San Lorenzo, diacono e martire

Oggi - 10 agosto 2024 - sabato della XVIII settimana del tempo ordinario, la Chiesa celebra la festa di San Lorenzo, diacono e martire. Le notizie su Laurentius (Lorenzo), questo il suo nome in latino, sono scarse. Nacque probabilmente tra il 225 e il 258 a Osca, piccolo centro alle falde dei Pirenei, nella provincia romana dell’Hispania Tarraconensis (oggi Huesca nella regione dell’Aragona, Spagna). Ancora ragazzo fu inviato nella vicina città romana di Caesaraugusta (oggi Saragozza), per completarvi gli studi umanistici e teologici in una delle più autorevoli scuole. Qui avrebbe stretto amicizia con uno dei suoi istitutori, il futuro papa e santo Sisto II (dal 257 al 258), uno dei maestri più conosciuti e apprezzati dell’istituto e persona in vista nella locale comunità cristiana. In questo periodo, Lorenzo ebbe modo di avvicinarsi sempre più al cristianesimo e, giunto al termine del proprio ciclo di studi, decise di seguire lo stimato maestro e partì con lui per Roma, che oltre ad essere la Capitale dell’Impero era anche il centro universale della cristianità. Giunto nell’Urbe, dopo che si fu ben inserito nel nuovo ambiente sociale e religioso frequentandone la comunità dei credenti in Gesù, si distinse presto per le sue innate virtù di carità verso i poveri e integrità dei costumi. Così, quando il suo antico educatore, il 30 agosto 257, fu eletto papa col nome di Sisto II, questi lo ordinò diacono e capo dei cosiddetti “Sette diaconi romani del Pontefice”, un’istituzione della Chiesa del tempo. Fra i tanti incarichi di fiducia che gli furono assegnati, tutti molto importanti, doveva sovrintendere all’amministrazione dei beni ecclesiastici, ricevere le offerte, custodirle e provvedere con esse ai bisognosi, agli orfani e alle vedove. Per queste mansioni, eseguite con amore e in modo impeccabile, Lorenzo fu uno dei personaggi più noti della prima cristianità di Roma. Intanto l’imperatore Valeriano (dal 253 al 260) intensificò la persecuzione dei battezzati, tanto che il 6 agosto 258, sia lui che lo stesso pontefice furono arrestati mentre si trovavano nelle catacombe romane di San Callisto per celebrare la Santa Messa, unitamente ad altri membri del clero. Mentre i soldati portavano via il Santo Padre per sottoporlo al giudizio che prevedeva la morte - spiega un resoconto tramandato, che però a tratti si ammanta di leggenda - il devoto e fedele Lorenzo, conscio che l’amato papa e amico sarebbe stato ucciso, pur se in catene con gli altri membri del clero, coraggiosamente cercò di condividerne l’ormai imminente martirio, pregando Sisto II di chiedere agli aguzzini di essere martirizzati insieme. Il papa gli avrebbe profeticamente risposto che non lo abbandonava, avvertendolo che a lui era riservata una prova più grande e che lo avrebbe seguito sulla strada del martirio dopo tre giorni. Il pontefice e gli altri diaconi, dopo essersi rifiutati di abiurare la vera fede, subirono quasi subito il martirio. Lorenzo, invece, come capo dei diaconi, fu risparmiato per farsi consegnare quelli che gli aguzzini ritenevano essere i “tesori della Chiesa”. In seguito Lorenzo fu dato in custodia al centurione Ippolito, che lo rinchiuse in un sotterraneo adibito a prigione della propria abitazione. In questo luogo buio, umido e angusto si trovava imprigionato anche un certo Lucillo, privo di vista dalla nascita. Lorenzo confortò il compagno di prigionia, lo incoraggio, lo catechizzò alla dottrina di Cristo e, servendosi di una polla d’acqua che sgorgava dal suolo, lo battezzò seduta stante. Immediatamente, col rito, Lucillo ebbe miracolosamente la vista. Il centurione Ippolito, che controllava spesso i carcerati, avendo personalmente costatato il fatto prodigioso, colpito dalla serenità e mansuetudine dei prigionieri e illuminato dalla grazia di Dio, si convertì e si fece cristiano ricevendo il battesimo da Lorenzo stesso. La conversione del Centurione fu tanto forte e sincera che in seguito, riconosciuto come cristiano, non volle abiurare, venendo legato alla coda di cavalli e fatto trascinare per sassi e rovi fino alla fine. Intanto il prefetto di Roma - ma secondo altre versioni lo stesso imperatore Valeriano - convinto anch’egli che