Santa Chiara d’Assisi

Oggi - 11 agosto 2024 - XIX domenica del Tempo Ordinario, Pasqua settimanale che ha la precedenza sulle altre celebrazioni, la Chiesa ricorda Santa Chiara, comunemente nota con la specificazione “d’Assisi”, vergine. Chiara nacque nel 1193 o 1194 ad Assisi, nel centro della Penisola Italiana appartenente al Sacro Romano Impero, quando era per suo conto governata da un duca tedesco, prima che si ribellasse nel 1198, instaurando un libero comune (oggi in provincia di Perugia, regione Umbria). La sua famiglia d’origine era una delle più nobili e facoltose della città, composta dal padre, conte Favarone di Offreduccio degli Scifi (o degli Offreducci degli Scifi) e dalla pia madre Ortolana Fiumi. Era la primogenita e aveva tre sorelle, Penenda, Caterina e Beatrice. Il genitore morì quando era ancora bambina e la mamma dovette farsi carico di tutto. Fin da piccola imparò da quest’ultima i rudimenti della religione cattolica, a pregare e ad aiutare i poveri. La mamma, donna di grande fede, era anche molto emancipata per quel tempo. Infatti, nonostante gli impegni familiari che non trascurò mai, più volte si mise in viaggio per compiere pellegrinaggi a Roma e in vari santuari e luoghi sacri siti in paesi anche lontani, come Santiago de Compostela, nella regione della Galizia, nel Regno di Castiglia e Léon (oggi Spagna) e Gerusalemme in Terra Santa (oggi Israele). Di lei la tradizione narra che, quand’era prossima a partorire Chiara, pregasse incessantemente il Signore perché salvasse la nascitura dai pericoli del parto, fino a quando una voce dal Cielo la rassicurò dicendole: “… Non temere, darai al mondo una luce che aggiungerà chiarore alla luce stessa …”. Colpita da questa prodigiosa profezia, volle che la bimba appena messa felicemente al mondo si chiamasse proprio Chiara. Attorno al 1199 - 1200, si accese ad Assisi una contesa armata tra la nobiltà (i cui appartenenti erano detti “Maiores”) che deteneva il potere cittadino e la nascente borghesia (i cui rappresentanti erano definiti “Minores”), composta dagli appartenenti a tutte le professioni e mestieri, ormai la parte più numerosa e ricca della società cittadina. Per evitare i gravi rischi derivanti da tale lotta fratricida con spargimento di sangue, Chiara, con la sua nobile famiglia (appartenente ai “Maiores”), dovette rifugiarsi a Perugia fino al 1202 - 1205 circa, prima di potere fare ritorno nella natia Assisi. Durante l’esilio perugino, durato pressappoco tre anni, Chiara strinse legami duraturi di solidarietà e amicizia con diverse sue coetanee del luogo, tanto che - molti anni dopo - tra le prime compagne che la seguiranno sulla via della vita religiosa, ci saranno proprio delle giovani donne dell’aristocrazia perugina, oltre alle sue due sorelle carnali Beatrice e Caterina, alla madre Ortolana e ad altre compagne di Assisi. Dopo l’esilio, infatti, quando Chiara fu tornata nella propria città, rafforzò il desiderio di appartenere esclusivamente a Cristo, desiderando una vita religiosa consacrata in comune. La necessità di affrontare le tante avversità, come la prematura morte del padre, la fuga a Perugia e alcune sopravvenute difficoltà economiche familiari, contribuirono a formare in Chiara un carattere deciso e temprato, che si sarebbe rivelato utilissimo nella vita religiosa nella quale sarebbe entrata più tardi. Questa esigenza spirituale divenne talmente forte che nel 1211, quando i parenti organizzarono contro la sua volontà il suo matrimonio, combinato come di consuetudine all’epoca, cui lei coraggiosamente non acconsentì. Viveva ad Assisi anche Giovanni di Pietro di Bernardone, giovane più grande di lei di circa dodici anni, appartenente a una ricca famiglia di mercanti e pertanto facente parte della classe dei “Minores”, il quale sarebbe diventato santo con il nome di Francesco d’Assisi (1181/1182-1226), che avrebbe conosciuto più tardi, rimanendone spiritualmente affascinata. Se la giovinezza del suo concittadino futuro San Francesco fu piuttosto movimentata, quella di Chiara invece fu vissuta in modo lineare e trasparente. Nel 1206 circa, a soli tredici anni, volle far pervenire degli aiuti ai poveri che lavoravano per restaurare la vecchia chiesetta assisana detta della “Porziuncola” (che letteralmente indica la piccola porzione di terreno su cui sorge), forse senza sapere che Francesco, in quel momento già poverissimo frate, lavorava in loco, guidando gli operai che si raccoglievano attorno a