San Domenico di Guzmán

Oggi - 8 agosto 2024 - giovedì della XVIII settimana del Tempo Ordinario, la Chiesa celebra la memoria obbligatoria di San Domenico, conosciuto anche con la specificazione “di Guzmán” che ne indica il cognome, sacerdote e fondatore dell’Ordine dei Frati Predicatori (o Domenicani, dal suo nome di battesimo). Domingo (Domenico), questo il suo nome nella materna lingua spagnola, nacque verso il 1170 a Caleruega, nella provincia della Vecchia Castiglia, appartenente al Regno di Castiglia e Léon (oggi nel Regno di Spagna), dall’agiata e forse nobile famiglia Di Guzmán. Non ancora adolescente, fu affidato alle cure dello zio materno arciprete, che lo iniziò agli studi e alla dottrina cattolica, mettendone presto in risalto la grande intelligenza. Nel 1185, a soli quindici anni, s’iscrisse all'università della vicina città di Palencia, studiando con grande profitto e facilità filosofia, teologia e Sacra Scrittura. Durante la permanenza in questo centro abitato, mentre imperversava una grave carestia, Domenico ebbe modo di mostrare anche la sua grande generosità, spendendo tutti i suoi soldi e vendendo anche i libri, per aiutare i poveri. Tra il 1194 e il 1196, completati gli studi, decise di farsi sacerdote e si recò a Osma, nel medesimo regno, dove entrò nel capitolo dei canonici regolari della cattedrale dedicata all’Assunta, retto secondo la regola agostiniana, del quale più tardi, divenuto sacerdote, diventerà il vice priore. Qui visse profondamente immerso nel clima di preghiera, dedizione al ministero e fraternità nella vita comune che il locale vescovo Diego d’Acebes aveva instaurato. Domenico, desideroso di perfezione, stava il più possibile con gli altri canonici, passando il tempo studiando e pregando, tanto da farsi notare e apprezzare ovunque. Nel 1203, infatti, dovendo compiere una delicata missione diplomatica nel lontano Regno di Danimarca, il vescovo Diego chiese proprio a lui di accompagnarlo in quel faticoso viaggio. Partirono e, giunti nella Francia meridionale, e si fermarono a Tolosa. Qui Domenico ebbe i suoi primi contatti con l'eresia detta “Catara” (dal latino medievale “catharus”, “puro”) o “Albigese” (dal nome della città di Albi, nel sud del Regno di Francia). Il Catarismo era un movimento scismatico nato in ambienti cristiani, diffusosi soprattutto tra il 1100 e il 1200 nell'Europa meridionale. In Francia era presente particolarmente nella Linguadoca (regione storica sulla costa mediterranea del Paese, che si estende dalla Provenza ai Pirenei, al confine con la Spagna), con la massima concentrazione nella regione di Albi. Il viaggio proseguì e la delegazione giunse in Danimarca, dove la missione si tenne e si concluse con successo. Tornato in Patria carico di meriti, dovette presto partire per un secondo incarico nello stesso Paese, nel 1206, sempre al seguito del suo vescovo Diego d’Acebes. Sulla strada del ritorno, i due, affascinati dall'intensa attività missionaria svolta dal clero danese tra i pagani delle regioni baltiche, prima di rientrare in Spagna si sobbarcarono una non breve deviazione fino a Roma, per chiedere personalmente al Pontefice l’autorizzazione a potersi dedicare all’evangelizzazione tra le popolazioni pagane. Papa Innocenzo III (dal 1198 al 1216), che aveva già promosso una forte attività di predicazione contro l’eresia “Cataro-albigese” dilagante nel meridione della Francia, invitò i due a dirigere le loro catechesi proprio verso gli aderenti a questa eterodossia. Domenico e il vescovo Diego accettarono il suggerimento del pontefice e, anche se gli eretici della Francia meridionale erano notoriamente tenaci, intelligenti e molto combattivi, iniziarono con lena e fervore la loro missione. I due rimasero insieme nel sud della Francia, intenti nella loro opera, fino a quando non sopraggiunse la morte del vescovo, il 30 dicembre 1207. Rimasto solo, Domenico non intese comunque rinunciare al mandato e continuò la predicazione con grande coraggio e sapienza. Molti sono i colloqui, i dibattiti pubblici, le trattative, le opere di persuasione, le penitenze e le preghiere che realizzò per riportare alla fede gli eretici. La sua azione era tanto incisiva che, nel 1215, il vescovo Folco di Tolosa, colpito dalla sua intensa opera missionaria, lo nominò predicatore