Oggi - 29 settembre 2024 - XXVI domenica del tempo ordinario, Pasqua settimanale che ha la precedenza sulle altre celebrazioni, la Chiesa ricorda i Santi Michele, Gabriele e Raffaele, arcangeli (che sono onorati col grado liturgico di festa quando questa data non cade di domenica). Michael (Michele), Gabriel (Gabriele) e Raphael (Raffaele), questi i loro rispettivi nomi latini (di derivazione ebraica), sono - come gli angeli - creature spirituali al servizio di Dio. Sono esseri perfetti creati da Dio all’inizio dei tempi come suoi servitori e messaggeri. Essi, la cui esistenza è una verità di fede testimoniata dalla loro presenza nella Bibbia, contemplano da sempre e per sempre il volto di Dio, pronti ad accorrere a ogni Suo comando, attenti ascoltatori ed esecutori della Sua parola. Tuttavia, fin dall’antichità si considera che le schiere angeliche siano organizzate in una sorta di Corte celeste, in cui gli angeli rivestono gradi e dignità differenti. I tre arcangeli occupano le sfere più alte di questa gerarchia angelica. Anch’essi hanno compiti simili a quelli degli angeli comuni, ma i loro doveri sono ancora più alti e importanti. Loro è il compito di contemplare Dio, giorno e notte, di glorificarlo incessantemente preservandone e proteggendone il mistero. I loro stessi nomi in latino suggeriscono il loro ruolo e la loro stessa natura, tutti, infatti, finiscono con “El”, che è uno dei nomi di Dio nella Bibbia ebraica. Dal 1969, a seguito dell’ultima riforma del calendario liturgico, essi sono festeggiati insieme il 29 settembre, giorno in cui prima era ricordato il solo Michele, mentre il 24 marzo era la ricorrenza di Gabriele e il 24 ottobre quella di Raffaele. Le loro celebrazioni liturgiche sono state riunite per via della loro importanza, attestata dallo stesso titolo di “arcangeli” che significa, infatti, “capi degli angeli”. La scelta della predetta data del 29 settembre è legata alla consacrazione di una chiesa dedicata a Michele nel V secolo, sulla via Salaria a Roma. La Chiesa cattolica riconosce l’esistenza di soli tre arcangeli, in altre parole i tre citati nelle Scritture: Michele (“chi è come Dio?”), Gabriele (“forza di Dio”) e Raffaele (“medicina di Dio”), mentre nei testi del passato sono citati altri arcangeli, fino ad arrivare al numero di sette nel Libro di Enoc: Uriel, Raffaele, Raguel, Michele, Sariel, Phanuel e Gabriele. Il sistema di sette arcangeli è, infatti, un’antica tradizione di matrice giudaica. La Chiesa pellegrina sulla terra, specialmente nella liturgia eucaristica, è associata alla loro schiera, che nella Gerusalemme Celeste canta la gloria di Dio. L’etimo del nome “arcangelo” deriva dal greco antico “archànghelos”, mutuato dal latino “archangelus”, composto dalle parole greche “archein” (comandare) e “angelos” (angelo), la cui traduzione letterale è quindi “Angelo capo” o “Capo degli angeli”. La Bibbia li ricorda con specifiche missioni: Michele è il guerriero che combatte contro Satana e i suoi emissari (Gd 9; Ap 12, 7; cfr Zc 13, 1-2), il difensore di coloro che amano Dio (Dn 10, 13.21), il protettore del popolo di Dio (Dn 12, 1). Gabriele è uno degli spiriti più vicini a Dio, davanti al suo Trono celeste (Lc 1, 19), colui che ha rivelato a Daniele i segreti del piano di Dio (Dn 8, 16; 9, 21-22), annunciato a Zaccaria la nascita di Giovanni Battista (Lc 1, 11-20) e a Maria quella di Gesù (Lc 1, 26-38). Raffaele, infine, sta davanti al trono di Dio (Tb 12, 15; cfr Ap 8, 2), accompagna e protegge Tobia nel suo viaggio periglioso e guarisce suo padre dalla cecità e la sua futura sposa dall’influsso del maligno. Agli Arcangeli sono attribuiti nomi particolari, perché anche dal modo di chiamarli appaia quale tipo di ministero è loro affidato. Nel Regno dei Cieli, nella piena conoscenza che scaturisce dalla visione di Dio onnipotente, gli Angeli non hanno nomi particolari, che contraddistinguano le loro persone, ma quando vengono a noi per qualche