lui. Quell’elemosina fu il primo anello dell’accostamento tra Francesco e Chiara. Le cose cominciarono a prendere la direzione dell’auspicata vita spirituale quando Francesco irruppe nella sua vita o, meglio, Chiara venne irresistibilmente attratta da Francesco e dal suo stile di vita, desiderando stare con lui il più frequentemente possibile, tanto che i due s’incontravano spesso, come fratello e sorella in Cristo. Secondo la sua amica Bona di Guelfuccio, che la accompagnava frequentemente, il tema principalmente discusso in quegli incontri era la maniera di vivere pienamente alla sequela di Cristo. Infine, la notte del 18 marzo 1211 o 1212, Domenica delle Palme, Chiara abbandonò la casa paterna per spostarsi alla Porziuncola, dove la attendevano Francesco e i suoi compagni, donandosi al Signore povero e crocefisso. Davanti all’altare della Madonna si spogliò dei preziosi abiti, per rivestirsi di una semplice tunica, mentre Francesco stesso le tagliò i capelli. Dopo la preghiera si consacrò a Dio, abbracciando la forma di vita evangelica già tracciata da Francesco, sulle orme del Signore e della sua Santissima Madre. Quella fu una notte decisiva, che lasciò il segno nella sua vita di giovane donna che si orientava in maniera definitiva e irrevocabile all’avventura spirituale. Inizialmente, Francesco condusse Chiara presso l’Abbazia Benedettina di San Paolo delle Abbadesse in Bastia Umbra (oggi provincia di Perugia), anche per proteggerla dalla reazione non certamente benevola dei parenti che volevano riportarla a casa e che non si fece aspettare a lungo. I parenti irruppero nel monastero di San Paolo, ma non poterono ottenere il loro scopo perché Chiara si era assoggettata al diritto ecclesiastico facendosi tonsurare (la tonsura era, infatti, un rito, ora abolito, che segnava l'ingresso nello stato clericale, attraverso il taglio di cinque ciocche di capelli effettuato dal Vescovo, a simboleggiare la rinuncia al mondo da parte del nuovo chierico o suora). Tornati ad Assisi, dopo un'altra breve tappa nel monastero femminile di Sant'Angelo in Panzo, alle pendici del monte Subasio, sempre in Umbria, Chiara fu infine condotta definitivamente, da Francesco e dagli altri frati, alla piccola chiesetta assisana di San Damiano. Poche settimane dopo, anche la sorella Caterina (1197-1253) la raggiunse sul posto, volendo porsi senza riserve al servizio di Dio e Francesco, di sua mano, le tagliò i capelli consacrandola al Signore con il nuovo nome di Agnese, scelto da Chiara, con il quale sarebbe anche lei diventata santa. Francesco fece preparare per loro un alloggio annesso alla chiesetta, ove Chiara fu raggiunta anche dall’amica Pacifica, dalla madre Ortolana (morta nel 1238), che diverrà beata, dall’altra sorella Beatrice e ben presto da altre donne, Balvina, Filippa e Bonaventura, desiderose di seguire Cristo, che si unirono alla piccola fraternità che si stava formando attorno a lei, che col tempo diventerà il nuovo “Ordine delle Povere Dame” (che in seguito, basandosi sul suo nome di battesimo in latino, “Clara”, saranno chiamate “Clarisse”). Il loro desiderio era di seguire la linea di Francesco e, andando dietro ai suoi insegnamenti, scelsero di vivere secondo il Vangelo, in totale povertà e autentica unità, corporalmente rinchiuse. Francesco scrisse, infatti, per Chiara e le sue sorelle, una “forma di vita” specifica, indicando la povertà come scelta prioritaria. In quello che ormai si poteva ben chiamare “piccolo monastero” di San Damiano, insieme alla sorella Agnese, alle altre familiari e alle compagne che l’avevano raggiunta, Chiara vivrà per ben quarantadue anni, fino alla morte. La sua vita si consumò nel piccolo chiostro del convento, alla gioiosa sequela di Cristo povero e crocefisso, in una vita semplice, laboriosa e fraterna che, attraverso la via della povertà, si aprì al Mistero di Dio. Il dono della fraternità è frutto di questo cammino: con lei nacque una nuova forma di vita religiosa consacrata comunitaria. Nel 1216, volendo che la sua famiglia religiosa si contraddistinguesse per la più assoluta povertà, Chiara chiese a Papa Innocenzo III (dal 1198 al 1216), piuttosto contrario, l’autorizzazione formale - che per lei era un privilegio - a non possedere nulla. La lotta per la povertà, in effetti, è stata senza dubbio ciò che maggiormente ha caratterizzato la vita di Chiara e delle sue sorelle. Verso il 1223, all’età di soli trent’anni, per Chiara iniziò una lunga malattia che la renderà