E’ sempre più prudente fare transazione per contanti.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Ci
mette in guardia, il proverbio, nell'accordare fiducia facilmente e
dilazionando o rimandando a posteriori il pagamento di ciò che abbiamo
corrisposto e che ci ricorda, in epoche passate, un cartello affisso in
certi negozi, con su scritto:
"Qui, non si fa credito" , o in una forma un po' più esplicita: "Per colpa di qualcuno, non si fa più credito a nessuno",
che
spesso non era che un pro forma, in un'epoca in cui specialmente gli
esercizi di alimentari attiravano i clienti più modesti, proprio perché
potevano "segnare", rimandando il pagamento a fine mese, in
corresponsione di stipendi e di salari ricevuti da chi provvedeva al
sostentamento famigliare.
Un
monito che resta sempre valido nell'esortare a ponderare in modo
accorto se è il caso di accordare fiducia a un certo prossimo,
fornendogli dei beni, o altre prestazioni, per evitare le cosiddette
promesse di pagamento "a babbo morto".
Un'espressione
che, come leggiamo nell'Accademia della Crusca, trae origine da una
particolare forma di prestito praticata anticamente dagli usurai nei
confronti di giovani che, trovandosi in disastrose condizioni
economiche, avrebbero restituito la somma di denaro ricevuta solamente
dopo la morte del padre, cioè dopo la riscossione dell’eredità
familiare. Si sottintende quindi che il debito in questione venga
saldato in tempi molto lunghi. Proprio per questo motivo, il significato
si è esteso scherzosamente a indicare, come si afferma nel GRADIT,
"acquisti e simili con lunghe e improbabili dilazioni di pagamento", o,
addirittura più ironicamente, come si legge sul Dizionario dei modi di
dire della lingua italiana di Lapucci, "dare un prestito a fondo
perduto". Attualmente, nel linguaggio, ci si riferisce a qualsiasi
pagamento, conto o debito che preveda attese molto lunghe per la
riscossione, la quale potrebbe anche non avvenire mai.
L'adagio
presentato mette in guardia verso una figura che può essere
rappresentata da un cattivo pagatore o da un ingrato, da una parte,
quindi, una persona che in romanesco è definita “Tre pigne e una
tenaglia” , un'espressione che compare in una poesia del Belli, e che,
col tempo e in assonanza con tenaglia, è stata modificata in "Tre pinze e
'na tenaja", nell'indicare una persona definita anche avara, oppure
tirchia,
Mentre la
seconda figura è rappresentata da qualcuno che avendo ricevuto un aiuto o
dei favori, non li ricambia, non solo sdebitandosi, ma senza mostrare
un minimo di riconoscimento, come se gli fosse dovuto quello che ha
ricevuto.
Come in proposito, leggiamo in un'allocuzione dello scrittore e storico francese. Charles Pinot Duclos:
"L’ingratitudine domanda senza pensare, riceve senza pudore e dimentica senza rimorsi."
Perché
l'ingrato, che già manca di pudore quando chiede e che dà per scontato
il non ricambiare quello che riceve, è un accumulatore seriale di debiti
morali e materiali, al quale al massimo si può dire che ora è, se la
chiede, ma guardandosi dal soddisfare altre richieste,
L'ingratitudine,
ovvero il comportamento che misconosce o rinnega la sostanza umana e
morale del beneficio ricevuto, è così diffusa che chi si attiene alla
prudenza nel concedere sia aiuti che favori, si uniforma al detto
formulato dallo scrittore, giornalista e aforista Ambrose Bierce:
"Aiutare. Aumentare il numero degli ingrati."
Che non si mostra come una collezione piacevole da aumentare.
Riguardo
all'eterno debitore, da evitare accuratamente in qualsiasi transazione
commerciale, leggiamo un'allocuzione abbastanza comica, attribuita a un
anonimo:
"Se hai cento
euro di debiti, sei un poveraccio; se hai diecimila euro di debiti sei
un commerciante; se hai un milione di debiti sei un genio della finanza;
ma più di un miliardo di debiti può permetterselo soltanto lo Stato."
Con
una versione che un po' la richiama e letta tra le "Note azzurre" dello
scrittore, diplomatico, archeologo e nobile italiano, tra i più
importanti esponenti della scapigliatura milanese, Carlo Dossi:
"S'ha
vergogna di un debito di poche lire, si ha quasi orgoglio di uno di
molte. Solletica la propria vanità il poter dire “sono pieno di debiti” e
si rialza superbamente la testa, invidiati perfino dai nostri
creditori."
Deduzioni
sull'indebitarsi, che potrebbero essere viste come un incoraggiamento a
farlo il più possibile, per essere stimati nel proprio ambiente.
E
tanto per continuare a scherzarci sopra, a fronte del cattivo debitore,
si pone il creditore, che rischia di incorrere in una vera e propria
crisi mistica, secondo quello che si usa dire in merito, riguardo al
fatto che si arriva a pregare affinché il debitore goda sempre di buona
salute, per poter pagare i debiti e non solo poi, perché tra i benefici
di chi si pone come creditore, ci sarebbe quello più efficace di un
medicinale, che permette di riuscire ad aumentare la memoria a
dismisura, per ricordare scadenze e debitori.
Benefici
tra i quali forse c'è poco quello di riuscire a dormire lietamente, per
le notti insonni trascorse a pensare ai crediti insoluti.
Uno
dei migliori insegnamenti a non concedere crediti, ce lo forniscono le
banche, che mutui e prestiti li forniscono a chi i soldi già ce li ha e
non a chi ne è sprovvisto e ne ha bisogno, una forma più che usuale di
amministrazione, nella nostra società, letteralmente svergognata da
Muhammad Yunus, economista e banchiere bengalese, primo ministro del
Bangladesh dall’8 agosto 2024, che si rese conto che tramite minuscoli
prestiti e servizi finanziari, poteva aiutare le persone indigenti a
liberarsi dalla povertà. Per cui, nel 1983 istituì la Grameen Bank (la
Banca del Villaggio), fondata sulla sua convinzione che il credito fosse
un diritto umano fondamentale, con la prima banca al mondo ad
effettuare prestiti ai più poveri tra i poveri, basandosi non sulla
solvibilità, bensì sulla fiducia, erogando da allora più di 5 miliardi
di dollari ad oltre 5 milioni di richiedenti.
Una figura, quella presentata, che sfata il proverbio che è a seguire:
"Chi dà a credito spaccia assai, perde l'amico e denari non ha mai."
Ma
anche il proverbio preso in esame ha sempre il suo valore e, rispetto
allo scenario presentato dal banchiere bengalese Muhammad Yunus, che ci
dimostra che se si presta del denaro a delle persone umili e bisognose, è
molto più facile riscuoterlo, rispetto a quelle che indigenti non sono e
magari i quattrini gli escono da parti che è preferibile non
menzionare, il proverbio proprio a tali figuri si riferisce,
rappresentando il totale di tutti i guai e le sofferenze provate da
ingenui e faciloni, che hanno concesso facilmente i crediti alle persone
sbagliate.
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