P’avé bbona ’nzogna s’ha dda ’ngrassà ’o puorco

P’avé bbona ’nzogna s’ha dda ’ngrassà ’o puorco.
Per ottenere un buon risultato occorre mettercela tutta e lavorare con impegno.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Presenta il proverbio la metafora di rappresentare, con le cure dovute a un animale, che era e ancora è, protagonista dell'economia rurale, la diligenza e l'attenzione necessarie affinché qualsiasi impegno sia assolto nel modo migliore.
Da sempre è stato attribuito al povero maiale un significato simbolico particolare, a rappresentare fertilità e forza, come segno di agiatezza e di ricchezza, perché non serve chissà che cibo, per nutrirlo, con tutti poveri scarti che si possono trovare e, dopo averlo ingrassato, per un po' di tempo rende molto, rappresentando quindi un buon investimento, per chi si dedica a tale attività
Riguardo all'animale presentato, una locuzione che ha del comico, la troviamo tra quelle attribuite a Sir Winston Churchill:
“Mi piacciono i maiali. I cani ci guardano dal basso. I gatti ci guardano dall'alto. I maiali ci trattano da loro pari.”
Perché indubbiamente il maiale non si presenta con la sottomissione che può avere un cane e tanto meno con l'indifferenza verso di noi, che attribuiamo ai gatti, specialmente se non hanno fame.
Un animale che rappresenta un paradosso, tra le nostre tradizioni e osservanze e quelle di altre religioni, dalle quali è considerato un animale impuro. Una tradizione sorta probabilmente per motivi igienici, in tempi antichi e per le latitudini, così che l'animale che si nutriva di qualsiasi cibo immondo, facilmente generava malattie, per chi se ne nutriva. Come poi si legge nel Corano, dove è descritto come impuro, immondo e inadatto al consumo. Le carni suine, secondo tale libro, si possono mangiare solo “in casi estremi”, cioè se si rischia la morte o non c'è nessun'altra alternativa, che ci ricorda una frase che adattiamo all'argomento:
"Quello che non strozza, ingrassa, anche se poi si rischia di schiattare"
Una tradizione che sussiste anche nella religione ebraica.
Ma riguardo allo scenario nel quale la povera bestia è presentata come d'abitudine, ben scrisse al suo riguardo Pierre Loti, ovvero lo scrittore e militare francese Louis Marie Julien Viaud:
“Il maiale è diventato sporco solo in seguito alle sue frequentazioni con l'uomo. Allo stato selvatico è un animale molto pulito.”
Con la parola frequentazioni che edulcora di molto lo stato di prigionia e di poca pulizia in cui spesso è tenuto il povero animale.
Passando poi dalla metafora, a quello che il proverbio intende dire, vengono alla luce la determinazione e la cura con cui si deve affrontare qualsiasi impegno, affinché vada a buon fine.
Uno scenario in cui è protagonista la soddisfazione del tornaconto personale, ovvero il miglioramento delle proprie condizioni, accompagnata dalla propensione a impegnarsi, a cui fa da molla la motivazione, che è il miglior incentivo per raggiungere uno scopo, una parola che spesso va di pari passo con ispirazione ed entusiasmo.
Se a tale parola, si oppone e ha la meglio il suo contrario, rappresentato dalla demotivazione, ne consegue una stasi che frena qualsiasi impegno, se esso non si presenta stimolante e attraente.
Constatiamo come le persone hanno spesso bisogno di una motivazione, per assolvere impegni che non si mostrano attraenti. Quanti sono costretti ad impegnarsi in lavori poco graditi, per la motivazione rappresentata dallo stipendio a fine mese?
Alla radice del termine c'è la parola "motivo", che similmente viene utilizzata per spiegare il perché di una particolare azione.
Leggiamo a tal riguardo, tra gli scritti di Andrew Carnegie, imprenditore e filantropo scozzese naturalizzato statunitense:
“La gente che non è in grado di motivare se stessa, deve accontentarsi della mediocrità, non importa quanto impressionanti siano le loro capacità.”
Perché qualsiasi capacità non messa a frutto, è uguale a non averne, anche se spesso le circostanze della vita non offrono a tanti la possibilità di poter mettere in atto le proprie doti.
Quante persone con le capacità mentali di uno scienziato al quale, nel mondo occidentale, è stato conferito un premio Nobel, sono nate nel cuore dell'Africa, tra le steppe della Mongolia, o tra i ghiacci del Polo nord?
Persone, il cui ingegno sarà pur stato ammirato, nel proprio ambiente, ma che non hanno avuto la possibilità di accedere a una cultura che li avrebbe favoriti nel saper sfruttare le loro capacità.
La motivazione può essere individuale per le persone che si sanno autogestire nel prendere le loro decisioni, come può essere di massa, quando è rappresentata dalla pubblicità o dagli usi e costumi di un certo ambiente, come ad esempio le mode, che inducono gli istinti gregari a seguirle supinamente e del tutto incapaci di scelte originali.
Uno dei momenti più coinvolgenti, pieni di entusiasmo e anche di tensione che si provano, è rappresentato dall'inizio di una nuova impresa, con tante incognite ancora da scoprire per chi, come si usa dire, lascia la strada vecchia per la nuova e non sa quello che trova. Via via che poi l'opera ha il suo corso e, se ha presentato ostacoli, si sono superati, la passione che ha caratterizzato il suo principio, lascia il passo alla routine, nel continuare un percorso che non nasconde più tratti sconosciuti, tanto da potersi uniformare a una locuzione di James Ronald Ryun, sportivo e politico statutinense:
“La motivazione è ciò che fa partire. L'abitudine è quella che ti tiene in moto.”
L'inizio e la continuazione di un'attività, che diventano croce e delizia, a seconda del carattere di chi si impegna in una qualsiasi impresa, la prima per chi è insofferente a svolgere un incarico monotono, e che cerca sempre la seconda, nell'impegnarsi in cose sempre nuove.
Sentimenti che si spostano al contrario, per l'abitudinario, che vede una croce da evitare in ogni novità, e la delizia nel grigiore della piattezza quotidiana.
Avete presente il tipo che se gli sposti di qualche centimetro una matita sulla scrivania, ci manca poco che faccia una scenata?
Dai reperti che gli archeologi hanno trovato, hanno dedotto che da uno a due milioni di anni fa, la pressione selettiva tra i primi esseri umani, generò il cosiddetto homo habilis che, spinto dalla motivazione della caccia, iniziò a modellare manufatti in pietra, per riuscire a catturare prede che altrimenti gli sarebbero sfuggite, prima che apparisse l'homo sapiens che, insieme alla sua capacità di elaborare dei concetti, fece sorgere le motivazioni che lo spinsero all'invenzione della ruota per i carri, come a quella degli archi e delle frecce, che soppiantarono i sassi e i bastoni usati per aggredire o difendersi dai nemici.
Motivazioni sempre più sofisticate, nel tempo, che hanno spinto gli esseri umani a fantastiche opere, sia letterarie che di arte e invenzioni, come li hanno indotti a impegnarsi in guerre, stragi e distruzioni.
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