inferma. Malgrado ciò, continuò a essere per le sue seguaci una madre premurosa, una guida sapiente e un esempio di vita veramente evangelica. Per lunghi anni fu malata cronica, ma dal suo povero giaciglio fu comunque sempre l’anima pulsante di San Damiano e dei tanti monasteri che Dio aveva fatto germogliare prodigiosamente da quel seme primitivo: più di sessanta in Italia e una quarantina nelle altre nazioni europee. Dal 3 ottobre 1226, data della morte di Francesco: “… Colonna e nostra unica consolazione dopo Dio e sostegno …” (Testamento di Santa Chiara, 36), Chiara divenne custode del dono della nuova spiritualità evangelica portata dal Santo di Assisi e la difenderà fino alla fine, anche “lottando” con il medesimo Pontefice Innocenzo III, che voleva farle avere dei possedimenti remunerativi per la sicurezza economica del monastero. Gli stessi frati più fedeli all’ideale puro di Francesco, orfani ormai del padre e sottoposti a una fase di grande crisi istituzionale, andavano a visitarla per cercare in lei chiarezza e forza. Solo poco prima di morire, quindi prima del 1254, Chiara vide coronato il suo desiderio di avere una “Forma di vita” (regola) approvata dal Pontefice Innocenzo IV (dal 1243 al 1254), nella quale le si riconosceva il privilegio di vivere la povertà. Note anche come secondo ordine francescano, le Clarisse furono istituite nel 1212, ma solo tra il 1247 e il 1269 ricevettero l'approvazione della Regola da parte dalla Chiesa di Roma. L'ordine religioso seguiva un'organizzazione comunitaria con dei canoni simili alla Regola benedettina. Quest’ultima, per le Clarisse prevedeva il voto di castità, povertà e obbedienza. La caratteristica più significativa consisteva nell'obbligo di clausura, introdotto nel 1218 dal cardinale Ugolino (futuro papa Gregorio IX) anche se in contrasto con la filosofia dei due Santi, i quali non predicavano una vita disgiunta dal mondo esterno. Questa peculiarità non precluse la diffusione dell'ordine femminile, il quale si estese in modo considerevole in tutta Italia e come visto anche in Europa, grazie anche all'appoggio dei Frati Minori, a cui le monache si riferivano. La chiesetta di San Damiano era stata restaurata da Francesco all’inizio della sua conversione, quando non aveva ancora né fratelli né compagni. Lì era custodito il crocefisso davanti al quale egli pregava per comprendere cosa fare della sua vita e lì aveva ricevuto l’invito di Dio: “... Francesco, ripara la mia casa che va in rovina... ”. In questo luogo semplice ed essenziale ma ricco di significato, abitò Chiara insieme alle sue compagne. La loro presenza in questo luogo testimonia il profondo legame con Francesco, che Chiara considerava come fondatore e padre della sua Comunità, definendosi, infatti: “... Sua pianticella ...”. La vita delle suore di San Damiano era un incessante rendimento di grazie al Padre della Misericordia e ogni giorno esse pregavano davanti a quel Crocefisso per sostenere le membra vacillanti della Chiesa, vivendo la loro vita quotidiana alla luce del Vangelo per essere collaboratrici di Dio stesso nella diffusione dell’amore e del perdono. Infine, l’11 agosto 1253, nel monastero di San Damiano, Chiara compì il suo beato transito al cielo, celebrando il dono della vita e il suo Autore, lodando il Signore con le parole “... Sii benedetto, Tu che mi hai creata …”. Le sue spoglie furono sepolte in Assisi nella chiesa di San Giorgio dove, per alcuni anni, era stato deposto il corpo di San Francesco, prima di essere assicurate sotto l’altare maggiore della basilica a lei dedicata nella città natale, il 3 ottobre 1260. Qui, da dietro una grata, si possono venerare i suoi resti mortali, racchiusi in un corpo-reliquario, che giace su una tavola di legno grezzo all’interno di un’urna di cristallo e di pietra del Monte Subasio. Appena due anni dopo, nel 1255, Papa Alessandro IV la proclamò Santa. Chiara ci ha lasciato, oltre alla Regola, il Testamento, la Benedizione e quattro Lettere indirizzate a Sant’Agnese di Praga. Il 17 febbraio 1958 fu dichiarata da papa Pio XII santa patrona della televisione e delle telecomunicazioni.
Immagine: “Santa Chiara d’Assisi“, particolare di affresco a tempera su intonaco a muro realizzato, nel 1325 circa, dal pittore fiorentino Giotto di Bondone, conosciuto semplicemente come Giotto (1267-1337). L’opera si trova all’interno della Basilica di Santa Croce a Firenze.
Roberto Moggi
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