Oggi
- 25 agosto 2024 - XXI domenica del tempo ordinario, Pasqua settimanale
che ha la precedenza sulle altre celebrazioni, la Chiesa ricorda San
Giuseppe Calasanzio, sacerdote e fondatore. José Calasanz (Giuseppe
Calasanzio), questi rispettivamente il suo nome e cognome nella materna
lingua spagnola, nacque il 31 luglio 1557 nel castello che la propria
famiglia possedeva a Peralta de la Sal, baronia di Peralta de Calasanz,
nella regione Aragona del Regno di Spagna. Era l’ultimogenito dei sette
figli di Pedro e Maria Gastonia, famiglia di bassa nobiltà ormai
decaduta, tanto che il padre, sindaco della locale baronia, faceva anche
il fabbro ferraio, pur conservando ancora un discreto patrimonio
fondiario. Ebbe modo di studiare in modo adeguato a quello che era,
nonostante la decadenza della casata, il suo nobile lignaggio. Nel suo
paese natale frequentò la scuola primaria e la formazione catechistica
parrocchiale fino al 1567, per poi frequentare un triennio di studi
umanistici nella vicina cittadina di Estadilla. Entrò quindi
nell'università di Lerida, in Catalogna, iscrivendosi alle facoltà di
filosofia e di diritto canonico e civile. A un certo punto, però, si
sentì irresistibilmente chiamato al sacerdozio, incontrando subito
l'opposizione del padre, che avrebbe voluto per lui un’onorata e
remunerativa carriera militare da ufficiale. Tuttavia, quando il
genitore si rese conto della forte e sincera vocazione del figlio, ma
soprattutto della sua determinazione, cedette e gli permise di entrare
nel seminario di Lerida. Così, nel 1575, a diciotto anni, iniziò il
cammino verso il sacerdozio, che proseguì e finì nella stessa città,
ricevendo, il 17 dicembre 1583, gli ordini sacri dal competente vescovo
di Urgel, sempre in Catalogna. Una volta sacerdote, per quasi un
decennio ebbe vari incarichi, fu vicario del distretto di Tremp
(Catalogna) e in seguito vicario generale di tutta la diocesi di Urgel,
trovando anche il tempo di completare gli studi di teologia a
Barcellona, capitale della Catalogna. Nel 1592, partì via mare per Roma,
salpando dalla costa iberica, sbarcando a Civitavecchia (Lazio) e
raggiungendo quindi la Capitale della Cristianità, ufficialmente per
sistemare alcune pratiche del suo vescovo, ma, secondo altre ipotesi,
anche al fine di procurarsi, attraverso la potente Curia Romana, un
qualche canonicato vacante nella diocesi di Urgel. Si sa comunque che,
per volontà del suo vescovo - che aveva grande stima di lui e gli
accordava la massima fiducia - gli furono affidate le relazioni
diocesane preparate per la “Visita ad limina” alla Santa Sede (con tal
espressione s’intende indicare l'incontro che, ogni cinque anni, i
vescovi di tutto il mondo hanno in Vaticano con il Papa per illustrare
quali siano le particolarità che contraddistinguono la loro diocesi dal
punto di vista religioso, sociale e culturale). Nella Città dei Papi
s’intrattenne a lungo e per cinque anni, fino al 1597 circa, divenuto il
teologo del cardinale Marcantonio Colonna (1523-1597) e precettore dei
nipoti dell'altro cardinale Ascanio Colonna (1560-1608), attese
inutilmente la concessione di un canonicato in Patria. Mentre sperava di
realizzare tale suo desiderio, adoperandosi in ogni modo per
raggiungere lo scopo, nel 1595 s’iscrisse alla romana “Arciconfraternita
dei Dodici Apostoli” e, per incarico di questa, visitò e soccorse a
domicilio molti poveri in diversi rioni dell’Urbe. Fu così che conobbe a
fondo la misera condizione morale e sociale nella quale si dibatteva
una gran quantità di famiglie del popolo. Rimase molto impressionato dal
gran numero di ragazzi che vagavano per le strade della città
commettendo ogni sorta di male e comprese che dando loro un’istruzione
adeguata alla loro condizione e una formazione cristiana, quei ragazzi
avrebbero potuto evitare di delinquere e di finire nelle tetre carceri o
sulla forca, migliorando la società. Fu in questo modo che giunse a
scoprire e scegliere definitivamente il proprio carisma vocazionale
all’interno del sacerdozio, quello dell’educazione della gioventù
abbandonata. Quando, nel 1597, visitò il volgo del popolare quartiere di
Trastevere, giunto alla chiesa di Santa Dorotea scoprì una piccola
scuola organizzata da alcuni membri della “Confraternita della Dottrina
Cristiana”, all’interno di due angusti locali ceduti gratuitamente dal
parroco. Giuseppe non ebbe dubbi, era ciò che cercava, e subito si unì a
questi benefattori, iscrivendosi alla loro confraternita. Prese molto
sul serio i compiti assegnatigli nella scuola, tanto da divenirne molto
presto il responsabile. Ottenne così che la scuola fosse riservata ai
tantissimi poveri in modo totalmente gratuito. In questo modo cambiò
programma di vita e iniziò una scuola popolare cristiana totalmente
gratuita, che, al plurale, chiamò "Scuole Pie". Il Signore lo aveva
illuminato e i motivi del tutto personali e utilitaristici che lo
avevano portato a Roma furono abbandonati. Aveva scoperto la sua
vocazione e si era convertito a un nuovo modo di servire Dio, che non
avrebbe lasciato mai più. Al riguardo ebbe a dire: “… Ho trovato in Roma
la maniera definitiva di servire Dio, facendo del bene ai piccolini.
