Oggi
- 17 agosto 2024 - sabato della XIX settimana del tempo ordinario, la
Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, Santa Chiara della Croce, nota
anche con la specificazione “da Montefalco”, vergine (L'Ordine di
Sant'Agostino, del quale fece parte, la celebra col grado liturgico di
festa). Chiara nacque verso il 1268 in località “Castellare” di
Montefalco, all’epoca libero
comune dell’Umbria, situato sopra un’altura che domina la Valle
Spoletana (oggi in provincia di Perugia, regione Umbria). La sua
famiglia d’origine, benestante e profondamente cattolica, era formata
dai coniugi Damiano e Iacopa, e dalla sorella Giovanna, molto più grande
di lei, con la quale aveva un forte legame affettivo e spirituale.
Quest’ultima, desiderosa di donarsi totalmente al Signore, poco dopo il
1260, fondò nel paese un cosiddetto “reclusorio femminile”, intitolato a
San Leonardo (una sorta di convento di clausura non appartenente ad
alcun ordine religioso, dove si viveva in comunione e preghiera, avendo
contatti esclusivamente con le altre donne volontariamente “recluse”).
Le signore e signorine che desideravano ritirarsi lì, infatti, dovevano
vivere, come nella clausura ecclesiale, una vita comunitaria di
preghiera e lavoro, senza appartenere ad alcuna famiglia religiosa e
senza seguire una regola precisa, ma basandosi sul Vangelo e
sull’obbedienza alle direttive della fondatrice che ne era la superiora.
La storia della comunità agostiniana di Montefalco, iniziò proprio con
Giovanna, la quale, come visto, aveva scelto di vivere da povera
penitente, insieme con una compagna di nome Andreola, in una casetta in
aperta campagna (ora trasformata nella chiesa di Sant’Illuminata), che
il padre aveva fatto costruire per loro di fronte all’ospedale dei
poveri. Questa era appunto il “reclusorio”, che rappresentava allora una
forma di vita spirituale assai diffusa. Accesa d’Amore Divino fin dalla
più tenera età, Chiara, nel 1273 o 1274, all’età di soli sei anni
circa, col permesso dei genitori lasciò la propria casa ed entrò
anch’essa nel predetto “reclusorio”, affidandosi alla sorella. Chiara
era una bimba bella, vivace, intelligente, attenta ai bisogni degli
altri, generosa, pronta al lavoro, sempre obbediente e si adattò
benissimo a quella vita di sacrificio. Col tempo, alle tre prime
recluse, si aggiunsero altre quattro giovani. Raggiunto il numero di
sette, il primitivo reclusorio fu troppo piccolo e la comunità decise di
trasferirsi allora sul Colle di Santa Caterina del Bottaccio, non
lontano dalla primitiva casetta, in un edificio più grande ma ancora
incompleto, che assunse il nome di “Santa Croce”. Purtroppo, però, il
nuovo insediamento (che gettava le basi alla costruzione di un vero e
proprio monastero), non fu accolto con simpatia né tantomeno
pacificamente in paese. Questa nuova struttura, infatti, affiancandosi
ad altri tre monasteri più antichi e ben consolidati, uno Francescano,
uno Agostiniano e un altro Benedettino, fu ritenuta dannosa per il
piccolo borgo di Montefalco, perché andava ad aumentare le comunità
religiose che già vivevano di elemosina. Il popolo non era certo ricco e
la sovvenzione di ben quattro monasteri appariva impossibile. Così
l'ostilità diventò vera e propria persecuzione, volta a convincere le
donne a desistere dai loro progetti. Tuttavia, il crescere del numero
delle giovani “recluse” e il loro stile di vita alla sequela di Cristo
in una semplicità assoluta, portò pian piano alcuni cittadini di
Montefalco [nel frattempo passato sotto la Signoria di Todi (Umbria)],
ma soprattutto della vicina Spoleto, ad affezionarsi loro. Questo
graduale cambiamento di mentalità, incoraggiò Giovanna a richiedere alla
competente diocesi di Spoleto una “Regola” di vita e il riconoscimento
ecclesiale dello stato monastico. Il 10 giugno 1290, il nuovo Vescovo di
Spoleto Gerardo Pigolotti (dal 1290 al 1295), concesse alla comunità la
Regola Agostiniana e lei assunse il nome di “Chiara della Croce”. La
concessione della Regola di Sant’Agostino resta un fatto chiaramente
basilare nella storia del Monastero e nella spiritualità agostiniana in
esso vissuta. Questa regola diventò la guida spirituale nel cammino
dell’interiorità, della preghiera comune, del lavoro, della correzione
fraterna e, soprattutto, della carità delle Sorelle. Per questo Chiara
viene giustamente considerata a tutti gli effetti come una religiosa
dell’Ordine di Sant’Agostino. Nel 1291, solo un anno dopo, morì l’amata
sorella Giovanna e Chiara fu eletta Superiora del monastero, diventando
per le sorelle madre e guida spirituale, guidandole e servendole con
gioia ed entusiasmo. Dal 1288 al 1299 Chiara visse una durissima prova
di “aridità spirituale” e lotta interiore. Dopo essersi compiaciuta per
il dono continuo di vedere il Signore, il Cielo parve chiudersi su di
lei per ben undici anni. La sofferenza, tuttavia, le donò una conoscenza
esperienziale non acquisita nello studio, ma dalla vita. Gesù, nella
sua Passione, la invitò poi, a condividere la sua Passione d’amore.
