Quanno ’o Diavulo t’accarezza vo’ ll’anema.
Quando il Diavolo ti accarezza è segno che vuole l‘anima.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Ci
è presentata oggi la metafora rappresentata dalle lusinghe con cui desidera adescarci
il personaggio che incarna lo spirito del male e che regna
nell'oltretomba delle pene eterne, comminate a quelli che in terra
furono malvagi.
Una figura che può rappresentare quanto
può apparire allettante la cattiveria che si prova, nelle controversie
che si hanno con qualcuno, e che fa desiderare di ripagare con azioni
malvagie chi, col suo comportamento, ha suscitato la nostra ira.
In
contrapposizione a tale sentimento, che può rendere attraenti la
ritorsione e la vendetta, verso chi ha suscitato la nostra collera,
facendoci del male, risuonano ad eterno monito le parole dette da Gesù:
"A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica.
Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. "
Ma
quanti siamo capaci di adeguarci a tale esortazione, invece di cedere
al desiderio di ripagare il doppio del male che ci è stato fatto, a cui
può seguire una soddisfazione discutibile, anche se considerata giusta,
oppure il pentimento, che ci porta a sentirci come preda del maligno,
per come abbiamo ceduto alle sue blandizie?
Si
narra, a proposito di Siddharta Gautama che, all'unanimità, fu definito
per eccellenza il Buddha, che mentre stava insegnando a un gruppo di
discepoli, un uomo gli si avvicinò insultandolo e con l’intenzione di
aggredirlo, mentre l'illuminato reagì con assoluta tranquillità,
rimanendo fermo ed in silenzio ed è possibile che il malvagio non riuscì
a compiere l'aggressione che si era prefissato per l'intervento dei
discepoli.
Quando si
furono liberati da quell'essere, uno dei discepoli, indignato dal
comportamento dello scellerato e meravigliato da quello tenuto dal
Maestro, chiese a lui perché avesse permesso a quell'uomo di
maltrattarlo in tale modo.
E come risposta, ottenne:
“Se io ti regalo un cavallo e tu non lo accetti, di chi è il cavallo?”.
Con l'alunno che rispose:
“Se io non lo accettassi, il cavallo continuerebbe ad essere vostro, maestro”.
Il
Buddha annuì e gli spiegò che, nonostante alcune persone decidano di
perdere il loro tempo insultando, noi possiamo scegliere di accettare
tali parole o meno, proprio come faremmo se ci fosse offerto un regalo e
concludendo:
“Non
accettare le parole di odio, rifiutale. Solo in questo modo colui che ti
odia rimarrà con l’insulto tra le mani. Non puoi dare la colpa a chi ti
offende e ti fa male, perché è tua la decisione di accettare le sue
parole invece di lasciarle sulle stesse labbra da cui sono uscite”
Nell'aneddoto,
si parla di insulti, più che di aggressioni, ma a prescindere
dall'arrivare a essere percossi, quanto può restare ferito il nostro
animo dalle offese, le ingiurie e il vilipendio, restando capaci di
comportarci come il Cristo o il Buddha?
Spesso
le nostre reazioni non seguono per nulla gli insegnamenti forniti dai i
due grandi personaggi e il maligno menzionato dal proverbio, idealmente
possiamo immaginare che si sfreghi le mani soddisfatto, nel vederci
sempre più vicini alle sue grinfie.
I
due estremi tra bene e male, con tutte le sfumature con le quali può
essere visto il nostro comportamento, rappresentano un esempio delle
dualità che la vita terrena ci offre, come tra giorno e notte, o luce e
oscurità, ma mentre l'alternarsi di alcune, le consideriamo più che
naturali, abbiamo la facoltà di saper scegliere tra il benessere e il
malessere dell'animo.
Socrate
era fermamente convinto che il male è generato dall’ignoranza, così che
esso, come il suo opposto, rappresentano un fatto culturale, che può
essere determinato dalla famiglia, dall'ambiente e dalla comunità in cui
ci si trova, anche se siamo portati a immaginare che anche il carattere
faccia la sua parte.
Rispetto
alle dualità sopra accennate, il saggio non aspira né al bene e né al
male, consapevole che sono due facce della medaglia e dove c'è uno dei
due, è sempre contrapposto l'altro.
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