Povera quella casa dove manca la figura maschile.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Un
proverbio che si rivolge a tempi ormai passati, quando l'uomo figurava
come una presenza necessaria al sostentamento richiesto dalla gestione
di un abitazione e della famiglia che vi dimorava, e la sua mancanza
significava spesso ridurre i componenti ai disagi della povertà.
Con
le donne considerate come oggetti di possesso e non ritenute degne di
partecipare a una vita politica e sociale., era l'uomo che poteva
decidere tutto, sia per la casa, che per la famiglia.
Un
fenomeno che riguardava non solo le classi disagiate, ma anche la
piccola borghesia, se non la media in qualche caso, quando la principale
aspirazione delle donne e dei loro famigliari, era costituita dalla
posizione che permetteva il matrimonio, rispetto alle condizioni
disagiate a cui erano relegate molte donne che, restate nubili, oppure
vedove, non potevano disporre di patrimoni propri, che restavano in mano
ai padri, se non c'erano i mariti.
Se
nel Medioevo, le donne venivano considerate come creature da
proteggere, prive di libertà di pensiero e di parola, incapaci di
compiere lavori da uomo e adatte solo a prendersi cura dei figli e della
casa. con l'educazione femminile totalmente trascurata in quanto
considerata inutile, non è che nei tempi successivi le cose
migliorassero di molto,
Fino
a poco tempo fa, la donna non poteva firmare contratti senza
autorizzazioni, era interdetta da molte professioni e, a lungo, lo è
stata anche dal voto.
Tra
l'ottocento e la prima metà del 900, per le donne di campagna, l'unica
attività lavorativa che potevano trovare in città, era quella domestica a
ore o fissa, nelle famiglie abbienti, presso le quali restava spesso
tutta la vita.
Chi è
stato giovane tra gli anni cinquanta e i sessanta, a seconda degli
ambienti frequentati, è possibile che ricordi le improvvisate coppie
formate da servette e militari, per il tempo libero concesso alle donne
di servizio, nei pomeriggi del giovedì e della domenica.
Mentre le ragazze di ceto sociale piccolo borghese potevano diventare al massimo istitutrici e governanti nelle case signorili.
Nel
1860 venne varata in Piemonte la legge Casati, per creare un sistema
scolastico nazionale unico. Essa stabilì l'obbligo dell'istruzione
elementare e riorganizzò l'accesso alle superiori. In teoria il diritto
all'istruzione era uguale per i due sessi, ma veniva diversificato nei
contenuti.
In un simile
contesto l’attivazione della Scuola Normale per la formazione degli
insegnanti rappresentò un notevole passo in avanti per l’istruzione
femminile: inizialmente in svantaggio, già alla fine dell’Ottocento il
numero delle allieve, iscritte alla scuola, aveva superato quello degli
allievi.
Avevano risposto in maniera massiccia le giovanette provenienti per lo più dalla piccola e media borghesia: per
costoro
l’insegnamento rappresentava non solo un riscatto economico e
culturale, ma anche un’occasione, straordinaria, di affrancarsi dalla
famiglia, molto spesso rigida ed inflessibile nelle regole. Ciò portò
all’immissione nel mondo della scuola di un significativo numero di
maestre che operarono, anche involontariamente, un cambiamento radicale
nella società italiana.
Prima
di tutto il nuovo ruolo ruppe il tradizionale collocamento femminile.
La maestra era infatti la prima donna che osava lasciare la famiglia,
prima per studiare, poi per lavorare. Divenuta presenza attiva nella
società, rappresentava il primo modello femminile colto, che scriveva,
che pubblicava articoli sui giornali, che partecipava a premi letterari.
Donne
dotate di questa singolare autonomia divennero spesso, se non sempre,
oggetto di pregiudizi e di pesanti controlli sociali, soprattutto quando
si trovavano ad operare nelle piccole realtà di paese, rurali o
montane.
Non dimentichiamo che il primo voto a cui poterono partecipare anche le donne, avvenne il 2 giugno del 1946.
Ancora
nelle cronache degli anni '50 e '60, le donne venivano spesso
raffigurate mentre svolgevano lavori domestici, come lavare i piatti o
stirare, o mentre facevano acquisti per la famiglia. Queste
rappresentazioni erano spesso accompagnate da slogan che enfatizzavano
il loro ruolo tradizionale come moglie e madre.
Il
senso fornito dal proverbio è ormai venuto meno, con la donna, al
giorno d'oggi considerata lavoratrice e cittadina, non più soggetta al
potere dell'uomo e la sua forza lavoro, da sempre esistita nella storia,
ma non sempre riconosciuta, oggi ha un importante peso in piena società
industrializzata, soprattutto da un punto di vista economico e
produttivo e per la paritaria autonomia che è riuscita ad acquisire.
Ci
troviamo quindi in tempi in cui, se in una casa manca l'uomo, la
situazione è paritaria riguardo all'eventuale mancanza della donna,
essendosi i due ruoli di genere più che uniformati.
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