i cristiani possedessero chissà quali grandi tesori nascosti, convocò Lorenzo, pensando che come primo diacono egli fosse anche il tesoriere della Chiesa e gli ordinò di consegnargli tutte le ipotizzate ricchezze. Lorenzo non si scompose né si mostrò spaventato, rispondendo di essere pronto a farlo, ma di avere bisogno di tempo per raccoglierli. Ottenuto, allo scopo, di potere uscire dalla prigione sia pur vigilato, radunò tutti i poveri e i malati che poté trovare in giro, invitandoli a seguirlo nel luogo ove si teneva il giudizio. Qui, nel giorno stabilito per l’udienza, li mostrò al prefetto (o all’imperatore), spiegando che quelli erano i soli grandi tesori della Chiesa di Cristo, della quale costituivano l’oro, mentre le vergini e le vedove ne erano le perle e pietre preziose. Furioso - narra la “traditio” - il prefetto condannò Lorenzo a un supplizio particolarmente lento e crudele. Il 10 agosto 258, il Diacono, all’età di soli trentatré anni, fu condotto in un luogo poco lontano dalla prigione e, spogliato delle vesti, fu legato a una graticola sotto la quale bruciavano carboni ardenti. I testimoni di questa straziante scena descriveranno poi, molto stupiti da ciò, la gioia sovrumana e la letizia divina che s’irradiava dal volto del giovane condannato. Lucido e senza un solo lamento, dopo un po’ di tempo che stava sulla graticola, si sarebbe rivolto ai suoi torturatori chiedendo loro di voltarlo di lato, essendo ormai “cotto” dall’altro. Questi lo girarono e, dopo qualche minuto, alzò gli occhi al Cielo, pregò per la conversione di Roma e finalmente rese l’anima a Dio. Alcuni senatori romani che avevano assistito al supplizio crudele, di fronte a tanto coraggio, sicuramente di provenienza divina, si convertirono al cristianesimo, ne ottennero il corpo e lo fecero seppellire nelle catacombe dette di Santa Ciriaca (dal nome della pia matrona che le offerse per la sepoltura), sulla via Tiburtina presso il cosiddetto Campo Verano (l’attuale cimitero del Verano, dove oggi sorge in suo onore la basilica di San Lorenzo fuori le Mura). Un semplice giovane diacono, la cui vita era stata povera e nascosta, ebbe così il suo martirizzato corpo portato alla sepoltura da membri del più alto Organo legislativo e politico che esisteva a quel tempo sulla terra, il Senato di Roma. A ricordare il suo martirio, registrato dal Martirologio Romano al 10 agosto del 258, saranno poi erette a Roma tre chiese, nei luoghi degli episodi salienti della sua passione. La prima è San Lorenzo in Fonte, sul luogo della sua prigionia (oggi via Urbana), una piccola chiesa neoclassica costruita sulla casa del centurione Ippolito, nelle cui prigioni sotterranee Lorenzo fu imprigionato. Negli ambienti sotto terra, è possibile vedere la fonte dove il martire attinse l’acqua per battezzare il suo compagno di prigionia Lucillo. La seconda è San Lorenzo in Panisperna, sul luogo del suo martirio (oggi via Panisperna), secondo la tradizione fondata dall’imperatore Costantino sul luogo del martirio, che custodisce nella cripta il luogo dove fu approntata la graticola utilizzata per il supplizio. Nella chiesa è possibile ammirare un grande affresco del suo martirio. La terza è, come detto, San Lorenzo al Verano, nome completo Patriarcale Basilica di San Lorenzo Fuori le Mura al Campo Verano, sul luogo della sua sepoltura (Oggi piazzale del Verano). Nella basilica di San Lorenzo in Lucina, invece è custodita, all’interno di un’urna del 1700, la graticola del martirio. La “Notte di San Lorenzo” - quella del 10 agosto, data del suo martirio - ha una storia che intreccia astronomia, religione e antichità: la tradizione delle stelle cadenti ha origini molto antiche e fu associata al martirio di San Lorenzo. I carboni ardenti del suo martirio sulla graticola e particolarmente le scintille del fuoco, furono associati al fenomeno delle stelle cadenti, chiamate perciò anche “Lacrime di San Lorenzo”.
Immagine: “San Lorenzo”, particolare da scomparto di polittico smembrato. Tempera e oro su tavola dipinta tra il 1400 ed il 1410 circa dal pittore toscano Spinello Aretino (1350-1410). L’opera si trova nella Pinacoteca di Brera a Milano.

Roberto Moggi
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