Oggi
- 7 agosto 2024 - mercoledì della XVIII settimana del Tempo Ordinario,
la Chiesa celebra la memoria facoltativa di San Gaetano, comunemente
conosciuto con la specificazione di provenienza “da Thiene”, sacerdote.
Egli nacque nell’ottobre del 1480 a Vicenza, nella “Serenissima”
Repubblica di Venezia (oggi capoluogo dell’omonima provincia della
regione Veneto), dal Conte Gasparo
di Thiene (feudo nelle vicinanze di Vicenza) e dalla nobildonna Maria
da Porto. Fin dalla più tenera età fu cristianamente educato dalla pia
genitrice e si distinse per l’amore dei poveri, che accorrevano numerosi
alla porta della loro splendida dimora, dove ricevevano sempre qualcosa
da mangiare. Studiò in modo consono al suo nobile lignaggio, fino al
conseguimento nella prestigiosa università di Padova, pure nella
Repubblica di Venezia, della laurea in “Utroque Iure” ("Nell'uno e
nell'altro diritto"), che indicava il titolo accademico conseguito
contemporaneamente in diritto canonico e civile. Da quel momento
cominciò a dare ascolto alla propria forte spiritualità, fino a quando,
nel 1507, decise di trasferirsi a Roma. Qui s’incardinò nel clero
capitolino pur non essendo formalmente presbitero, tanto che papa Giulio
II (dal 1503 al 1513), che lo conobbe ed ebbe modo di apprezzarne le
belle doti intellettive e spirituali, lo nominò Protonotario Apostolico
(un particolare incaricato della curia romana, non necessariamente
sacerdote, titolare di una carica onorifica del Papa e di altri
particolari diritti onorifici) con i relativi benefici. Nei delicati
affari ecclesiali che passarono per le sue mani, si mostrò un prodigio
di dottrina e di prudenza, tanto da essere da tutti celebrato come
specchio e modello del clero. Nel 1516, maturato spiritualmente e
convinto di poter così meglio fare il bene verso gli ultimi, accettò di
essere ordinato sacerdote. Per la celebrazione della sua prima Messa,
però, trascorsero ben tre mesi, poiché si riteneva indegno del suo nuovo
stato, sino a quando, a smentita di ciò, intervenne un prodigio.
Infatti, mentre la notte di Natale del 1517 pregava nella Basilica
romana di Santa Maria Maggiore, meritò di ricevere tra le braccia, in
estasi, Gesù Bambino, come lui stesso confidò alla sua amica monaca
bresciana Laura Mignani (1480-1525), che diventerà beata. Per meglio
servire Dio nel prossimo, entrò a far parte della sezione romana della
“Compagnia del Divino Amore”, fondata a Genova (Liguria) verso il 1497.
Ogni sezione, anch’essa chiamata abitualmente Compagnia, non
oltrepassava i quaranta membri, di cui quattro dovevano essere
sacerdoti. Tutti erano tenuti al segreto sui fratelli, le opere e i
metodi della fraternità. Ognuno s’impegnava a rinnovarsi interiormente
con esercizi di pietà, vita contemplativa e la partecipazione a
conferenze di religione, onde poter convenientemente esercitare
l’apostolato presso i poveri e gli ammalati, gli orfani e gli
abbandonati, con la fondazione di ospedali per gli incurabili e ospizi
per le giovani abbandonate a se stesse. Gaetano frequentò la Compagnia,
radunandosi presso il parroco della chiesa Santa Dorotea in Trastevere,
finché nel 1518 fu costretto a ritornare a Vicenza a causa della
malattia della madre. Assillato dalle molteplici esigenze della carità,
nella città natale s’iscrisse alla “Compagnia di San Girolamo”, fondata
nel 1434 per impulso del francescano Beato Bernardino da Feltre
(1439-1494) a sollievo dei poveri e degli infermi e si adoperò per
accendere nei cuori dei confratelli il più vivo amore del prossimo. Non
si limitò a risvegliare il fervore tra i membri dei vari oratori, ma
fondò prima a Vicenza, poi a Verona nel 1519 e quindi a Venezia nel
1522, tre Compagnie del Divino Amore con tre distinti ospedali per i
malati incurabili, nei quali egli stesso andò a servire con gioia
insolita e profonda anche i malati più ripugnanti e a confortare i
morenti. Nel 1520 Gaetano era stato pure, per un periodo, rettore del
Santuario di Santa Maria Liberatrice, a Malo, nei pressi di Vicenza e
poi, nel 1523, tornato a Roma, dall’Abate della Basilica di San Paolo
fuori le Mura, gli fu concessa per un altro periodo la direzione del
santuario isolato del Monte Soratte (in territorio di Roma). Nella
Capitale della Cristianità, In mezzo alla generale sfrenatezza dei
costumi, Gaetano non si smarrì, anzi progettò la fondazione nel 1524,
con l’approvazione di Papa Clemente VII (1523-1534), di una “Compagnia
di Chierici Regolari”, con un superiore in carica triennale, destinata a
essere nella società fermento rinnovatore dello spirito sacerdotale e
religioso con il buon esempio, il disprezzo delle ricchezze e la guerra
dichiarata a qualsiasi parvenza di commercio nelle cose ecclesiastiche.
