Oggi - 15 settembre 2024 - XXIV domenica del tempo ordinario, Pasqua settimanale che ha la precedenza sulle altre celebrazioni, la Chiesa ricorda la Beata Vergine Maria Addolorata. L’odierna ricorrenza celebra la Santa Vergine con uno dei titoli con i quali è più venerata, che ben rileva la partecipazione di Maria alle sofferenze del Figlio, in relazione ad alcuni importanti episodi della vita di Gesù, che, come narrato nei Vangeli, sono tradizionalmente fissati nel numero di sette, culminanti nella “Via Crucis”, passione e morte (cui seguirà la Risurrezione). Il primo di questi dolori è individuato nella profezia del venerando vecchio Simeone (I secolo a.C.), espressale durante la presentazione di Gesù al Tempio. Qui Simeone, dopo aver riconosciuto in Gesù la “Luce per illuminare le genti” (Lc 2, 32), annunzia a Maria la grande prova cui è chiamato il Messia, e le svela la sua partecipazione a tale destino doloroso. Il riferimento al sacrificio redentore, assente nell'Annunciazione, ha fatto vedere nell'oracolo del venerando anziano quasi un “secondo annunzio”, che porterà la Vergine a una più profonda comprensione del mistero di suo Figlio. Simeone che, fino a quel momento, si era rivolto a tutti i presenti, benedicendo in particolare Giuseppe e Maria, ora predice soltanto alla Vergine che avrà parte alla sorte del Figlio. Ispirato dallo Spirito Santo, le annuncia: “… Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione e anche a te una spada trafiggerà l'anima perché siano svelati i pensieri di molti …” (Lc 2, 34-35). Queste parole predicono innanzitutto la futura sofferenza del Messia, “Segno di contraddizione”, destinato a trovare una dura opposizione da parte dei suoi contemporanei, ma Simeone affianca alla sofferenza di Cristo la visione dell'anima di Maria trafitta dalla spada, accomunando, in tal modo, la Madre al doloroso destino del Figlio. Così il vegliardo, mentre pone in luce la crescente ostilità cui va incontro Gesù, rileva sulla dolorosa ripercussione di essa sull’anima della Madre. Dolore materno che, come evidenzia l’evangelista Luca, raggiungerà il culmine nella passione, quando lei si unirà al Figlio nel sacrificio redentore (Cf. Lc. 2). Il secondo dolore è dato dalla fuga in Egitto, un episodio dell'infanzia di Gesù riportato solo dal Vangelo secondo Matteo (Mt 2, 13-23), in cui Giuseppe, Maria e Gesù bambino fuggono in Egitto dopo la visita ricevuta dai Magi, per salvare il figlio di Dio, avendo appreso che il re Erode intendeva far uccidere tutti i bambini della zona sotto i due anni d’età (“Strage degli innocenti”). Il terzo è l’allontanamento di Gesù dalla famiglia per tre giorni, avvenuto sulla strada del ritorno dal pellegrinaggio rituale a Gerusalemme per la Pasqua ebraica, fino al suo ritrovamento nel Tempio della stessa città. Questo episodio, chiamato anche “Gesù tra i Dottori”, è narrato nel Vangelo secondo Luca (Lc 2, 41-50) e rappresenta l'unica vicenda descritta dai vangeli circa l’infanzia del Signore. Gesù dodicenne s’intrattiene nel Tempio di Gerusalemme con i dottori della Legge, all'insaputa dei genitori che - preoccupatissimi - lo ritrovano solo dopo tre giorni di affannose ricerche. Il quarto è Gesù che porta la croce al Calvario (“Salita al Calvario”), un episodio della Passione del Signore narrato in tutti i Vangeli canonici (Matteo 27, 31-34; Marco 15, 20-23; Luca 23, 26-33 e Giovanni 19, 17-18). Dopo la sentenza di condanna, Cristo, deriso e sanguinante, è spogliato del mantello di porpora che gli era stato posto sulle spalle per scherno, rivestito con i suoi panni e, caricato della croce, obbligato a salire fino al luogo dell’esecuzione sul monte Calvario. Il quinto è la crocifissione e la morte di Gesù sulla croce, alla quale sua madre assistette, dall’inizio alla fine, straziandosi il cuore. Al riguardo, dice il Vangelo secondo Giovanni: “… Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre. Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: ‘Donna, ecco tuo figlio!’ Poi disse al discepolo: ‘Ecco tua madre!’. