’A meglia medicina: pinnule ’e gallina e sceruppo ’e cantina

Uova e vino come dieta pare sia molto salutare.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Ci presenta, il proverbio, due ingredienti, non solo nutrienti, ma ritenuti anche curativi, specialmente in tempi in cui le medicine erano rare e non sempre indovinate per i malanni che dovevano alleviare.
Un adagio che un altro simile perfeziona in:
“Pillole di gallina, sciroppo di cantina, berretta in testa e manda il medico a far festa.”
Che ci rammenta, oltre al valore attribuito alle due sostanze, come il medico rappresentasse un lusso che pochi si potevano permettere, a prescindere dalle figure rappresentate da cerusici più o meno improvvisati e spesso esercitanti l'arte dei barbieri.
Un detto che ci fa pensare a un passato in cui, per molti, una sana dieta era sognata, se non per dire nemmeno immaginata, con la denutrizione che rappresentava un fenomeno comune per le classi disagiate.
In uno scenario in cui per molti, le pietanze a base di carne erano un sentito dire e i più abbienti potevano permettersele nei giorni domenicali, quando ci riuscivano, un alimento come l'uovo aveva un valore che oggi nemmeno riusciamo a immaginare e tanto da essere assunto come protagonista in vari modi di dire, dal "camminare sulle uova", per la delicatezza con cui deve essere affrontata una certa situazione, a "cercare il pelo nell'uovo", riguardo alla pedanteria con cui si esamina qualcosa, a "rompere le uova nel paniere", per chi rovina una situazione in modo imprevisto e poco delicato, al detto "meglio un uovo oggi, che una gallina domani", per scelte che privilegiano il vantaggio del presente, rispetto all'incertezza del futuro.
Un argomento, quello sulle uova, che ci fa ricordare come nei quartieri popolari, in tempi passati, fossero comuni le galline, che popolavano strade, cortili e terrazzini, con chi se le teneva addirittura in casa, per il prezioso alimento che fornivano e che spesso era oggetto anche di scambio, per riuscire a ottenere qualcos'altro.
Un alimento, quello rappresentato dalle uova, che presenta una vasta varietà di preparazioni, da sode, al tegamino, o in camicia, nonché in frittata come partner di verdure varie, con chi ne privilegia la cipolla e la diuresi a cui essa dà luogo, basi e protagoniste eccelse nella maionese e goduria per i pastasciuttari, per i tuorli, più che per l'albume, che si prestano ad ottenere ad hoc una carbonara di bucatini, o di spaghetti.
Riguardo al tema, è possibile che tra chi legge, come il sottoscritto, ci sia qualcuno che ricorda come da bambino, fosse costretto a bere, come ricostituente un uovo appena fatto, e magari anche un po' sporchetto, per il luogo poco igienico in cui era stato colto, seguito in alcuni casi da un goccio di marsala, come premio, ma erano tempi in cui uno dei refrain più che famosi, era rappresentato da "Quello che non strozza, ingrassa" e il rotolarsi in terra nei giochi da bambini, costituiva il primo vaccino immunitario, che non sarebbe male se fosse ancora prescritto dal medico di base, al giorno d'oggi.
Qualcuno ricorderà poi, che a mettere d'accordo uovo e marsalino, arrivò il Vov.
Si aggiunge poi, alla decantata in altri tempi panacea dell'uovo, quella del vino, promosso anche esso a bevanda curativa, per la fama procurata, in tempi antichi, dal noto padre della medicina, Ippocrate di Cos, che lo prescriveva per curare le ferite, come bevanda nutriente e antifebbrile, oltre a essere considerato sia purgante, che diuretico.
Ad accrescerne la fama, si prodigò Galeno, il medico personale di Marco Aurelio e considerato uno dei medici più importanti della storia della medicina occidentale.
Egli riteneva che il vino servisse per curare le ferite e per abbassare gli stati febbrili, oltre che come anestetico locale, per rinvigorire i fisici debilitati e persino per svezzare i bambini, che fa un po' pensare all'iniziazione di futuri sbevazzoni.
Ma fu il “Liber de Vinis”, un trattato sui vini scritto dal medico catalano Arnaldo da Villanova, a ribadire con fermezza il concetto di uso del vino a scopo terapeutico, durante il tardo Medioevo. A differenza della maggior parte dei libri dell’epoca, che erano rifacimenti dei classici, il “Liber de Vinis” era un’opera originale che presentava dei pareri medici sul vino, grazie alla quale l’autore ne sottolineava le qualità antisettiche, corroboranti e ne consigliava l’uso nella preparazione degli impiastri. Egli scriveva: “Il vino mirabile giova ai melanconici, ai malati di cuore, a quanti soffrono di bruciori, soprattutto nelle vie epatiche, urinarie e alla vene; naturalmente e adatto anche ai colerici”. Compilò inoltre una lista di vini aromatizzati efficaci contro ogni sorta di malattia, come ad esempio il “vino al rosmarino” capace di regolare l’appetito, raddrizzare i tendini, rendere bello il viso e far crescere i capelli.
E, a terminare, ricordiamo altri adagi a tal riguardo, come:
"Uovo di un'ora, pane di giornata, e vino di un anno non fecero mai danno."
Seguito da un altro, più sofisticato e, diciamo pure, anche un po' avventato, rispetto alla citata figura femminile:
“Uovo di un'ora, pane di un giorno, vino di un anno, donna di quindici e amici di trent'anni.” 

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