Nella difficile impresa fu coadiuvato dal nobile Patrizio alessandrino
Bonifacio da Colle (morto nel 1558), suo confidente nei piani di
fondazione e di riforma ecclesiastica; dall’austero napoletano
Giampietro Parafa, già Vescovo di Chieti (antica Theate) e più tardi
Papa con nome di Paolo IV (dal 1555 al 1559) e dal bolognese Paolo
Consiglieri. Con essi il 14 settembre 1524 emise nella Basilica di San
Pietro la professione solenne dopo aver distribuito ai poveri, con
sorpresa dei conoscenti, tutti i beni e aver rinunciato agli uffici di
Curia. I suoi “Chierici Regolari”, preti che il popolo chiamava
“riformati” e che si accontentavano di vivere con le elemosine dei
fedeli, svolsero il loro ministero nella chiesa di San Nicola dei
Prefetti e poi in una casa sul colle Pincio, senza peraltro trascurare
l’assistenza ai malati dell’ospedale di San Giacomo. Durante il giubileo
del 1525 essi predicarono con grande zelo per le piazze, istruirono i
pellegrini negli ospizi, ricevettero i forestieri alle porte di Roma, li
accompagnarono alla Basilica di San Pietro e li prepararono ai
sacramenti. Di notte si alzavano per la recita di Mattutino che
salmodiavano con molta cura. Gaetano giungeva sempre primo al coro
perché dormiva poco. Dopo il mattutino, invece di ritornare a letto,
restava in ginocchio in chiesa fino al momento della Messa. Durante il
disastroso “Sacco di Roma” del 1527, operato dai cosiddetti
“Lanzichenecchi”, soldati mercenari tedeschi al soldo del Sacro Romano
Impero e voluto dall’Imperatore Carlo V d’Asburgo per vendicarsi della
politica che riteneva francofila di Papa Clemente VII (dal 1523 al
1534), Gaetano fu raggiunto dalla soldataglia mentre con i suoi
confratelli era nella casa generalizia e, denudato e legato a metà del
corpo, fu sospeso a una trave del soffitto. Liberato con i suoi dodici
compagni da una banda di spagnoli, che si erano opposti al saccheggio
operato dai 14.000 Lanzichenecchi, riuscì a salvarsi imbarcandosi sulle
navi veneziane che stanziavano a Civitavecchia a servizio del papato.
