumento di animazione missionaria creò anche una rivista specifica, la prima in Italia, dal titolo “Nigrizia”. Fu una voce profetica che annunciò alla Chiesa tutta, che era giunta l'ora della salvezza dei popoli dell'Africa. Il 31 luglio 1877, Daniele fu nominato Vicario Apostolico dell'Africa centrale e consacrato Vescovo circa un mese dopo, trasferendosi a Khartoum. Fu la conferma che le sue idee e le sue azioni, da molti considerate troppo audaci se non addirittura folli, fossero quanto mai efficaci per l'annuncio del Vangelo e la liberazione spirituale e materiale di quel continente. Negli anni 1877-1878, insieme ai suoi missionari e missionarie, soffrì nel corpo e nello spirito l’ulteriore tragedia di una siccità e carestia senza precedenti, che addirittura dimezzò la popolazione locale, sfinendo il personale e l'attività missionaria. Tuttavia, con la grinta di sempre, egli lavorò a fianco dei suoi sacerdoti e delle sue suore, deciso a continuare la lotta, consolidando l'attività missionaria con l’apporto fattivo degli stessi nativi, ma le tribolazioni alle quali si sottoponeva erano troppo grandi per il suo fisico già minato. Nel 1881, provato dalla grande fatica, dalla morte dei suoi collaboratori e dall'amarezza di tante false accuse e calunnie nei suoi confronti, si ammalò. Il 10 ottobre 1881, a soli cinquant'anni, segnato dalla Croce che mai lo aveva abbandonato, quale fedele e amata sposa, Daniele spirò serenamente a Khartoum, tra quella che considerava ormai la sua gente, cosciente che la sua opera missionaria, attuata per aiuto della Divina Provvidenza, non sarebbe finita. Fu sepolto nel cimitero della missione di Khartum, ma, pochi mesi dopo, la sua tomba fu profanata e distrutta. I confratelli riuscirono a salvare pochi dei suoi resti mortali, che si trovano oggi nella Casa Madre dei Missionari Comboniani a Verona, all’interno di una piccola urna-reliquiario. È proprio vero, quando il Signore decide di intervenire e trova una persona generosa e disponibile, si vedono cose nuove e davvero grandi. Egli, figlio di poveri contadini, diventato il primo Vescovo cattolico dell'Africa centrale e uno dei più grandi missionari nella storia della Chiesa, aveva tracciato una strada importantissima e indelebile. Aveva visto giusto. La sua opera non solo non è morta, ma, anzi, come tutte le grandi cose che “nascono ai piedi della Croce”, continua a vivere grazie al dono che della propria vita fanno tanti uomini e donne, umili servi del Signore che hanno scelto di prestare servizio ai fratelli sulla strada da lui tracciata. Il 26 marzo 1994 gli fu riconosciuta l'eroicità delle virtù; il 17 marzo 1996 fu beatificato dal futuro santo papa Giovanni Paolo II e il 5 ottobre 2003 fu finalmente canonizzato dal medesimo pontefice.
Immagine: San Daniele Comboni nel suo abito di vescovo della "Congregazione Missionari del Cuore di Gesù”, da lui stesso fondata. Fotografia scattata nel 1877. L'originale si trova presso la casa madre dei Padri Comboniani a Verona (regione Veneto).
Roberto Moggi
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