missione, prendono anche il nome dall'ufficio che esercitano. Così Michele significa: “Chi è come Dio?”, Gabriele: “Fortezza di Dio”, e Raffaele: “Medicina di Dio”. Michele, già dal significato del nome, esprime l’onnipotenza del Creatore assieme all’umiltà dell’Arcangelo, come dice il papa e dottore della Chiesa San Gregorio I Magno (dal 590 al 604): “… Quando deve compiersi qualcosa che richiede grande coraggio e forza, si dice che è mandato Michele, perché si possa comprendere, dall’azione e dal nome, che nessuno può agire come Dio …”. Il Libro di Daniele lo chiama “il gran principe” che vigila sui figli del popolo di Dio e il libro dell’Apocalisse fa capire perché la Chiesa lo veneri come principe delle milizie celesti, avversario di Satana e degli altri Angeli ribelli: “… Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo …” (Ap 12, 7-8). L'antico avversario che bramò, nella sua superbia, di essere simile a Dio, dicendo: “… Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, mi farò uguale all'Altissimo …” (cf. Is 14, 13-14), alla fine del mondo sarà abbandonato a sé stesso e condannato all'estremo supplizio. Dopo una visione mistica avuta verso il 1884, il Pontefice Leone XIII (dal 1878 al 1903) compose una preghiera a San Michele che fu recitata al termine d’ogni Messa fino al 1964, quando cadde in disuso a livello liturgico. Gabriele, è scelto dall’Onnipotente per il messaggio centrale nella storia della salvezza: annunciare la nascita di Gesù alla Vergine Maria, che onora chiamandola “piena di grazia”, in perfetto accordo con la volontà divina. Egli veniva ad annunziare colui che si degnò di apparire nell'umiltà per debellare le potenze maligne dell'aria, doveva dunque essere annunziato da “Fortezza di Dio” colui che veniva quale Signore degli eserciti e forte guerriero. Come riporta l’evangelista Luca, Gabriele aveva annunciato sei mesi prima la nascita di Giovanni Battista, apparendo nel tempio a Zaccaria, al quale si presentò come “colui che sta al cospetto di Dio” (Lc 1, 19). La sua figura testimonia bene come Antico e Nuovo Testamento s’illuminino a vicenda: proprio lui spiega a Daniele la profezia delle “settanta settimane” (490 anni per l’esegesi) che sarebbero passate prima di “mettere i sigilli ai peccati, espiare l’iniquità, stabilire una giustizia eterna, suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei Santi” (cf. Dn 9, 21-27), prefigurazione della prima venuta di Cristo e della sua Redenzione. Portare l’annuncio di Dio è il compito che gli riconosce Daniele (8, 16 e 9, 21): annunziò, infatti, la nascita del Battista e di Gesù Cristo (Lc 1, 5-22. 26-38). Raffaele, compare nel Libro di Tobia, dove si rivela inizialmente in forma umana con il nome di Azaria: è lui che accompagna Tobia nel viaggio per riscuotere un vecchio credito del padre, un uomo generoso nel fare elemosine e diventato cieco. Lungo il viaggio Raffaele aiuta Tobia a sposare Sara, lo esorta a pregare insieme con lei e ne libera il matrimonio dagli attacchi del diavolo, che fino allora aveva tormentato la giovane facendole morire tutti i mariti alla prima notte di nozze. Al ritorno a casa, il padre di Tobia guarisce dalla cecità grazie alla sua intercessione. Prima di risalire in cielo, si rivela come Raffaele, “uno dei sette Angeli che sono sempre pronti a entrare alla presenza della gloria del Signore”. Con un versetto simile l’Apocalisse presenta gli angeli cui sono date le sette trombe all’apertura del settimo sigillo (Cf. libro Tb).
Immagine: "Tre Arcangeli con Tobia" (dove si vedono - nell'ordine - sulla sinistra l'arcangelo Michele, al centro Raffaele (che da la mano a Tobia) e a destra Gabriele). Trattasi di olio su tela realizzato, nel 1470 circa, dal pittore fiorentino Francesco di Giovanni, conosciuto come Francesco Botticini (1446-1498). L'opera si trova presso il Museo Statale della Galleria degli Uffizi, a Firenze.
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