Stabilitosi a Venezia nella sede della Confraternita di San Nicola da
Tolentino, del tipo di quella del “Divino Amore”, in breve la trasformò
in un centro attivo di vita spirituale e di benefica attività. Infatti,
oltre ad assistere i malati più gravi e incurabili, i suoi “Preti
Poveri” o “Teatini”, com’erano chiamati, badarono a fare sorgere altre
iniziative benefiche, tra cui quella a favore degli orfani di cui si
occupò il futuro santo Girolamo Emiliani (morto nel 1537), discepolo
spirituale di Gaetano. Disprezzatori delle ricchezze e dei piaceri
mondani, amici della povertà, i “Chierici Regolari Teatini” non si
preoccupavano d’altro che della Gloria di Dio e dell’instaurazione nel
mondo della carità. Nella carestia scoppiata nel 1528 e durante la
pestilenza che ne seguì, Gaetano si meritò dai veneziani il titolo di
“Santo della Provvidenza”, tanto fu sollecito con i suoi religiosi
nell’assistere e nello sfamare turbe di appestati che si aggiravano per
le calli con voci lamentevoli. Per la loro benefica attività i Chierici
Teatini furono ripetutamente richiesti dal popolo napoletano. Questi
riuscirono ad averli nella loro città nel 1533 per espressa volontà del
Pontefice Clemente VII, il quale lo impose al Carafa, Superiore
dell’Ordine. La scelta del sacerdote da destinare a Napoli, capitale
dell’omonimo regno dipendente da quello di Spagna, cadde su Gaetano da
Thiene, il quale nella città partenopea restò fisso fino alla fine dei
suoi giorni, ad eccezione di un’assenza di tre anni, dal 1540 al 1543,
in cui dovette riprendere il governo della comunità veneziana. Anche a
Napoli le varie iniziative del santo trovarono il campo adatto per la
loro attuazione. Con l’aiuto di Suor Maria Carafa, sorella del vescovo
Giampiero, fondò e diresse il monastero delle suore Domenicane
riformate. Sotto la sua guida Maria Lorenza Longo, fondatrice del locale
Ospedale degli Incurabili, diede impulso al monastero delle Cappuccine,
e Maria d’Ayerbo, vedova del Duca di Termoli, fondò un monastero di
donne “di malaffare” pentite. Riguardo alla povertà, Gaetano si mostrò
sempre molto rigido. Non volle mai saperne di rendite. Nel 1538 il
Viceré spagnolo, don Pietro di Toledo, ottenne dall’Arcivescovo Vincenzo
Carafa la chiesa di San Paolo Maggiore per Gaetano e i suoi Chierici
Regolari. In essa l’uomo di Dio predicò al clero e al laicato la riforma
dei costumi, ai potenti l’umiltà, a tutti la carità di Dio e del
prossimo. Gaetano si adoperò per la difesa dell’unità ecclesiastica.
Un’altra sua benefica opera, che vive ancora, fu l’istituzione del Monte
di Pietà, concepita per sottrarre i cittadini alle usure dei cosiddetti
“strozzini”, con la quale si prestava denaro ai bisognosi dietro un
piccolo pegno di garanzia. L’opera si mostrò talmente buona e
filantropica che nel 1584 fu dichiarata Ente di Diritto Pubblico per
tutto il Regno. Continuando a serpeggiare nel Vicereame di Napoli gli
errori della propaganda eretica degli “spirituali” capeggiati dal nobile
spagnolo Valdés, Pietro di Toledo decise di stabilirvi il Tribunale
dell’Inquisizione. Il popolo, che non ne voleva sapere, prese a
tumultuare. Il Viceré dichiarò allora la città ribelle e la abbandonò al
saccheggio delle proprie truppe, durante il quale 250 napoletani furono
barbaramente trucidati. Gaetano, armato di crocefisso, fu visto
aggirarsi tra quella plebe tumultuante e sanguinaria per esortare, per
supplicare tutti a deporre i rancori e le armi ai piedi dell’Uomo-Dio
crocefisso. Quando vide che le sue parole di perdono e di pace restavano
soffocate dalle grida di odio e di vendetta, si offrì a Dio vittima di
propiziazione e di perdono per la diletta città. La sua offerta fu
accettata. Morì difatti il 7 agosto 1547, circa due mesi e mezzo dopo
l’inizio dei subbugli violenti e sanguinosi. Il suo eroico sacrificio
non era stato infruttuoso. Difatti, nello stesso giorno, il
rappresentante della città di Napoli, Don Placido di Sangro, reduce da
Norimberga (territori germanici del Sacro Romano Impero) dove si era
incontrato con l’Imperatore Carlo V, assicurava al popolo “i frutti
soavissimi dell’imperiale clemenza”. Gaetano da Thiene fu beatificato da
Papa Urbano VIII 1’8 ottobre 1629 e canonizzato dal Pontefice Clemente X
il 12 aprile 1671. Le sue reliquie sono venerate a Napoli, nella
basilica di San Paolo Maggiore, insieme con quelle di Sant’Andrea
Avellino, suo confratello. Per la sua illimitata fiducia in Dio è
venerato come il “Santo della provvidenza”.
Immagine: "San Gaetano da Thiene", olio su tela dipinto tra il 1710 ed il 1736 circa dal pittore Veneto Giovanni Battista Tiepolo (1696-1770). L'opera si trova attualmente presso il Museu Nacional de Belas Artes di Rio de Janeiro (Brasile).
Roberto Moggi
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Immagine: "San Gaetano da Thiene", olio su tela dipinto tra il 1710 ed il 1736 circa dal pittore Veneto Giovanni Battista Tiepolo (1696-1770). L'opera si trova attualmente presso il Museu Nacional de Belas Artes di Rio de Janeiro (Brasile).
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