Santi Cornelio, papa, e Cipriano, vescovo, martiri

Oggi - 16 settembre 2024 - lunedì della XXIV settimana del tempo ordinario, la Chiesa celebra la memoria obbligatoria dei Santi Cornelio, papa, e Cipriano, vescovo, martiri. Cornelius (Cornelio) e Cyprianus (Cipriano), questi i loro nomi nella lingua latina, sono ricordati insieme in quest’unica memoria, benché siano vissuti in aree geografiche differenti, poiché le loro vite s’intrecciarono durante le persecuzioni contro i cristiani scatenate dall’imperatore Decio (dal 249 al 251), a seguito delle quali entrambi sacrificarono volontariamente la vita pur di non rinnegare la fede. Di Cornelio si conosce pochissimo, ad eccezione del martirio. Sappiamo solo che nacque a Roma nel 180 circa da una famiglia cristiana, divenendo papa dal 251 al 253. Cipriano (210-258) nacque a Cartagine (provincia romana dell’Africa) da una famiglia pagana, divenendo vescovo della sua città nel 249, dopo essersi convertito nel 245 circa. Era un famoso oratore e organizzò con ardore la Chiesa d’Africa. Fu un grande maestro di morale cristiana e i suoi scritti, specialmente le lettere, sono preziosa documentazione sulla fede e sul culto nel III secolo. Con il grande filosofo, scrittore e apologeta Tertulliano (II secolo), è ritenuto il creatore del cosiddetto “Latino cristiano” [Una forma particolare di latino tardo che presenta al suo interno una discreta varietà di registri, con tutte le caratteristiche di una lingua speciale, ricca di tecnicismi (“Cristianismi”), spesso collegati con le novità di concezione della religione cristiana]. Fu martirizzato nel 258 durante le persecuzioni dell’imperatore Valeriano, dopo l’ultimo rifiuto di sacrificare agli dei pagani. Durante la predetta persecuzione, che portò al martirio del pontefice Fabiano (dal 236 al 250), predecessore di Cornelio, oltre che di migliaia di altri cristiani rimasti fedeli al Signore, le loro strade si unirono. Artefice di ciò fu particolarmente la comune “gestione” del problema dei cosiddetti “lapsi” (letteralmente “scivolati”, dal latino “lapsus”). Con questo termine, s’indicavano quei battezzati che durante le vessazioni, sottoposti a inaudite “pressioni”, con la minaccia (per loro e i familiari) di perdere impieghi, proprietà e di essere incarcerati, torturati o condannati a morte, presi dal terrore avevano in vario modo rinnegato Cristo. Tra questi rientravano anche i cosiddetti “libellatici”, in altre parole quei battezzati che avevano acquistato sottobanco un falso “libellus”, cioè un documento ufficiale che attestava il loro avvenuto omaggio agli dei pagani, che in realtà non avevano fatto. Passata la bufera, mentre alcuni lapsi non si pentirono, molti altri chiesero sinceramente il perdono. Così, nella Chiesa, si formarono fondamentalmente due correnti, una favorevole all’indulgenza, portata avanti dallo stesso papa Cornelio, e l’altra fermamente contraria, capeggiata dal presbitero e teologo romano Novaziano (200-258). Cornelio resse la Chiesa di Roma proprio tra le difficoltà causate dalla persecuzione di Decio e, con longanimità evangelica, assunse un atteggiamento mite verso i lapsi che, per l’umana fragilità, non avevano coraggiosamente confessato la fede. Contro di lui, per questo motivo, sostenendo che la Chiesa non potesse perdonare il peccato d’idolatria, aprì uno scisma rigorista il sacerdote Novaziano, fondatore del movimento che da lui prese il nome di Novazianismo, che si creò antipapa dal 251 al 258. Gli autorevoli “Padri della Chiesa” Cipriano, vescovo di Cartagine e il patriarca della Chiesa Copta Dionisio di Alessandria (dal 247 al 265), pastori delle due diocesi nella Provincia Romana d’Africa, si schierarono con lui. Cornelio convocò un sinodo per scomunicare Novaziano e accettò la proposta sui lapsi del Concilio di Cartagine. Ciò nonostante, fu in seguito fatto arrestare dal nuovo imperatore Treboniano Gallo e morì martire nel 253 a Centocelle (oggi Civitavecchia, Roma), ove era stato esiliato. Cipriano era per riammettere alla comunione, dopo una giusta penitenza, i lapsi che si erano pentiti e propose di definire la questione in concili da tenersi alla fine delle persecuzioni. La liturgia, unendo nel culto Cornelio e Cipriano, ci richiama gli stretti legami che univano le Chiese dei primi secoli. All’Africa cristiana dobbiamo probabilmente le prime versioni della Bibbia in latino, quando Roma la usava ancora in greco. L’Epistolario dei due santi mette in evidenza la straordinaria consonanza d’idee fra Roma e Cartagine. In particolare esce luminosamente chiarita la concezione di “Chiesa” costruita dall’Eucaristia. Quest’ultima, infatti, rappresenta una comunicazione profonda con Dio in Cristo mediante la sua Chiesa. Ogni comunione esige e tende a operare un’immancabile e profonda conversione verso Dio e i fratelli. Cipriano e Cornelio l’hanno ricordato con energia e con amore ai “lapsi”, cioè a quei cristiani del loro tempo che erano scesi a compromessi pericolosi durante le persecuzioni e pretendevano “comunicare” veramente dopo aver servito due padroni e senza dare garanzie di una seria rottura con ogni compromesso.
Immagine: “I Santi Cornelio e Cipriano con la Trinità”, olio su tela centinata (cioè dal profilo curvo) eseguito nel 1518 circa da ignoto autore di ambito veneto. Il dipinto raffigura in alto la Santissima Trinità e sotto i Santi Cornelio (a sinistra) e Cipriano (a destra). L’opera è custodita nella chiesa parrocchiale intitolata ai due, a Roncade (in provincia di Treviso, regione Veneto).
Roberto Moggi
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