Sant’Eusebio di Vercelli

Oggi - 2 agosto 2024 - venerdì della XVII settimana del Tempo Ordinario, la Chiesa celebra la memoria facoltativa di Sant’Eusebio, comunemente indicato con la specificazione “di Vercelli” (e talvolta, soprattutto in Sardegna, “di Cagliari”), vescovo. Eusebius (Eusebio), questo il suo nome in latino, secondo la più accreditata tradizione nacque in una località non meglio identificata della Sardegna, forse Cagliari, probabilmente verso il 283 e comunque tra la fine del III secolo e l’inizio del IV. Ancora in tenera età si trasferì a Roma con la famiglia, della quale non si hanno informazioni e che si suppone fosse benestante. Era presumibilmente già di religione cristiana o, comunque, vi si convertì presto nella stessa Urbe, frequentandone la locale comunità. Infatti, sotto il pontificato di Papa Giulio I (dal 337 al 352), futuro santo, fu istituito lettore, fornendo prova di grande fede nell’espletamento di questo compito, in un tempo in cui la Chiesa era gravemente provata dall’Eresia Ariana. Probabilmente conobbe, sempre a Roma, l'esule Atanasio detto “il Grande”, vescovo di Alessandria d'Egitto (296-373), che sarebbe anch’esso divenuto santo, rifugiatosi a Roma dal 339 al 342, in seguito alle violente persecuzioni scatenate nella sua città dagli ariani, protetti dall'Imperatore d'Oriente Costanzo II (dal 337 al 361). Dalla viva voce del vescovo africano, poté apprendere la storia e la norma di vita dei monaci che risiedevano nella regione desertica della Tebaide (Egitto), dalla quale rimase profondamente colpito. Nella primavera del 342, su incarico del medesimo Pontefice, che aveva di lui una grande stima, unitamente ad altri legati del Papa si recò prima a Milano (oggi capoluogo della regione Lombardia) e poi a Vercelli (oggi capoluogo di provincia della regione Piemonte), dove, con il vescovo della città lombarda Protasio o Protaso (documentato nel 342 e nel 343/344), pure futuro santo, proposero all’Imperatore d'Occidente Costante (dal 337 al 350) la creazione di una diocesi a Vercelli. A quei tempi, invero, nella zona occidentale dell’Italia settentrionale a ridosso della Alpi, identificabile più o meno con l’odierna regione del Piemonte, dove sorge Vercelli, esistevano solo isolate comunità cristiane, che vivevano in mezzo alla popolazione pagana delle campagne e dei monti, spesso ostile. Per soccorrere e coordinare quei centri di credenti, nonché per convertire al Vangelo tutta la vasta regione, si pensò appunto alla costituzione d’una nuova diocesi nella predetta città. Ottenuta l’autorizzazione imperiale e indette le elezioni per arrivare alla nomina del nuovo vescovo, accadde che, benché forestiero e sconosciuto da tutti, la comunità di Vercelli rimase soggiogata dalla sua ascetica figura, preferendolo ai propri concittadini nell’alta carica, alla quale fu eletto nel 345. Come primo vescovo di quella nuova diocesi, iniziò subito un’intensa opera di evangelizzazione in un territorio ancora in gran parte pagano, specialmente nelle zone rurali. Ispirato da Atanasio, da cui era rimasto affascinato, e dai suoi racconti sui monaci africani, fondò a Vercelli una comunità sacerdotale del tutto simile a una comunità monastica. Questo cenobio diede al clero dell’Italia settentrionale un’indicativa impronta di santità apostolica. La vasta area geografica della sua diocesi era a quei tempi, per il cristianesimo, una regione di frontiera, nella cui evangelizzazione Eusebio si distinse. Un ricordo di quest’attività rimane nella leggenda della statua miracolosa della Madonna, che Eusebio avrebbe collocato in un riparo sotto una roccia nelle valli di Biella (oggi capoluogo di provincia del Piemonte