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa …” (Gv 19, 25-27). Il sesto è la deposizione di Gesù, l'episodio che segue la sua morte. Dopo il trapasso, il Signore è deposto dalla croce e sua madre Maria accoglie il corpo fra le braccia prima della sepoltura. Nel Vangelo secondo Marco, l'episodio avviene di sera, nella Parascève (“Preparazione”, la vigilia del sabato). Giuseppe di Arimatea, di cui si dice che era membro autorevole del Sinedrio e che attendeva il regno di Dio, si recò da Pilato a chiedere il corpo di Gesù. Pilato, sorpreso che Gesù fosse già morto, chiese conferma del decesso a un centurione e, solo dopo avere ricevuto l’assicurazione, concesse il corpo a Giuseppe. Questi, dopo aver acquistato un lenzuolo per avvolgerlo, depose il corpo dalla croce (Mc 15, 42-47). Il settimo e ultimo dolore è la deposizione nel sepolcro, quando Maria partecipa alla sepoltura del Figlio nel sepolcro da cui, tre giorni dopo, risorgerà. Il Vangelo secondo Luca presenta ancora Giuseppe di Arimatea, persona buona e giusta, il quale non aveva condiviso la decisione dei suoi colleghi del Sinedrio circa la condanna del Signore. Giuseppe depone il corpo di Gesù dalla croce, lo avvolge in un lenzuolo e lo depone in una tomba scavata nella roccia “nella quale nessuno era stato ancora deposto”, durante il giorno della Parasceve, “quando già splendono le luci del sabato”. A osservare la deposizione del corpo nella tomba, vi sono “le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea”, le quali tornano indietro a preparare i profumi e gli unguenti per il corpo, ma osservano il riposo del sabato (Lc 23, 50-56). La devozione alla Vergine Addolorata si sviluppa dalla fine dell’XI secolo, con un primo cenno a celebrazioni dei suoi cinque gaudi e dei suoi cinque dolori, simboleggiati da cinque spade che le trafiggono il cuore, anticipatrici della celebrazione liturgica istituita più tardi. Quando un ignoto scrisse il “Liber de passione Christi et dolore et planctu Matris eius”, iniziò una letteratura dedicata al dolore di Maria con le composizioni sul tema del Pianto della stessa. Poi nel XII secolo, anche a seguito di apparizioni della Madonna, si ebbe un incremento di questo culto e la composizione dello “Stabat Mater” attribuito a Jacopone da Todi, autore anche di Laudi in lingua volgare. Tuttavia, alla storia di questa devozione si può dare un inizio preciso, il 15 agosto 1233. Si trovavano a Firenze sette giovani fiorentini di buona famiglia, amici tra loro e iscritti all'Arte dei Mercanti e poeti-attori della compagnia dei Laudesi, soliti esprimere il loro amore a Maria con laudi che recitavano e cantavano davanti a un’immagine dipinta sulla parete di una via del centro, come i giovanotti facevano con la donna amata. Questi, un giorno videro improvvisamente l’immagine animarsi e apparire addolorata e vestita a lutto per l’odio fratricida che divideva il capoluogo toscano in quei tempi. Subito gettarono armi e ricchezze, indossarono un abito a lutto e istituirono - nella data anzidetta - la cosiddetta “Compagnia di Maria Addolorata”, detta dei “Serviti” e si ritirarono in penitenza e preghiera sul Monte Sanario, non lontano dal centro abitato. I sette si chiamavano: Bonfiglio Monadi, Bonagiunta Manetti, Manetto dell'Antella, Amadio degli Amidi, Ugo degli Uguccioni, Sostegno dei Sostegni e Alessio dei Falconieri. La tradizione vuole che alla loro morte i concittadini abbiano visto una fiamma di fuoco salire in alto verso il cielo. Il più noto era Alessio Falconieri che visse quasi 110 anni ed era solito inviare i giovani meritevoli dell’Ordine a studiare all’università della Sorbona a Parigi (Francia). I sette fondatori, scendendo dal monte, passavano dinanzi ad una Cappellina dedicata all’Annunciazione in Contrada Cafaggio. Dal secolo XV in poi, alcune Chiese incominciarono a celebrare nella liturgia la “compassione” di Maria ai piedi della croce. I religiosi Servi di Maria (Serviti), nati da quei primi pii fiorentini, ottennero nel 1667 l’approvazione della celebrazione dei sette Dolori; la festa, sotto il pontificato di Papa Pio VII, entrò a far parte del calendario romano e il Pontefice San Pio X, nel 1913, ne fissò la data al 15 settembre.
Immagine: "Mater Dolorosa", olio su tela dipinto, nel 1650 circa, dal pittore fiorentino Carlo Dolci (1616-1686). L'opera si trova attualmente presso il "National Western Art Museum" di Tokyo (capitale del Giappone).
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