’O vero pezzente nun cerca lemmòsena

’O vero pezzente nun cerca lemmòsena.
La vera miseria è quello del povero dignitoso che ha vergogna di stendere la mano.
Ci incontriamo con un bisticcio di significato, su come è inteso il termine pezzente che, almeno fuori Napoli e dintorni, è già dispregiativo di per sé, mentre il proverbio attribuisce una connotazione lusinghiera alla parola, quando chi è definito così ed è accompagnato dall'attributo vero, è mostrato come una figura più che dignitosa, per il contegno col quale si comporta, trattenendosi dalla vergogna di sminuirsi nell'elemosinare, con geremiadi prolisse e importune.
Un ammirevole comportamento che è anche facoltà di pochi e ci basta pensare a quanti accattoni resi tali, non dalla mancanza di sostanze, ma da quella del cervello, sono costantemente tesi a rimediare qualsiasi cosa, senza spendere un quattrino.
Un detto, quello presentato, che mette in luce come un comportamento dignitoso sia facile per chi vive negli agi, mentre è difficile per chi versa in povertà e non ha alcuna voglia di esibirsi in una deplorevole umiltà, che gli farebbe perdere la dignità alla quale tiene, sia di fronte a sé, che con coloro con cui si trova a vivere.
Tanto per dire come la ricchezza possa agevolare qualsiasi zotico, di contro a come la povertà rende difficile la vita a chi è signore d'animo.
"Signori si nasce ed io lo nacqui, modestamente!", dice Totò nel film omonimo, perché per quanto famiglia, ceto e ambiente possano condizionare una persona, con gli usi e i costumi che le vengono mostrati e anche imposti, se essa è aiutata da un'innata sensibilità, è anche in grado di saper scegliere il miglior modo col quale comportarsi, che risulterà, come già accennato, favorevole o difficile ,a seconda delle condizioni in cui essa versa.
Nei pressi della stazione Termini, conobbi un barbone che aveva occupato parte del marciapiede con un suolo fatto di cartoni, sul quale, seduto o sdraiato, teneva spesso salotto, dissertando con una autorevolezza da oratore e offrendo anche da bere a chi era disposto a intrattenersi e varie apparivano le persone che si alternavano nei ricevimenti che teneva, le volte che passavo, al punto di allungare l'itinerario per osservare lo spettacolo.
Ci si può non credere, ma dotato com'era di un'autorevole figura, sembrava l'anfitrione di un convivio, mentre dissertava sui temi che affrontava con gli astanti e si faceva fatica a vederlo come un barbone, malgrado fosse lo stato naturale in cui versava.
Preso dalla scena, non feci mai caso se c'era un recipiente adibito a ricevere monete e ho il rammarico di non aver contribuito con un minimo d'offerta, all'esistenza di quello che mi appariva ad un tempo come un filosofo e un signore a tutto tondo.
Una figura che mi faceva rammentare il filosofo che ammiro di più, ovvero il famoso Diogene di Sinope, che ad Alessandro, al quale poteva chiedere di tutto, chiese semplicemente di scostarsi, per l'ombra che faceva e che gli impediva di godere il sole.
Un personaggio che a Napoli sarebbe stato valutato come un pezzente più che vero e diciamo anche straordinario.
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