settentrionale), là dove sorse poi il Santuario di Oropa; una tradizione analoga gli attribuisce la fondazione del Santuario della Madonna di Crea nel Monferrato (ora in provincia di Alessandria, Piemonte). Importante fu il suo sforzo nel mantenere unito e ben organizzato il clero della sua diocesi, imponendo ai sacerdoti una vita praticamente monastica, cosa che il futuro Sant’Ambrogio, vescovo di Milano, elogiò. Erano intanto gli anni della grande controversia fra i cattolici, sostenuti dall’Imperatore d’Occidente Costante, e gli ariani, appoggiati dall’imperatore d’Oriente Costanzo II. Nel 350 Costante fu deposto e ucciso e Costanzo II riunì nelle sue mani tutto l’Impero. Eusebio si recò presso l’Imperatore per sostenere la causa cattolica, ma il concilio di Milano, convocato nel 355 su sua stessa richiesta, vide prevalere le tesi ariane, con la condanna di Atanasio di Alessandria, capofila degli ortodossi. Solidamente formato nella fede ortodossa, Eusebio difese con tutte le forze la piena divinità di Gesù Cristo, definito dal Credo di Nicea “della stessa sostanza” del Padre. A tale scopo si alleò con i grandi Padri del IV secolo - soprattutto con lo stesso Atanasio, l’alfiere dell’ortodossia nicena - contro la politica filo ariana dell’Imperatore. Per l’imperatore la più semplice fede ariana appariva politicamente più utile come ideologia dell’Impero. Per lui non contava la verità, ma l’opportunità politica: voleva usare la religione come legame dell’unità dell’Impero. Tuttavia, questi grandi Padri della Chiesa resistettero, difendendo la verità contro la dominazione della politica. Per questo motivo Eusebio fu condannato all’esilio come tanti altri vescovi di Oriente e di Occidente, tra cui il medesimo Atanasio, venendo destinato a Scitopoli nella Palestina romana, dove fu confinato fra il 355 e il 360, periodo durante il quale scrisse una pagina stupenda della sua vita. Anche qui fondò un cenobio con un piccolo gruppo di discepoli, e da qui curò la corrispondenza con i suoi fedeli del Piemonte, come dimostra soprattutto la seconda delle tre Lettere eusebiane riconosciute autentiche. Successivamente, dopo il 360, fu esiliato in Cappadocia e nella Tebaide, dove subì gravi maltrattamenti fisici. Intanto, nel 361, morto l’Imperatore Costanzo II, gli succedette sul trono Giuliano, detto l’Apostata, che non solo non s’interessava affatto al cristianesimo come religione dell’Impero, ma voleva addirittura restaurare ufficialmente il paganesimo di stato. Ciò nonostante, egli mise fine all’esilio di questi Vescovi e consentì così anche a Eusebio di riprendere possesso della sua sede. Nel 362 fu invitato da Atanasio a partecipare al Concilio di Alessandria, in Egitto, che decise di perdonare i Vescovi ariani purché ritornassero allo stato laicale. Eusebio poté esercitare il suo ministero episcopale a Vercelli, dove poté tornare nello stesso 362, ancora per una decina d’anni, fino alla morte, realizzando con la sua città un rapporto esemplare, che non mancò di ispirare il servizio pastorale di altri Vescovi dell’Italia settentrionale, come il grande Ambrogio di Milano e Massimo di Torino, pure lui futuro santo. Proseguì l’opera di evangelizzazione, con la fondazione delle diocesi di Tortona (Piemonte) e di Embrun, nella parte meridionale della Gallia (oggi in Francia al confine con il Piemonte). Morì il 1° agosto del 371 a Vercelli e le sue reliquie sono conservate nei pressi del Duomo cittadino.
Immagine: “Sant’Eusebio di Vercelli“, affresco realizzato attorno all’anno 1000 da ignoto autore di ambito piemontese. L’opera si trova all’interno del Duomo di Vercelli (Piemonte).
Roberto Moggi
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