N’ora ’e cuntiente fa scurdà mill’anne ’e turmiente

N’ora ’e cuntiente fa scurdà mill’anne ’e turmiente.
Un ora di felicità basta a far dimenticare mille anni di sofferenze.
Ci illustra il proverbio come un attimo di felicità procurata da un magari inaspettato e lieto evento, oppure da persone delle quali soffrivamo la mancanza, possano far dimenticare almeno per un attimo, anche un lungo tempo trascorso in sofferenze e patimenti.
Conferma che troviamo in uno degli scritti del drammaturgo romano Publilio Siro:
“Di solito un momento restituisce ciò che molti anni hanno tolto.”
Con un interrogativo che su tale tema si poneva Fëdor Michajlovič Dostoevskij, nel libro Le notti bianche:
“Un attimo di vera beatitudine! È forse poco per riempire tutta la vita di un uomo?”
Uno di quei momenti che alle persone più sensibili, possono provocare una vera e propria beatitudine, con il desiderio di continuità che fanno sorgere, mentre spesso la piacevolezza che si prova, rende gli istanti ancor più brevi e poi rimpianti.
Nel tran tran della vita quotidiana, si alternano attimi felici ed altri meno, con i tanti ai quali facciamo poco caso e, come leggiamo nel libro: Il mestiere di vivere, di Cesare Pavese:
“Non si ricordano i giorni, si ricordano gli attimi.”
Pensiamo alla discordanza tra i piacevoli ricordi che serbiamo su felici momenti del passato, mentre ad altri, il tempo in cui li collochiamo, ricorda solo tribolazioni e sofferenze, come viceversa per momenti tristi, che abbiamo trascorso nel passato, ma ricordati con nostalgia da altri, per la felicità che vi provarono.
L'esortazione Carpe diem, resa famosa dal poeta romano Quinto Orazio Flacco, che incita a cogliere l'attimo fuggente, che potremmo tradurre nel saper godere la vita istante per istante, è un esercizio spesso disatteso come scrisse a suo tempo lo scrittore e autore di best seller Prem Rawat:
“Giudichiamo un giorno bello ed un giorno brutto, perché abbiamo dimenticato il valore di ogni istante.”
Mentre di contro a tale realtà poco attraente, leggiamo nelle Opinioni di un clown di Heinrich Böll:
“Io sono un clown e faccio collezione di attimi.”
Che ci rammenta una delle professioni più belle del mondo, quella del clown, che qui solo pagliaccio a suo tempo era chiamato, perché fa divertire e ridere i bambini, regalando loro meravigliosi istanti di felicità e facendo scomparire la tristezza che qualcuno di loro può provare.
In tale scenario e riguardo al tema del proverbio, sorge spontaneo il consiglio da dare ai genitori, nel riuscire ad abituare i loro figli, fin da piccoli, a gustare la vita attimo per attimo, anche se già la natura concorre affinché ciò avvenga nell'infanzia,  ma perfezionando tale insegnamento nel far svanire, in loro, il desiderio e l'aspettativa di diventare grandi, onde evitare l'inizio di un comportamento che caratterizza molti adulti: vivere la vita costantemente nell'aspettativa del futuro, che sia rappresentato da qualsiasi evento ritenuto migliore del presente, dallo stacco dal lavoro, al fine settimana, alle sospirate ferie o all'agognata pensione e così via, che trasforma la vita in tempo perso e perso pure male.
Immaginiamo che il momento che stiamo trascorrendo, sia il peggiore tra quelli già vissuti, se poi per alcuni non è proprio così, in una postura che sia stabile, rilassata e comoda, chiudiamo gli occhi ed eliminiamo qualsiasi pensiero, aiutandoci con la concentrazione sul respiro, che ridurremo a più lento che possiamo, immaginando che l'aria che inaliamo, sia un elemento intriso, come poi è, di energia vitale e anche di gioia, che pervade l'intero organismo, permeandolo di una vivificante luminosità, riacquistando, se perduta, la certezza di come il nostro sé, che è al di là del nostro raziocinio, sia invulnerabile da qualsiasi offesa, che può essere sofferta dalla mente e anche dal corpo.
Con tale esercizio, scenderà su di noi una meravigliosa pace che farà riaffiorare la felicità che è dentro di noi, che non aspetta altro che di essere scoperta, se pur da tanti ignorata e non cercata. 

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