Non la lascerò per nessuna cosa al mondo …”. Si può dire che "nato per
educare" sia il riassunto della vita di Giuseppe Calasanzio. Questo
significò l’inizio delle Scuole Pie e rappresenta anche l'inizio della
scuola davvero per tutti. In breve tempo, il crescente numero degli
alunni impose di lasciare le due stanzette di Santa Dorotea e di migrare
al centro di Roma, in vari edifici più capienti, finché, nel 1612, la
sede passò definitivamente a Palazzo Torres, nei pressi dell’attuale
chiesa di San Pantaleo, vicino a Piazza Navona. Nel 1617, infine, per
dare continuità alla scuola, Calasanzio fondò l'Ordine Religioso dei
“Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie”, più
semplicemente detto “delle Scuole Pie”, i cui aderenti sono detti Padri
“Scolopi” [vocabolo composto dal latino “schola” (scuola) e “pius”
(pio), con riferimento alla denominazione “Scuole Pie”], con il fine
principale di educare e istruire i giovani più bisognosi, più
semplicemente chiamato Ordine dei Poveri della Madre di Dio, per
esprimere la sua totale dedicazione all'educazione dei ragazzi poveri.
In questa circostanza assunse anche il nome religioso di Giuseppe della
Madre di Dio. Le difficoltà incontrate sul suo cammino furono molte, ad
esempio la resistenza della Curia Pontificia, le ostilità interne o il
pessimismo di alcuni collaboratori. Ciò nonostante, Giuseppe seppe
mantenere quell’ammirabile serenità che traspare continuamente dalle sue
lettere convinto com’era che tutto fosse opera di Dio e della Vergine
Maria. L’amore per la cultura lo spinse ad accogliere gli insegnamenti
del filosofo, teologo, poeta e frate domenicano Tommaso Campanella
(1568-1639) e sollecitò i Padri che operavano in Toscana a formarsi alla
scuola del fisico, astronomo, filosofo, matematico, accademico e padre
della scienza moderna Galileo Galilei (1564-1642) e a dargli assistenza
negli ultimi anni della sua vita. Morì serenamente a Roma, a novantuno
anni, il 25 agosto 1648 e fu sepolto sotto l’altare maggiore della
chiesa di San Pantaleo, oggi di San Pantaleo e San Giuseppe Clasanzio,
presso Piazza Navona nel pieno centro di Roma. La Chiesa riconobbe le
sue virtù: Papa Clemente XIII lo dichiarò santo nel 1767 e il Pontefice
Pio XII, lo nominò Patrono delle scuole popolari cristiane.
Immagine: “L’ultima comunione di San Giuseppe Calasanzio”, olio su tela dipinto nel 1819 dal pittore spagnolo Francisco Goya (1746-1828). L’opera si trova nella chiesa di Sant’Antonio Abad a Madrid (Spagna). Roberto Moggi
Home page ARGOMENTI
Immagine: “L’ultima comunione di San Giuseppe Calasanzio”, olio su tela dipinto nel 1819 dal pittore spagnolo Francisco Goya (1746-1828). L’opera si trova nella chiesa di Sant’Antonio Abad a Madrid (Spagna). Roberto Moggi
Home page ARGOMENTI
Commenti
Posta un commento
Non inserire link cliccabili altrimenti il commento verrà eliminato. Metti la spunta a Inviami notifiche per essere avvertito via email di nuovi commenti al post.