’O ttuósseco manco ’e súrece ’o vvònno

Il veleno neanche i topi lo vogliono. Le cose brutte e cattive sono evitate da tutti.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Si presenta il proverbio, con una constatazione più che ovvia, su quanto tutti vorremmo riuscire ad evitare le tragedie che ci avvelenano la vita.
Sembra che la sorte scelga a caso i fortunati a cui si mostra buona e caritatevole e i disgraziati a cui assegna afflizioni e sofferenze, con i primi che magari si lamentano delle più banali traversie, perché non hanno conosciuto il peggio e i secondi, tra chi è annientato dalle pene alle quali è sottoposto e vi si arrende, e chi ha la forza di reagire alle tribolazioni, uscendone temprato, con una forza d'animo che lo fa sembrare addirittura invulnerabile, come leggiamo in un'allocuzione del poeta, pittore e aforista libanese naturalizzato statunitense Khalil Gibran:
“Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici.”
E la descrizione del fenomeno riportata in modo più leggero dallo scrittore Hermann Hesse, che leggiamo nel suo libro "Peter Camenzind"
“I dolori, le delusioni e la malinconia non sono fatti per renderci scontenti e toglierci valore e dignità, ma per maturarci.”
Per chi riesce ad avere la forza d'animo di interpretare con tale visuale le sofferenze che ha trascorso, o che sta vivendo, perché se è varia la sorte, lo sono ancor di più gli esseri umani e non tutti riescono a vedere la positività che può esserci nelle tribolazioni.
La sofferenza è quel tipo di dolore che si prova ogni volta che, per una qualsiasi causa,, sono coinvolte le emozioni e i sentimenti.
Quando si prova sofferenza, la serenità del vivere è sostituita dalla tristezza e dall'angoscia e spesso non si vede via d'uscita. Nell'aspettativa e il desiderio della fine delle tribolazioni che si stanno sopportando, sembra come se il tempo si allungasse senza fine, facendo risultare difficile pensare a qualcosa di positivo.
La parola deriva dalla radice latina sub, "sotto" e dal verbo fero, fers, tuli, latum, ferre, che significa "portare", ed indica il sopportare, il tollerare, il resistere a qualcosa di penoso, che fa soffrire.
Il dolore e l'angoscia che produce, possono essere causati da una malattia, che sia propria o di una persona cara, da un lutto, da un abbandono, o una separazione, come da un disastro finanziario, che getta letteralmente sul lastrico chi ne è coinvolto.
Un tragico evento che erge un muro di paura tra chi lo trascorre e il mondo che non sembra più vivibile, ma ancora più tragico, se non si gode dell'aiuto e del conforto di qualcuno.
Qualcuno può dirci che c'è poco da fare e non resta che assecondare la sofferenza che si prova, per riuscire a liberarsene e ritornare a vivere, che si risolve in un comportamento che non tutti riescono ad avere e ai quali poco appare convincente la frase attribuita a Sigmund Freud:
“Così come si provocano o si esagerano i dolori dando loro importanza, nello stesso modo questi scompaiono quando se ne distoglie l'attenzione.”
Che ci spinge ad invidiare il distratto e disattento di natura, ma, scherzi a parte, una benefica disattenzione può essere facilitata dagli impegni in cui ci si coinvolge, come a suo tempo disse George Bernard Shaw:
“L'unico modo per evitare di essere depressi è non avere abbastanza tempo libero per domandarsi se se si è felici o no.”
"Le tribolazioni aguzzano il cervello" leggiamo nei Promessi Sposi del Manzoni, riguardo a quelle in cui si trova Renzo, che tutto ha fatto, meno che cercarle, ma gli espedienti scelti per cercare di evitarle, non sempre favoriscono il risultato positivo che si desiderava.
Nello sceneggiato "La nuova vita di Clark", il personaggio interpretato dall'attore americano John Glover, afferma:
“Il peggior peccato della vecchiaia è dimenticare le tribolazioni della gioventù.”
Un peccato, se così vogliamo definirlo, più che giustificato, per la tribolazione con cui si mostra la vecchiaia a molti e fa dimenticare le traversie trascorse nella gioventù, per far posto a una struggente nostalgia che rende belli anche i trascorsi che furono sofferti.
Tutti vorremmo evitare dolori e sofferenze e la frase attribuita a Siddharta Gautama, definito il Buddha, ovvero l'illuminato per antonomasia:
“Perché infliggere sofferenza agli altri, quando noi stessi cerchiamo di sfuggirla?”
Si mostra terrificante e sconfortante per le tribolazioni e le sofferenze a cui sono sottoposte tante popolazioni che avrebbero voluto soltanto vivere in pace, senza arrecare danni a chicchessia, e che le cronache ci riportano con una tale ripetitiva quotidianità, da farle diventare un'abitudine aberrante che arriva a non farci emozionare più di tanto, per quanto è facile abituarsi alle disgrazie altrui e fino a che non ci coinvolgono.
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