Senza denare ’o meglio ommo se vede perzo.
Senza soldi anche l’uomo migliore si vede perduto.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
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Un
altro proverbio, in cui il soggetto principale è rappresentato dal
denaro e come il non averne possa dare la sensazione di un vero e
proprio smarrimento, per l'importanza che riveste, come mezzo principale
di sostentamento, specialmente in una società come la nostra, basata sul capitalismo e sui consumi.
Una
sensazione provata specialmente da chi dà più importanza ai beni
materiali, piuttosto che a quelli intellettuali e anche spirituali, che
rappresentano un insieme di virtù inalienabili e suscettibili di
crescita, nel tempo, rispetto a qualsiasi possedimento che può essere
mantenuto, o dissipato da una gestione poco accorta, con tutta
l'accortezza che richiede, per non renderlo soggetto a sottrazioni di
malintenzionati, o a ruberie di malviventi.
Quanti rammentano quello che si usa dire sulla morte e sulla sua camicia senza tasche?
Ho
potuto vedere con i miei occhi gente impegnata ad accumulare fino
all'ultimo respiro, come se fosse immortale, che non si è minimamente
curata di prepararsi nel modo più adeguato a quel traguardo che ci
aspetta tutti e che non fa che dimostrarci che la più grande ricchezza
che siamo riusciti a fare nostra, non è che un bene ricevuto in prestito
e che dobbiamo restituire, anche se c'è chi si consola con gli eredi,
contribuendo a coinvolgere i posteri nell'abitudine di attaccamento ai
beni e di avidità.
Un bene, quello rappresentato dal denaro, che ha favorito ogni sorta di proverbi, che esaminiamo nella rassegna curata da Gianni Polverino:
A ssignure maje salute, a ppezziente maje denare
ovvero
se il povero soffre per mancanza di denaro, al ricco spesso manca la
salute, come se l'agiatezza facesse diventare delicati e la povertà
rendesse più robusto chi vi versa.
Mentre il detto a seguire ci mostra come i soldi facilitano la vita:
Cu ’e denare s’arapeno tutt’ ’e pporte.
Come scrisse al riguardo William Shakespear:
"Se
il denaro scorre veloce, tutte le porte si aprono, perché se lo si
possiede, non si ha bisogno né di stima e né d'ingegno, per ottenere ciò
che si desidera, dai beni materiali, ai favori e alle amicizie, che
così figurano, pur non essendolo."
Col proverbio che di seguito è elencato, che equipara il valore dei quattrini a quello delle donne:
Femmene e ddenare songo ’e ccose cchiú ccare.
Donne e denari sono le cose più care.
Un
proverbiuccio piuttosto maschilista, che si rifà a tempi in cui era
l'uomo che poteva e disponeva e la donna era quasi vista come un bene,
di cui ci si poteva appropriare, al pari del denaro, con una brama di
possesso che poteva rovinare l'esistenza.
Come
al riguardo diceva un certo Edouard Bourdet, che denaro e donne, per
poterli conservare, bisogna occuparsene, altrimenti renderanno felice
qualcun altro, almeno per chi riteneva e magari ancora è dello stesso
avviso, che le donne e il denaro siano fonti di felicità e tale concetto
è rincarato dal proverbio che è a seguire:
"Chi tene danare campa felice, chi nun ne tene magna alice!"
Che va a braccetto con::
Chi tène denare campa felice, e cchi nun ’e ttène va ’nculo a ll’amice.
Detti
che presentano gli estremi tra chi il possesso del denaro fa felice e
chi non è per nulla lieto a non disporne, con il misero cibo che può
permettersi e la perenne ricerca dell'amico che gli elargisca il denaro
di cui ha bisogno.
Uno
scenario nel quale, la mancanza di denaro dà luogo al sortilegio di far
sparire molte figure che erano presupposte come amici, ma che si trovano
solo nella cerchia di persone agiate e si guardano bene dal frequentare
le persone poco abbienti.
Ad
onta di chi tanto pontifica che il denaro non è fonte di felicità,
mentre al povero piacerebbe tanto piangere con le tasche piene, secondo
gli studiosi, il denaro dà, a chi lo possiede, un senso di controllo
sulla propria vita, che è una delle sensazioni che più di tutte
influiscono sulla percezione della felicità, con l'eccezione
rappresentata da chi è già infelice di per sé, non prestandosi il denaro
ad essere un farmaco antidepressivo.
Di
contro a quanto sopra, che il denaro non procuri la felicità, ce lo
dimostrano le statistiche sui suicidi che avvengono nei quartieri alti,
molto più numerosi di quelli dei quartieri popolari, un fenomeno che può
farci ipotizzare che la povertà sia un ottimo deterrente per distrarre
da propositi suicidi.
Come il desiderio del denaro possa facilmente essere fonte di malvagità, ce lo ricorda il detto:
Giuda pe trenta denare se vennètte a Ggesù.
Che
rammenta la malefica potenza che il denaro ha su chi vive senza una
morale, inducendolo a compiere le peggiori nefandezze e quindi i
mascalzoni, che alla minima occasione, per il vil danaro, pugnalano alle
spalle specialmente chi verso di loro è fiducioso.
Tanti sono i proverbi e gli aforismi sul denaro, che un altro si offre per essere elencato, recitando:
’E denare senza stiento se ne vanno comme ’o viento.
Riguardo
ai quattrini che, più che faticosamente guadagnati, sono ottenuti
facilmente, o in modo disonesto, e che riportano alla nota locuzione:
La farina del diavolo finisce tutta in crusca.
E
continuiamo poi, in opposto al concetto del valsente come fonte di
felicità, a uno scenario costituito dai dissidi che può procurare, come
recita il proverbio che è a seguire:
Chi parla ’e denare parla d’appícceche.
Perché quando vi sono denari ed interessi in ballo, è quasi inevitabile che ci siano anche liti e discussioni.
Uno
dei fenomeni che contribuiscono di più a farci capire con chi abbiamo a
che fare, e che è rappresentato dalle discussioni fatte sorgere da
motivi d'interesse.
Conflitti
che se sono dati per scontati in una transazione con una controparte,
rappresentata da persone estranee, diventano sofferti in ambito amicale
e, ancor peggio, in quello parentale.
Troppe
se ne dicono, sul bene che la moneta rappresenta e c'è da fare notte a
elencarle tutte, così che terminiamo con un concetto sul denaro più che
conosciuto:
Non c'è
peggior padrone del denaro, se se ne diventa schiavi, rispetto al
miglior servitore che dovrebbe essere, se saputo usare in modo accorto,
tanto più che è sempre attuale il detto sui soldi dell'avaro, che a
goderseli è lo sciampagnone, per tutta l'accortezza che del bene
richiede la gestione.
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