È mmaletiempo ’e mare e ’o cèfaro va caro

Quando nei tempi di crisi economica le cose vanno male e tutto aumenta.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Un proverbio che va di pari passo col periodo che stiamo trascorrendo, con i prezzi dei generi di prima necessità, che sono alle stelle, rispetto a poco tempo fa, e a simbolo di tale situazione elegge uno dei pesci meno cari, per la facilità con cui si trova, che arriva addirittura a essere venduto a caro prezzo, per la crisi che sconvolge in generale l'offerta di mercato, facendone diminuire la domanda.
Una situazione che evidenzia la disparità tra chi opera nell'industria e nel commercio e chi è soltanto stipendiato, con il primo che si adegua con i prezzi, per quello che produce, o che commercia, mentre il secondo è tagliato fuori dal potere d'acquisto anche di beni necessari alla sopravvivenza.
La famosa piramide che raffigura l'offerta e la domanda, con all'apice i beni che non sono soggetti a una diminuzione di domanda, che si adegua all'offerta, grazie al potere d'acquisto delle classi abbienti, mentre, tra la metà e la base, la prima si sfoltisce, aumentando la seconda, per le difficoltà economiche che hanno le classi meno abbienti.
Con un'interpretazione del concetto presentato, che leggiamo in un'allocuzione del giornalista e saggista italiano naturalizzato statunitense Federico Rampini:
"È la retrocessione della middle class, l’avvento della “società a clessidra” divisa tra un vertice di privilegiati e una base sempre più ampia di cittadini il cui potere d’acquisto perde terreno."
Leggiamo come il sostantivo "crisi" venga dalla parola greca, poi latinizzata, krísis, che significa "punto di svolta in una malattia", in cui si può decidere se il paziente prenderà la strada della guarigione o del peggioramento della sua patologia, termine passato poi, in senso lato, a significare "scelta", "decisione". Nei momenti di crisi, le cose sono instabili e potrebbero peggiorare, ma anche migliorare se vengono affrontate nel migliore dei modi.
Una capacità, quella di saper affrontare una crisi, che sia economica o dovuta a disastri naturali, che non sempre hanno i rappresentanti delle istituzioni, che governano una società, influenzati dall'elettorato di quelli che hanno in mano l'economia della nazione, che li rende incuranti di aumentare il benessere dell'intera società, rispetto al proprio.
Un esempio tra i tanti: la privatizzazione dell'assistenza ospedaliera, che mette le classi disagiate nella condizione di non poterne usufruire.
E uno scenario deprimente, a tal proposito, ce lo fornisce lo psicologo e scrittore Paolo Barnard:
“Risanamento dei conti = la corsa degli Stati a tagliare tutto ciò che è assistenza pubblica, settore pubblico e previdenza sociale, con conseguenze catastrofiche per tutti noi, ma… anche e soprattutto col vantaggio per i medesimi capitalisti di poter poi comprare a prezzi stracciati ogni sorta di impresa pubblica, servizio pubblico, bene pubblico. Avete compreso bene: la privatizzazione selvaggia.”
Si attribuisce a John Fitzgerald Kennedy, la frase:
"La parola crisi, scritta in cinese, è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l’altro rappresenta l’opportunità."
E lui, ovviamente, appartenendo a una delle più facoltose famiglie degli Stati Uniti, la positività che vedeva in una crisi, era rappresentata dall'opportunità, ovvero la possibilità concessa, a chi se la può permettere, di poter fare le giuste scelte a suo favore, a discapito del benessere al quale avrebbe diritto l'intera popolazione facente parte di una democrazia, che è un termine più che abusato per descrivere la reale oligarchia composta dalla classe finanziaria ed economica, in primis, e da quella politica che a essa si adegua, anche grazie ai tanti esponenti della prima, che per il loro prestigio, riescono a farsi eleggere per partecipare e condizionare la seconda.
Tanto per dire che la parola crisi, è vista solo e semplicemente come un pericolo dall'operaio, dall'impiegato e da chi vive con mezzi di sostentamento limitati, se non del tutto disagiati.
Purtroppo ci troviamo a vivere in una società capitalista, che non ha per scopo solo la soddisfazione dei beni strettamente necessari all'esistenza, includendovi al giorno d'oggi, anche quelli rappresentati dalla cultura e da qualsiasi arte, ma che è improntata a una continua crescita che, se si ferma anche per poco, produce una crisi che sconvolge un'economia di mercato, che anche nei momenti più favorevoli, è sempre in equilibrio sul filo di un rasoio.
Una falsa economia messa in risalto da un'altra frase del già citato Federico Rampini:
"Di fronte al rischio di una crisi della crescita, il capitalismo ha operato una riconversione: si è messo a produrre bisogni ancora prima di produrre beni."
Ci pensa poi la pubblicità a convincere i più influenzabili, che tanti beni del tutto superflui, diventano assolutamente necessari, con tutta la goduria che producono a chi antepone l'apparire all'essere.
Proveniamo da crisi economiche, viste come sconvolgenti nel passato, che oggi quasi rimpiangiamo, per una crisi aumentata dal cambiamento climatico, con la perdita di biodiversità, con l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, dell'ambiente e del sottosuolo. Con tutti i nodi che il clima odierno ha fatto arrivare al pettine, per i disastri prodotti da deforestazioni selvagge, dovute anche a incendi dolosi, che hanno prodotto frane e smottamenti, sommergendo centri abitati e vie di comunicazione, per la canalizzazione irresponsabile di fiumi e la cementificazione selvaggia, che stanno producendo esondazioni di torrenti e fiumi, che si risolvono in continui allagamenti. Una situazione che si avvicina sempre di più a un punto di non ritorno, se non si fa più in tempo a cambiare strada.
E, per finire, visto il quadro deprimente presentato, per consolarci e mettere d'accordo il pranzo con la cena, non ci resta che andare a comprarci un cefalo, sperando di trovarlo a buon mercato.
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