Oggi - 10 settembre 2024 - martedì della XXIII settimana del tempo ordinario, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, San Nicola da Tolentino, sacerdote, patrono della Provincia Agostiniana d’Italia e, in quanto tale, celebrato con il grado liturgico di festa dall’Ordine di Sant’Agostino. Nicola, questo il suo nome di battesimo, nacque intorno al 1245 a Sant'Angelo in Pontano, vicino Loreto, nel territorio della Marca, al centro circa della Penisola Italiana (oggi in provincia di Macerata, regione Marche), all’epoca sottoposto all’Abbazia di Santa Maria di Farfa, presso Rieti (adesso regione Lazio). Il nome gli fu dato, dai benestanti genitori Compagnone de Guarutti e Amata de Guidiani, in onore di San Nicola di Bari, che, durante un pellegrinaggio alla sua tomba nel capoluogo pugliese, fece loro la grazia di concepire il figlio che fino allora non erano riusciti ad avere. Nicola era conosciuto e censito nei registri civili con la specificazione “di Compagnone”, una sorta di cognome o soprannome che ne indicava la paternità, appunto quale erede di Compagnone de Guarutti. Durante l’infanzia ebbe modo di conoscere gli Eremitani di Sant’Agostino, che avevano un convento nel suo paese, particolarmente grazie alle prediche di un pio frate, rimanendo affascinato dalla loro spiritualità. Così, verso il 1257, alla tenera età di circa dodici anni, dando coronamento a una precoce vocazione religiosa e con il pieno consenso della famiglia, entrò nel predetto convento per fare il noviziato, venendo formato spiritualmente e intellettualmente. In questo periodo, si distinse a tal punto negli studi che, ancora prima che li avesse terminati, fu fatto canonico della locale chiesa di San Salvatore. In seguito, prima dell’ordinazione sacerdotale, fu mandato in diversi monasteri agostiniani della Marca: San Ginesio, Recanati (paesi entrambi oggi in provincia di Macerata, regione Marche), Macerata stessa, Fermo (oggi omonima provincia della medesima regione) e altri. I biografi specificano che fu un modello di generoso impegno verso la perfezione. Nel 1263 emise i voti solenni a meno di diciannove anni e, nel 1269, fu ordinato sacerdote, iniziando l’attività di predicatore e confessore. La sua vita fu da subito rigorosamente ascetica e alla sequela di Cristo, esempio per tutti, tanto da portare frutti abbondanti nell’attività pastorale, perché le sue parole entravano direttamente nel cuore della gente, che molto spesso cambiava vita e si convertiva sinceramente. Era l'esempio vivente del monaco umile, buono e caritatevole, ma al tempo stesso colto e preparato, a tal punto che gli fu affidato per alcuni anni il delicato compito di maestro dei novizi. La sua condotta di vita integerrima, alla sequela di Cristo, era gradita al Cielo, facendogli meritare una vita mistica molto intensa. Al riguardo, narra la tradizione che, una notte, gli apparve l'anima del suo confratello fra Pellegrino da Osimo, imprigionata nel fuoco del Purgatorio. Questa gli spiegò che, a causa dei peccati commessi in vita, avrebbe dovuto essere perduta per l'eternità, ma che era stata salvata dalla misericordia di Dio, destinata a restare tra le fiamme per una lunga purificazione. Fra Pellegrino lo supplicò di celebrare l’indomani stesso una Santa Messa per lui e le altre anime del Purgatorio, per ottenere la liberazione. L’anima del confratello lo pregò di seguirlo, per vedere con i suoi occhi quanto fosse necessaria la sua intercessione e la celebrazione dell’Eucaristia. Nicola si trovò trasferito nel Purgatorio, dove vide una pianura immensa nella quale innumerevoli anime di ogni età, sesso, razza e condizione sociale erano purificate dolorosamente in un mare di fiamme. Il defunto gli disse allora che, attraverso la celebrazione richiesta, essendo Nicola gradito al Cielo, confidava di essere liberato dal Purgatorio insieme a molte anime. Nicola, profondamente scosso da quel che aveva visto, la mattina dopo chiese ed ottenne il permesso di celebrare per tutta la settimana la Santa Messa per le anime del purgatorio, aggiungendovi preghiera e penitenza. Terminata la settimana, durante la notte, il confratello apparve di nuovo al suo cospetto, questa volta circondato di