Le discussioni o i ragionamenti fatti dopo pranzo sono più chiari e costruttivi.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Ci
presenta, il proverbio, l'ottimistica visione di come un convivio
intorno a una tavola imbandita, risulti appagante sia per i cibi, che
per gli astanti, influenzandoli nel miglior modo nell'esprimere idee e
opinioni, che appaiano evidenti e positive, sia per chi parla, che per chi ascolta.
Uno
scenario in cui, se un avvocato del diavolo avanzasse un suo parere,
potrebbe esprimere dei dubbi, qualora i convitati avessero ecceduto in
libagioni, non rispettando l'accorto dosaggio da seguire, riguardo alla
quantità del cibo assunto, col vino bevuto sobriamente, perché in tal
caso, le discussioni potrebbero mostrarsi in ben tutt'altra piega, da
sproloqui senza senso, a vere e proprie risse verbali, sempre che non si
arrivi a vie di fatto, che rovinerebbero, sia la convivialità, che la
successiva digestione.
Si uniforma al detto presentato, un'allocuzione che leggiamo nel libro "Una stanza tutta per sé", di Virginia Woolf:
“Un buon pranzo giova molto alla conversazione. Non si può pensare bene, né amare bene, se non si è pranzato bene.”
Né fu da meno Anthelme Brillat-Savarin, famoso politico e gastronomo francese, più che esperto su tale argomento, che asserì:
"Invitare
qualcuno alla nostra tavola, vuol dire incaricarsi della sua felicità
durante le ore che egli passa sotto il vostro tetto."
E ben conosciuto è il detto fatto sorgere dalla piacevolezza di un convivio gastronomico:
"A tavola prese moglie anche un frate"
Tanto
per evidenziare quanto ci si può rilassare in un banchetto, al punto da
non essere più attirati dal fascino che si provava per impegni casti e
morigerati.
Leggiamo tra
gli scritti di Massimo Montanari, che insegna Storia dell’alimentazione
all’Università di Bologna, dove ha fondato il Master “Storia e cultura
dell’alimentazione”:
"Mangiare
insieme è tipico (anche se non esclusivo) della specie umana: «Noi», fa
dire Plutarco a un personaggio delle sue Dispute conviviali, «non ci
invitiamo l’un l’altro per mangiare e bere semplicemente, ma per
mangiare e bere insieme»."
Consiglio,
tra i libri dell'autore: "La fame e l'abbondanza", che attraverso le
vicende del cibo, fortemente implicate di aspetti simbolici, il testo
ripercorre le tappe essenziali della storia europea, fino alla
rivoluzione che, alle soglie dell'oggi, ha scardinato modelli millenari
di produzione e di consumo. Essi tuttavia continuano, fra molte
contraddizioni, a condizionare i nostri comportamenti quotidiani.
Nelle
più varie relazioni umane, la tavola imbandita, si mostra come
piacevole e gratificante pausa d'eccellenza, sia tra famigliari, che tra
amici, nelle aziende, o in convegni d'affari, come tra rappresentanti
di nazioni, in cui si presentano come rituali che si aggiungono a quelli
regolati dall'etichetta rispettata negli incontri, e spesso concorre,
nei due ultimi esempi, a favorire le transazioni economiche e gli
accordi tra i paesi.
Un
fenomeno che purtroppo spesso avviene, al giorno d'oggi, che poco va
d'accordo col tema presentato, ce lo mostra Papa Francesco:
"La
convivialità è un termometro sicuro per misurare la salute dei
rapporti: se in famiglia c’è qualcosa che non va, o qualche ferita
nascosta, a tavola si capisce subito. Una famiglia che non mangia quasi
mai insieme, o in cui a tavola non si parla ma si guarda la televisione,
o lo smartphone, è una famiglia “poco famiglia”."
Ricordiamoci
quindi, quando siamo a tavola, che il pasto sia frugale, o abbondante,
di spegnere televisione e smartphone, azione che per alcuni potrebbe
significare un vero e proprio ritrovarsi tra conviventi, riscoprendo non
solo il piacere della convivialità, ma anche affetti e attenzioni
offuscate dai marchingegni tecnologici tanto utili, quanto alienanti
nelle relazioni umane e ancora peggiori in quelle famigliari.
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