Chi te ne fa una te ne fa ciento

Non bisogna avere più fiducia di chi ti ha fatto una cattiva azione.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Ci mette in guardia, il proverbio, verso chi si è comportato verso di noi da mascalzone perché, come anche è usato dire, il lupo perde il pelo, ma non il vizio, e sperare il il figuro si ravveda e conseguentemente si comporti, sarebbe un desiderio vano e illusorio.
Come leggiamo in un'allocuzione della scrittrice canadese Alice Ann Munro:
"Non sottovalutare mai la cattiveria d’animo delle persone, anche quando sono gentili… soprattutto quando sono gentili."
Perché la gentilezza del malvagio, del tutto assente nel carattere che ha, è mostrata solo per raggirare meglio le persone che sono oggetto delle sue losche mire.
Una cattiveria che è ancor più pericolosa quando è travestita da sincerità.
Le persone malvagie caratterizzano purtroppo il mondo in cui viviamo e i loro misfatti sono quelli più riportati alla ribalta delle cronache, al punto che, pur essendo in minoranza, rispetto a quelle probe e oneste, mettono in cattiva luce l'intera società in cui esse vivono, come ad esempio, se fosse in toto un ambiente di mafia, o di camorra.
Le figure rappresentate dai malvagi, sono state spesso protagoniste nella storia, nella letteratura e anche in famosi drammi, come ci ricordano le tragedie shakespeariane dell'Otello e di Macbeth, che tali non sarebbero state senza il malvagio Iago o la Lady omonima.
Così come ” I promessi sposi” di Manzoni non sarebbero stati tali senza la cattiveria di don Rodrigo o quella dell'innominato prima del suo ravvedimento, né il libro Cuore del De Amicis sarebbe stato così emozionante senza la presenza del cattivo Franti, mentre le favole di Biancaneve e Cenerentola avrebbero perso il senso della trama, senza le malvagie matrigne che hanno concorso, con le loro azioni, all'emozione dei lettori.
Ma fin che sono storie o drammi, il cui epilogo spesso è il lieto fine della bontà che prevale sulla cattiveria, nella realtà del nostro vivere, la malvagità non solo prospera, ma chi la esercita è spesso premiato e ossequiato dalla società, anche se più per timore che per stima, come leggiamo su certi resoconti che riguardano un certo tipo di "padrino", o di guappo di quartiere.
E una certa realtà che è propria della nostra società, la leggiamo in un'allocuzione di Bertrand Russell:
"Nella parte di questo universo che noi conosciamo, c’è grande ingiustizia e spesso il buono soffre e spesso il cattivo prospera e si fa fatica a dire quale delle due realtà sia più irritante"
Un personaggio, il Russel, al quale ritengo che sia stata del tutto sconosciuta la realtà nostrana sopra accennata, che magari avrebbe trovato ancora più insopportabile, se gli fosse stata resa nota, perché è difficile, per una persona onesta che, come si usa dire, non farebbe nemmeno del male a una mosca, vivere in un ambiente nel quale la malvagità è consuetudine, nella costrizione del non vedere, non sentire e non parlare, per riuscire almeno a passare inosservata e tenere a bada, per quanto miseramente le riesce, i delinquenti che le vivono intorno, arrivando spesso ad apparire come un individuo complice per l'omertà a cui è costretto ad adeguarsi.
Riguardo al tema presentato dal proverbio, quindi, vi è la contrapposizione di come a una persona retta e mansueta, riesca difficile riuscire a guardarsi da un farabutto, se se lo ritrova in famiglia, o nell'ambiente, né le riesce di controbatterlo diventando a sua volta almeno un farabutto e mezzo, anche se qualche volta le angherie subite, riescono a incattivire oltre misura le persone più miti e remissive.
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