Ufficiale in quella diocesi. Intanto, nella stessa Tolosa, alcuni amici cominciarono a stringersi attorno a lui, perché ne condividevano gli ideali, lo zelo e lo stile di predicazione. Sarà questo il primo nucleo di discepoli, che contribuiranno a dare alla sua predicazione una forma stabile. Dal vescovo Folco ricevette in uso la chiesa di Santa Maria di Prouille. Qui furono accolte alcune donne della vicina località di Fanjeaux, da lui stesso convertite e desiderose di accompagnarlo con la preghiera. Per molti anni, queste comunità di uomini e donne saranno il centro del suo apostolato. Nel 1215, entusiasta della sua opera predicatoria e delle comunità da lui fondate, il vescovo Folco si recò con lui a Roma, per richiedere al pontefice Onorio III (dal 1216 al 1227) l’approvazione ufficiale di quella che ormai era chiamata la “Sacra Predicazione” di Tolosa. L’anno successivo, 22 dicembre 1216, il papa ne confermò il progetto, come “Ordine dei Frati Predicatori” (che presto, dal suo nome, diventeranno noti anche come “Frati Domenicani”). Dal 1217, dopo un’accurata preparazione, Domenico cominciò a inviare i suoi frati in missione per tutta l’Europa, di preferenza nelle città universitarie, innanzitutto a Parigi e Bologna, i cui atenei erano all’epoca famosissimi. Da questo momento, l’Ordine dei Predicatori o Domenicani cominciò a svilupparsi e a maturare la sua missione nella Chiesa. Domenico riunì e presiedette nel 1220 e nel 1221, a Bologna, libero comune nel Sacro Romano Impero, i primi capitoli dei suoi frati. In questi capitoli furono messe le basi effettive del nuovo Ordine, il cui fine era individuato nella predicazione realizzata previo studio, nella testimonianza della povertà evangelica e nella fraternità della vita in comune. In questi capitoli vennero anche fissate la legislazione, la distribuzione geografica dei frati e le “spedizioni” missionarie. Infine Domenico, stremato delle fatiche missionarie e dall’intensissima predicazione itinerante, morì a Bologna il 6 agosto 1221 circondato dall’affetto e dalla preghiera dei suoi frati. A essi affidò il suo testamento spirituale: “Abbiate la carità, conservate l'umiltà, possedete la povertà volontaria”. Sepolto inizialmente a Bologna, sotto l'altare della chiesa del convento San Niccolò delle Vigne (piccolo edificio, oggi scomparso, che si ergeva nel sito dell'attuale Basilica di San Domenico), il 24 maggio 1233 la sua salma fu esumata e trasferita dal beato Giordano di Sassonia, all’interno di una cassa di cipresso racchiusa in un semplice sarcofago marmoreo, dietro l'altare di una cappella laterale della navata sinistra della nuova basilica in corso di costruzione sul posto, che oggi porta il suo nome. Il beato Giovanni da Vercelli, sesto maestro generale, commissionò a Nicolò Pisano una splendida arca marmorea e il 5 giugno 1267 vi depose le spoglie del Santo. Papa Gregorio IX (dal 1227 al 1241), lo canonizzò il 3 luglio 1234. La fisionomia spirituale di Domenico è inconfondibile. Egli stesso nei duri anni dell’apostolato albigese si era definito “umile servo della predicazione”. Alla base della sua vita stava questo preciso programma apostolico: testimoniare amorosamente Dio dinanzi ai fratelli, donando loro, nella povertà evangelica, la verità. Il suo genio si rivelò anzitutto nell’aver armonizzato in una superiore sintesi gli elementi tradizionali fra loro più opposti e apparentemente irriducibili. Ardito e prudente, risoluto e rispettoso verso l’altrui giudizio, geniale e obbediente alle direttive della Chiesa, Domenico, apostolo che non conosce compromessi né irrigidimenti, predicatore schivo da ogni retorica, magnanimo, alieno da ogni ombra di grettezza, conciliò la soda formazione teologica all’acuto senso pratico. Egli concepì il primo Ordine canonicale i cui membri faranno della predicazione la loro divisa. La sua personalità ricca si rifrangerà inesauribilmente nella fioritura di santi che lungo i secoli ne abbracceranno l’ideale e guarderanno finalmente a lui come a un vero uomo di Dio.
Immagine: “San Domenico di Guzman”, olio su tela dipinto nel 1565 circa dal pittore veneto Tiziano Vecellio, noto come Tiziano (1488/1490-1576). L’opera si trova nella Galleria Borghese a Roma.

Roberto Moggi
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