Tiene ddoje facce comme a San Matteo

Espressione rivolta a persona falsa. Modo di dire nato dalla realizzazione di una statua bifronte dedicata a San Matteo, patrono di Salerno, ubicata nel duomo.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Accenna oggi il proverbio alla falsità delle persone, che non mostrano sempre il loro vero volto, ovvero un comportamento veritiero, ma l'adeguano a come può mostrarsi per ingannare il prossimo.
Un tema che mette in luce la finzione, come abituale comportamento da parte di persone, che la ritengono il migliore espediente per barcamenarsi nei rapporti che hanno con i loro simili.
Un atteggiamento che può essere anche definito doppiezza, o ipocrisia e ci fa ricordare la famosa frase di Luigi Pirandello:
"Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti."
Il volto è uno e le maschere che può indossare, tante, e non è detto che siano tutte menzognere, ma anche baluardi per poter proteggere la propria intimità, da chi non merita di esserne al corrente, come leggiamo in un'allocuzione dell'aforista Michele Scirpoli:
“Ogni essere umano nel rapportarsi agli altri indossa una maschera: c’è chi lo fa per nascondere la sua natura malvagia e chi invece per nascondere la sua enorme bontà.”
Per come la bontà possa rappresentare una vera e propria falla, nella difesa occorrente per tenere a distanza chi è malvagio.
E ricordiamo poi che un comportamento improntato alla doppiezza, può essere acquisito da bambini, per proteggersi da genitori o altri famigliari oppressivi, coercitivi e anche violenti, che diventa una vera e propria deformazione comportamentale che caratterizzerà tutta la vita, come succede ai reduci da sofferti traumi subiti nell'infanzia, che alcuni con una sana introspezione dovuta all'esperienza, in tutto o in parte riescono a sanare, mentre altri continuano a comportarsi come vittime, con un atteggiamento perennemente elusivo, che si è trasformato in un vero e proprio modus vivendi deformante, come leggiamo in una frase dello scrittore statunitense Nathaniel Hawthorne:
"Nessuno può mostrare troppo a lungo una faccia a sé stesso e un’altra alla gente senza finire col non sapere più quale sia quella vera."
Dante relega coloro che si comportano in modo falso e ingannevole nei cerchi più profondi dell’inferno, quelli più vicini a Satana, da dove emana un odore nauseabondo, e questo dà la misura di come egli considerasse l’inganno – che può presentarsi sotto diverse forme (dalla semplice bugia e falsificazione della verità alla simulazione e alla dissimulazione) – uno dei peccati più gravi. Con la doppiezza del tutto vista diversamente dal Machiavelli, che la considerava come una precipua caratteristica che il ‘principe’ (un po’ volpe, un po’ leone), con tutto il cinismo che serviva, doveva possedere.
Nel 1886, Robert Louis Stevenson pubblicò “Lo strano caso del Dottor Jekyll e del Signor Hyde”.
Nell’opera, ambientata a Londra, si scontrano due figure, come Jekyll e Hyde, estremamente lontane l’una dall’altra ma in realtà più vicine di quanto si possa pensare, Stevenson affronta il tema della doppiezza umana, conducendo il lettore su un percorso di indagine psicologica estremamente arduo, che pone diversi interrogativi di natura etica su ciò che è giusto e su cosa è sbagliato e getta un preoccupante interrogativo circa la labilità del confine tra bene e male, quel filo sottilissimo che attraversa la psiche umana con terribile precarietà.
Ricordiamo poi che doppiezza e falsità, diventano dei veri e propri virtuosismi, in cui si esibiscono in segreto le istituzioni di alcuni stati, presentando due facce che tanto ricordano i due personaggi di Stevenson, quella pubblica liberale e democratica, e quella segreta, che sarebbe invidiata da qualsiasi governante di un regime totalitario, volta a escogitare complotti criminali verso stati terzi.
Uno modo di agire, che se qualcuno,, pur facendo parte del sistema, ne resta così nauseato da prestarsi a smascheralo, viene trattato come un traditore della patria e lo si persegue cercando di imprigionarlo a vita e trattenendosi dall'eliminarlo solo per lo scandalo che l'azione produrrebbe in ambito internazionale.
Un modo di fare che è pari pari a quello di un ambiente criminale, in cui chi denuncia alla giustizia i crimini perpetrati in tale ambito, viene tacciato d'essere un infame e con tutti i modi ritenuti leciti a sopprimerlo.
Scenari che ci ricordano le vicissitudini di un certo tipo che si chiama Julian Assange che, da informatico, si è prestato ad essere un latore di informazioni veritiere.
C'è da dire che anche quando cerchiamo di essere noi stessi, comportandoci in modo aperto e veritiero, se siamo provvisti dell'adeguata elasticità mentale, ci presentiamo in modo differente, a seconda del carattere e del comportamento di chi ci ritroviamo davanti, non tanto per ingannare il prossimo, quanto per assecondarlo in quello che si aspetta.
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