Attraverso la sofferta esperienza, la passione di Chiara divenne
compassione. Durante la terribile prova, lei si percepiva senza Dio,
capace di tutti gli errori, preda di tutte le debolezze, vuota e arida,
ma imparò a conoscere il cuore degli uomini e a essere solidale con
loro. Infine, all’inizio del 1294, nel pieno della terribile crisi,
Cristo sofferente e pellegrino le apparve portando una grande croce e
dicendole: “… Ho cercato un luogo forte per piantare questa croce: qui e
non altrove l’ho trovato ...”. A seguito di questa meravigliosa
esperienza mistica, le cose cambiarono radicalmente e Chiara poté
ripetere più volte, fino alla fine della vita: “… Io ho Gesù Cristo mio
crocefisso dentro il mio cuore …”. Superò la lunghissima prova del
“deserto interiore” con l’esperienza dell’umiltà, rimanendo fedele e
donandosi tutta per le sorelle e per quanti bussavano alle porte del
Monastero, preparandosi così nella contemplazione a un’intensa vita
apostolica. Perdonò sempre e tutto a chi la calunniava per interesse o
per invidia, ricambiando il male con il bene e adoperandosi, sia con la
preghiera sia con interventi diretti, per la pace spesso violata tra
famiglie e in varie città, sia in Umbria sia in Toscana. Illuminata e
istruita dallo Spirito Santo, benché illetterata, visse forti e decisive
esperienze spirituali, bibliche e teologiche. Era ricercata da
moltissime persone d’ogni estrazione sociale e culturale: teologi,
sacerdoti, santi e peccatori. Al riguardo, basta dare un’occhiata al
processo di canonizzazione. Solo Chiara intuì pienamente l’errore del
frate francescano eretico Bentivenga da Gubbio (morto nel 1332), capo
del movimento, asseritamente cristiano, denominato “Spirito della
libertà”, un gruppo pseudo religioso in cui convivevano cultura, mistica
e lussuria, che attiravano folle di contadini e artigiani, monache e
frati. Essa lo smascherò e lo denunciò all’autorità ecclesiastica. Per
arrivare a questo, come spiegano la “Vita di Santa Chiara di
Montefalco”, scritta da Berengario di Sant'Africano (morto nel 1309), e
una delle testimonianze del suo processo di canonizzazione del 1318-19,
essa avrebbe riflettuto sulla visione di uomini nudi che andavano
vagando per la valle di Spoleto, autoflagellandosi. Da essa avrebbe
avuto la prima intuizione sulla malignità della setta che si stava
diffondendo in Umbria. La vita di Chiara è stata uno sguardo su Dio,
senza dimenticare i fratelli e le sorelle, che l’ha fatta camminare e
crescere in umanità e santità in compagnia degli uomini del suo tempo e
di tutti i tempi. Chiara, presa dalla totalità dell’amore, si diede a
tutti senza misura e si mise in cammino per preparare i cuori ad
accogliere il Signore. Il 17 agosto 1308, nel monastero di Santa Croce,
morì lietamente cantando nello stretto dialetto di allora: “… Belgliè,
belgliè, belgliè vita eterna! Non mi si afà Signore, sì gran pagamento!
…”. Le monache, decisero di conservare il suo corpo e il giorno dopo,
ricordando un ritornello cantato spesso da Chiara: “… Io ajo Jesu Cristo
mio crucifisso entro lo core mio …”, le aprirono il cuore, scoprendovi
realmente i “segni” della Passione di Gesù, che ancora oggi, insieme al
suo corpo incorrotto, si venerano nel Santuario Agostiniano a lei
dedicato in Montefalco. Purtroppo, quello che non era avvenuto tra le
religiose di Santa Chiara nei turbinosi momenti della prima ora, quando
il popolino pareva rivoltarsi contro di esse, avvenne poco più di due
secoli dopo. Il 4 luglio del 1492, le monache al loro interno scelsero
di seguire due orientamenti diversi: una parte lasciò la comunità,
adottando la spiritualità francescana e, accogliendo la donazione del
Comune, trasferendosi nell’antico ospizio di San Leonardo accanto al
Monastero di Santa Chiara. Il Monastero, dove alla morte era rimasto il
corpo di Chiara, rifiorì comunque rapidamente. La vita regolare riprese
ed è tuttora in vigore, avendo superato non poche difficoltà e le due
soppressioni ben note: quella francese dell’epoca Napoleonica e quella
del Regno d’Italia.
Immagine: “Cristo pianta la croce nel cuore di Chiara da Montefalco”, affresco a tempera su intonaco murale realizzato, nel XIV secolo, da ignoto autore di ambito umbro. L’opera si trova all’interno del convento delle Eremitane di Sant'Agostino a Montefalco (Perugia).
Roberto Moggi
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Immagine: “Cristo pianta la croce nel cuore di Chiara da Montefalco”, affresco a tempera su intonaco murale realizzato, nel XIV secolo, da ignoto autore di ambito umbro. L’opera si trova all’interno del convento delle Eremitane di Sant'Agostino a Montefalco (Perugia).
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