Sant'Elpidio, abate

Oggi - 2 settembre 2024 - lunedì della XXII settimana del tempo ordinario, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, Sant'Elpidio, abate. Di Elpidios o Elpidius (Elpidio), questo il suo nome rispettivamente in greco (nella sua traslitterazione nel nostro alfabeto) e in latino, ci sono giunte poche e spesso contraddittorie informazioni. La tradizione più comunemente accettata trova il suo massimo esponente nel vescovo veneziano Pietro de Natali (1330-1406), considerato il suo più grande conoscitore. Questo, supportato da numerosi altri agiografi, lo identifica in un eremita nato nel IV secolo in Cappadocia, regione dell’Anatolia allora appartenente all’Impero Romano (oggi nella Turchia asiatica), venuto in Italia e stabilitosi nella zona del Piceno (corrispondente circa all’attuale provincia di Fermo, regione Marche). In questo territorio sarebbe vissuto per lungo tempo, propagando il messaggio evangelico coadiuvato dai discepoli Ennesio ed Eustasio. Con gli stessi formò poi una comunità monastica della quale fu egli stesso l’abate, secondo una regola eremitica del tutto personale, influenzata dalle esperienze ascetiche dei Padri del Deserto, prima di morire in loco nello stesso IV secolo. A leggera modifica di questa tradizione, altri studiosi ritengono che Elpidio fosse originario del Piceno stesso, nel quale esercitò, per l’intera esistenza, la vita monastica. Tuttavia, non mancano altre tradizioni ben divergenti. Ad esempio, il monaco, vescovo e agiografo Palladio di Galazia (363/364-420 circa) lo ricorda, nella sua “Storia Lausiaca” (scritta nel 419-420 in onore dell’alto funzionario imperiale Lauso), come un monaco vissuto per molti anni in una spelonca presso Gerico in Terra Santa (oggi in Cisgiordania), tessendone gli elogi quale asceta che, estraniatosi dalla compagnia degli uomini, scelse la solitaria scalata alle vette della perfezione cristiana. Altri ancora, infine, pensano che si tratti del diacono ricordato nella “Vita di San Carotone”, un passio redatto verso il XII secolo e ritrovato nel 1955 nella Biblioteca Capitolare di Spoleto (provincia di Perugia, regione Umbria), che ne descrive la vita, aggiungendo altri elementi non accertati e al quale non è attribuito comunque alcun valore storico. In ogni caso, anche se le tradizioni che riguardano Elpidio sono differenti, appare comprovato che egli sia vissuto effettivamente, come eremita, nella zona del Piceno della regione Marche. A riprova di ciò, va considerato che il culto tributatogli è sempre stato particolarmente vivo nel predetto territorio, dove diversi paesi portano il suo nome, come Sant’Elpidio Morico (frazione di Monsanpietro Morico, Fermo), Porto Sant’Elpidio (Fermo) o Sant’Elpidio a Mare (Fermo), nome che, nella zona, è anche frequentemente dato ai bambini all’atto del battesimo. Le sue reliquie, inoltre, sono conservate nella chiesa a lui dedicata proprio a Sant'Elpidio a Mare, all'interno di un sarcofago romano di marmo del IV secolo, accanto a quelle dei suoi discepoli Ennesio ed Eustasio. Immagine: Sant'Elpidio abate raffigurato nelle otto tavole del cosiddetto Polittico di Sant'Elpidio a Mare (comune della provincia di Fermo, regione Marche), olio e oro su legno realizzato dal pittore marchigiano Giacomo di Nicola da Recanati, nel 1425 circa. Le tavole raccontano alcuni episodi della vita del santo, tra cui spiccano le ultime quattro (nella parte bassa), che lo rappresentano rispettivamente in carcere; liberato dal carcere; al battesimo dell'Imperatore Aureliano e invitato dall'angelo a salire sulla nave. L'opera si trova attualmente nel Museo del Louvre a Parigi (Francia).
Roberto Moggi
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