Nun piglià ’o diàvulo pe ’e ccorne!

Meglio non affrontare mai direttamente il pericolo ma, se possibile, aggirarlo.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Ci viene presentato un proverbio che esorta alla prudenza, riguardo alle situazioni in cui ci si può trovare e che se appaiono insidiose, il miglior comportamento che è richiesto, è quello di cercare di evitarle, anche se non sempre ciò è possibile e, in tal caso, non resta che riuscire a sopportarle, come recita un detto a tal proposito ed è famoso nel linguaggio siciliano:
"Càlati juncu ca passa la china", ovvero "Chinati (oppure piegati) giunco finché passa la piena."
Un detto che mette in guardia, nell'impegnarsi in imprese rischiose con tutta l'imprevedibilità che possono comportare.
Un'azione rischiosa racchiude in sé la possibilità di pericolo o di fallimento. Anche se può essere divertente scalare una montagna, o un ghiacciaio, il rischio di cadere in una crepa, o scivolare da un dirupo, potrebbe scoraggiare sia i più pavidi, che quelli più assennati e più prudenti. Il rischio spesso ha a che fare con condizioni imprevedibili, simili al destino e all'azzardo. In questo modo si possono rischiare i propri risparmi, investendoli nel mercato azionario o in imprese finanziarie azzardate, come si può mettere a rischio la propria vita, lavorando nelle forze dell'ordine e affrontando spesso malviventi armati, oppure nei vigili del fuoco, con tutti i rischi ai quali si sottopongono nei loro interventi, persone per le quali il rischio è come il pane quotidiano.
C'è poi da dire che, a prescindere dal cercarli, la vita, in casa e fuori, è piena di pericoli che non prendiamo nemmeno in considerazione, finché una disattenzione non ci fa incorrere in qualche incidente, magari banale come lo scivolare in bagno o per le scale, riportando anche gravi danni, pericoli che per la strada si raddoppiano, divenendo realtà negli incidenti nei quali si può essere coinvolti, a piedi, in auto e in un qualsiasi altro contesto.
Ma pericoli maggiori, spesso sono rappresentati da congreghe di malaffare che si trovano nell'ambiente in cui si vive, con tutta l'accortezza che ci vuole, nel tenersi alla larga da certi contesti societari, per chi non desidera altro che vivere la propria vita in modo onesto e senza far del male a chicchesssia.
Basta pensare alle zone dove spadroneggiano mafia, camorra, ndrangheta, oppure associazioni similari, che rappresentano un pericolo costante per le persone oneste, che si trovano a vivere negli stessi ambienti, così che riguardo all'edificante frase che si attribuisce a Winston Churchill, che viveva in ben tutt'altro luogo:
"L’ottimista vede opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni opportunità"
in certi contesti, è il pessimista che riesce a campare alla meno peggio, mentre chi ha il coraggio di ribellarsi alle imposizioni criminali, si guadagna spesso una fama a futura memoria, nelle commemorazioni che seguono la sua dipartita, non dovuta certo a morte naturale.
Così che, riguardo all'allocuzione di George Bernard Shaw, che recita:
"C’è sempre pericolo per coloro che hanno paura."
In certi ambienti, il pericolo è triplicato per quelli che la paura non ce l'hanno.
Emerge nel contesto rappresentato da prudenti, audaci e timorosi, di fronte al pericolo, il personaggio dei Promessi Sposi, del Manzoni, rappresentato dal mite e timoroso Don Abbondio che sentendosi, nell'ambiente in cui viveva, come un vaso di coccio in mezzo ad altri di ferro, si fece prete, non tanto per fede, quanto per amor di quiete, confidando nell'immunità e il rispetto procurati dalla tonaca. Un rispetto a cui non si adeguarono i bravi che l'approcciarono per un matrimonio che non si aveva a fare, per volontà del signorotto che li comandava, costringendo il meschinello a un comportamento ignobile, visto l'ufficio al quale presiedeva e resta famosa la frase che disse a sua discolpa:
"Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare". Una virtù che il poveraccio non possedeva proprio.
La maggior parte della gente onesta, che desidera semplicemente vivere in modo dignitoso e al meglio che si può, quando non può evitare le prepotenze di qualche delinquente, non le resta che adeguarsi a ciò che le viene imposto, per il pur esiguo amor di pace a cui aspira.
Spesso, nelle cronache, è deplorata l'omertà che impera in certe zone, con tutta la virtù che viene espressa dai giudizi in merito, da gente che se vivesse nell'ambiente tanto biasimato per gli usi fuori norma, come il non vedere, il non udire e il non parlare, con un comportamento definito dai benpensanti complice, si comporterebbe ancora peggio, per il timore che si può permettere di non avere, se lo scenario l'osserva dal di fuori.
Consideriamo come i pericoli dai quali troviamo più che naturale tenerci alla larga, c'è chi li cerca, ovvero si mette nella condizione di rischiarli facilmente, in sport come l'automobilismo, il motociclismo, o l'alpinismo estremo ,vuoi per passione che per la carica di adrenalina che può divenire una vera e propria droga.
A proposito dell'alpinismo nel nostro paese, leggiamo nelle cronache di 246 interventi del soccorso alpino, con 285 persone soccorse, 19 decedute. Ma ogni anno è così. Nel 2023 erano stati solamente dodici in più rispetto a quest’anno (258 interventi, 277 persone soccorse, 14 deceduti).
Riguardo a imprese estreme, una figura tra le tante, che fu intenta a rischiare continuamente la vita, fu Patrick de Gayardon, protagonista di imprese memorabili, che nel 92 si lanciò, in Venezuela, dal Salto Angel, la cascata più alta del mondo (979 metri). Mentre a ottobre dello stesso anno si lanciò sopra Bordeaux da un'altitudine di 11.700 metri. Primato battuto da lui stesso nel 1995, quando sopra Mosca si lanciò da 12 700 metri senza l'ausilio del respiratore a ossigeno. Nel 1994 poi, il lancio lo fece in skysurf sopra il Polo Nord.
Perfezionatore della tuta alare ,ideata e utilizzata dall'italiano Giovanni (John) Carta, perse la vita il 13 aprile 1998, nei cieli delle Hawaii, durante un lancio di prova con tale tuta da lui modificata.
Leggiamo in un articolo nel web che il Don Abbondio poc'anzi mensionato, con la sua frase che abbiamo riportato, aveva perfettamente ragione, perché il coraggio va insegnato e trasmesso. Il coraggio non è innato né casuale, lo si infonde, lo si dimostra, lo si educa con l’esempio. Ma coraggio per fare cosa? Il tuffo dallo scoglio più alto? La discesa sugli sci? Salire sulle montagne russe al lunapark?
No, il coraggio del vivere, del fare le cose, di buttarsi nel mondo senza paure e vergogne inutili. Il coraggio di dire ciò che si pensa senza diventare schiavi del giudizio dell’altro. Il coraggio delle scelte, anche di quelle controcorrente. Il coraggio di essere se stessi e capire che anche le sconfitte possono essere occasioni per ricominciare.
Un'esposizione molto edificante, sul coraggio, rispetto al tenersi lontani dai pericoli, ma la realtà ci mostra che ci sono rischi che si possono affrontare ed altri che ci possono annientare, come si è accennato, riguardo ai quali, attenersi all'esortazione del proverbio è cosa più che saggia, se non è tanto una ricerca della tranquillità, quanto un bisogno di sopravvivenza.
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