Oggi
- 6 agosto 2024 - martedì della XVIII settimana del Tempo Ordinario, la
Chiesa celebra la festa della Trasfigurazione del Signore. Col termine
“Trasfigurazione”, s’intende il prodigioso fenomeno, narrato dalla
Bibbia, caratterizzato dal repentino cambiamento d’aspetto di Gesù -
divenuto meravigliosamente sfolgorante, splendente nel corpo e
candidissimo nelle vesti -
col quale egli si mostrò ai suoi più intimi apostoli: Pietro, Giacomo
il Maggiore e Giovanni, con i quali era salito sul Monte Tabor in
Galilea (oggi nell’omonima regione di Israele). Ai tre,
contemporaneamente al fenomeno, apparvero i patriarchi Mosè ed Elia, che
conversarono con Gesù fino all’udirsi una voce dal cielo proveniente da
una nube, quella di Dio, che dichiarò la natura divina del Figlio.
Secondo i Vangeli sinottici, questa manifestazione avvenne dopo la
cosiddetta “Confessione” o “Professione di fede” di San Pietro, con cui
il “Principe degli apostoli” affermò che “Gesù è il Cristo, cioè il
Messia ebraico” (Mt 16, 13-20; Mc 8, 27-30 e Lc 9, 18-21). Con tale
prodigio, il Signore manifestò loro la propria gloria di Figlio di Dio,
mostrando la condizione che avrebbe assunto il suo corpo dopo la
Risurrezione. La Trasfigurazione, quindi, ci offre un anticipo della
venuta gloriosa di Cristo, quando anche i corpi mortali d’ogni uomo
giusto saranno trasformati allo stesso modo … anzi, per l’appunto
“trasfigurati”, come spiega San Paolo apostolo nella sua Lettera ai
Filippesi: “… il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per
conformarlo al suo corpo glorioso …” (Fil 3, 21). San Luca evangelista,
tuttavia, nei suoi Atti degli Apostoli ci ricorda che: “… è necessario
attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio …” (At 14,
22). L’odierna festa, dunque, commemora questo episodio della vita di
Gesù, descritto in tutti e tre i vangeli sinottici, di Matteo (Mt 17,
1-8), Marco (Mc 9, 2-8) e Luca (Lc 9, 28-36). Essa, celebrata anche
dalla Chiesa ortodossa e da altre confessioni cristiane, era già comune
alle Chiese d’Oriente nel V secolo. Alla fine dello stesso secolo era
celebrata anche dalla Chiesa Assira d'Oriente, nota anche come Chiesa
Nestoriana [da San Nestorio (381-451)]; mentre nel VII secolo è
documentata nella Siria occidentale. In Occidente le prime testimonianze
della festa risalgono alla metà del IX secolo, finché se ne hanno
attestazioni nei secoli XI e XII a Roma, nella Basilica Vaticana. Papa
Callisto III, nel 1457, la inserì nel Calendario Romano come
ringraziamento per la vittoria ottenuta dalla coalizione cristiana sui
Turchi a Belgrado il 6 agosto 1456. Nell’episodio, lo splendore di
Cristo trasfigurato richiama la sua trascendenza, la presenza di Mosè ed
Elia simboleggia la Legge e i Profeti che hanno annunciato sia la
venuta del Messia sia la sua passione e glorificazione, mentre la nube
si riferisce a manifestazioni di Dio già documentate nell'Antico
Testamento. Lo sfolgorante candore delle sue vesti bianche, invece, può
essere interpretato come quello della Sua Santa Chiesa, che, nonostante i
peccati degli uomini, è sempre pura e candida. L’evento avviene su un
monte (il Tabor) e questo è un dato importante, poiché nella tradizione
biblica i monti sono per eccellenza i luoghi della rivelazione di Dio.
Il ricordo dell’incredibile esperienza segnò profondamente la vita dei
tre apostoli e la riprova è data dal fatto che Pietro, nella sua seconda
lettera indirizzata ai primi cristiani per confortarli e sostenerli
nella persecuzione che si era scatenata contro di loro, ricorda
l’episodio con queste parole: “… Siamo stati testimoni oculari della sua
grandezza. Egli ricevette, infatti, onore e gloria da Dio Padre quando
dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: ‘Questi è il Figlio
mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto’ ...”. Poi precisa: “…
Questa (la voce) noi l’abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo
con lui sul santo monte …” (Cf. 2 Pt 1, 16-19). La Trasfigurazione,
dunque, rivela agli apostoli Cristo come non lo conoscevano nella vita
di tutti i giorni. Gesù stava davanti a loro come il Figlio di Dio, al
quale bisogna prestare fede assoluta e obbedienza. Durante il prodigioso
accadimento, il volto di Gesù divenne “altro”, “diverso”: pur essendo
lo stesso di prima, in realtà era diverso e in esso traspariva “qualcosa
d’insolito”, mentre anche le sue vesti si trasformarono, diventando
“candide come la luce”. Il volto e le vesti di Cristo rivelano
l’invisibile splendore e la bellezza di Dio. Gesù appare nella sua
gloria di Figlio di Dio, così i suoi tre discepoli possono cominciare a
intuire ciò che egli intende quando parla della sua Resurrezione. I
discepoli, durante l’episodio, sono sopraffatti dalla gioia e, per bocca
di Pietro, dicono: “… Signore, è bello per noi restare qui! …” (Cf. 2
Pt 1, 16-19). Si tratta di una reazione che tutti abbiamo sperimentato
quando ci siamo trovati a vivere un momento di consolazione o di unione
profonda con il Signore. La Trasfigurazione, dunque, è un anticipo di
paradiso dove contempleremo Cristo non per un momento, ma per
un’eternità senza fine. La condizione per conseguire il traguardo della
vita c’è posta da Dio stesso: quella di ascoltare Gesù: “… Questi è il
Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo! …” (Cf. 2 Pt 1, 16-19). Ascoltarlo
significa fare abitare il Signore in noi, divenire sua dimora, lasciarsi
guidare da Lui. La vita è un cammino non sempre facile verso il Cielo,
ma il pensiero di ciò che ci attende in Paradiso ci aiuterà a essere
forti e perseveranti.
Immagine: "La Trasfigurazione", detto anche "Trasfigurazione del Signore (o di Gesù)", olio su tela realizzato, tra il 1516 ed il 1520 circa, dal pittore marchigiano Raffaello Sanzio da Urbino, detto Raffaello (1483-1520). L'opera si trova presso la Pinacoteca dei Musei Vaticani di Roma.
Roberto Moggi
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Immagine: "La Trasfigurazione", detto anche "Trasfigurazione del Signore (o di Gesù)", olio su tela realizzato, tra il 1516 ed il 1520 circa, dal pittore marchigiano Raffaello Sanzio da Urbino, detto Raffaello (1483-1520). L'opera si trova presso la Pinacoteca dei Musei Vaticani di Roma.
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