luce, ringraziandolo per il suo aiuto prezioso, grazie al quale era stato liberato dalle fiamme purificatrici, unitamente a molte altre anime. Da allora, ancora molte volte gli spiriti del Purgatorio gli apparvero, per ringraziarlo della sua intercessione. Intorno al 1275, fu destinato al convento “Sant’Agostino” dei frati Eremitani di quell’Ordine ubicato a Tolentino (oggi in provincia di Macerata), cittadina il cui nome, indicato accanto al suo di battesimo, ne indica da allora la provenienza. Anche qui, in breve tempo, molti si convertivano dopo le sue omelie, ma egli si prendeva cura anche dei malati e dei poveri, per i quali andava perfino a mendicare e che non di rado furono testimoni di miracoli avvenuti per sua intercessione. A Tolentino trascorse gli ultimi trent’anni della sua vita, sottoponendosi a dure mortificazioni corporali e predicando quasi ogni giorno, sebbene nei tempi conclusivi fosse stato colpito da una malattia che ne mise alla prova la sua umana sopportazione. Durante la lunga permanenza in questa cittadina, la tradizione colloca il noto episodio del “Ponte del diavolo”, secondo cui l'architetto Benevegna, in difficoltà durante la realizzazione di un ponte sul fiume Chienti, che era stato distrutto nottetempo dall'impetuosità del corso d’acqua, stipulò un patto con il diavolo per poterlo completare. Il demonio assicurò il compimento del lavoro in una sola notte, in cambio dell'anima del primo essere vivente che lo avesse attraversato. L'architetto, però, pentitosi del suo patto scellerato, si rivolse disperato a Nicola, il quale escogitò uno stratagemma ingegnoso. A costruzione ultimata la benedisse, poi vi fece avvicinare un cane e, facendo rotolare sopra il ponte una grossa forma di formaggio verso l'altra sponda, richiamò l’attenzione istintiva dell’animale, che si pose al suo inseguimento attraversandolo. Il diavolo, accecato d'ira per essere stato sconfitto e non avere ottenuto alcuna anima, tentò invano di distruggere il ponte con un colpo di corna, i cui segni sarebbero ancora visibili. Tuttavia, erano altre le sue qualità che attiravano le anime a Dio. Il popolo ne apprezzava la mitezza, l'ingenua semplicità e la dedizione alla castità, che non tradì mai, custodendola come un tesoro attraverso la preghiera e la penitenza. Il suo amore più grande erano le anime del Purgatorio, come dimostra che, sebbene ai suoi tempi non ci fosse l'usanza di celebrare ogni giorno la Santa Messa, egli ottenne il permesso speciale di officiarla tutti i giorni in loro suffragio. Questa sua particolare devozione ebbe origine, secondo la tradizione, dal precdentemente citato peculiare avvenimento sovrannaturale che visse quand’era giovane sacerdote, con lo spirito di fra Pellegrino da Osimo. Il 10 settembre 1305, dopo un’intensa vita spesa all’insegna del Vangelo, Nicola, il severo penitente, taumaturgo e grande predicatore sempre obbediente alla Regola di Sant’Agostino, considerato santo sin da vivo, rese l’anima a Dio nel convento di Tolentino (oggi basilica), dove fu inumato e dove si trova tuttora. Il processo di canonizzazione iniziò nel 1325 sotto Papa Giovanni XXII, ma si terminò soltanto nel 1446 sotto Papa Eugenio IV. Nicola, considerato un santo mariano per la visione avuta, il 10 dicembre 1294, degli Angeli che trasportavano la Santa Casa di Loreto (quella della Madonna) nella città marchigiana. fu pure un famoso esorcista, anche dopo la morte, visto che numerosi ex voto lo indicano come guaritore di indemoniati in ogni tempo. Celebri sin dal medioevo sono i cosiddetti “Panini miracolosi” di San Nicola, che servirono anche per la raccolta di farina da parte dei fedeli che si recavano al santuario. San Nicola è venerato come patrono delle anime del Purgatorio e come protettore delle puerpere, nelle difficoltà dell’infanzia. degli appestati, dei naufraghi e dei carcerati.
Immagine: "San Nicola da Tolentino", olio e tempera su pannello ligneo realizzato, tra il 1454 ed il 1469 circa, dal pittore e matematico toscano Piero di Benedetto de' Franceschi, noto comunemente come Piero della Francesca (1412 circa-1492). L'opera si trova presso il Museo Poldi Pezzoli di Milano.
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