’O vero pezzente nun cerca lemmòsena.
La vera miseria è quello del povero dignitoso che ha vergogna di stendere la mano.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Ci
incontriamo con un bisticcio di significato, su come è inteso il
termine pezzente che, almeno fuori Napoli e dintorni, è già
dispregiativo di per sé, mentre il proverbio attribuisce una
connotazione lusinghiera alla parola, quando chi è definito così
ed è accompagnato dall'attributo vero, è mostrato come una figura più
che dignitosa, per il contegno col quale si comporta, trattenendosi
dalla vergogna di sminuirsi nell'elemosinare, con geremiadi prolisse e
importune.
Un ammirevole
comportamento che è anche facoltà di pochi e ci basta pensare a quanti
accattoni resi tali, non dalla mancanza di sostanze, ma da quella del
cervello, sono costantemente tesi a rimediare qualsiasi cosa, senza
spendere un quattrino.
Un
detto, quello presentato, che mette in luce come un comportamento
dignitoso sia facile per chi vive negli agi, mentre è difficile per chi
versa in povertà e non ha alcuna voglia di esibirsi in una deplorevole
umiltà, che gli farebbe perdere la dignità alla quale tiene, sia di
fronte a sé, che con coloro con cui si trova a vivere.
Tanto
per dire come la ricchezza possa agevolare qualsiasi zotico, di contro a
come la povertà rende difficile la vita a chi è signore d'animo.
"Signori
si nasce ed io lo nacqui, modestamente!", dice Totò nel film omonimo,
perché per quanto famiglia, ceto e ambiente possano condizionare una
persona, con gli usi e i costumi che le vengono mostrati e anche
imposti, se essa è aiutata da un'innata sensibilità, è anche in grado di
saper scegliere il miglior modo col quale comportarsi, che risulterà,
come già accennato, favorevole o difficile ,a seconda delle condizioni
in cui essa versa.
Nei
pressi della stazione Termini, conobbi un barbone che aveva occupato
parte del marciapiede con un suolo fatto di cartoni, sul quale, seduto o
sdraiato, teneva spesso salotto, dissertando con una autorevolezza da
oratore e offrendo anche da bere a chi era disposto a intrattenersi e
varie apparivano le persone che si alternavano nei ricevimenti che
teneva, le volte che passavo, al punto di allungare l'itinerario per
osservare lo spettacolo.
Ci
si può non credere, ma dotato com'era di un'autorevole figura, sembrava
l'anfitrione di un convivio, mentre dissertava sui temi che affrontava
con gli astanti e si faceva fatica a vederlo come un barbone, malgrado
fosse lo stato naturale in cui versava.
Preso
dalla scena, non feci mai caso se c'era un recipiente adibito a
ricevere monete e ho il rammarico di non aver contribuito con un minimo
d'offerta, all'esistenza di quello che mi appariva ad un tempo come un
filosofo e un signore a tutto tondo.
Una
figura che mi faceva rammentare il filosofo che ammiro di più, ovvero
il famoso Diogene di Sinope, che ad Alessandro, al quale poteva chiedere
di tutto, chiese semplicemente di scostarsi, per l'ombra che faceva e
che gli impediva di godere il sole.
Un personaggio che a Napoli sarebbe stato valutato come un pezzente più che vero e diciamo anche straordinario.
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