’Ncopp’ ê spalle ’e ll’ate tutte facimmo ’e dutture

’Ncopp’ ê spalle ’e ll’ate tutte facimmo ’e dutture.
Tutti ci sentiamo maestri quando giudichiamo gli errori degli altri salvo a non riconoscere quelli che commettiamo noi.
Il proverbio mette in evidenza la facilità con cui siamo tutti bravi a giudicare in modo negativo l'operato altrui, non solo se non è perfetto, perché se anche fosse eccellente, c'è sempre qualcuno che fa di tutto per sminuirlo, ogni volta che la presunzione si accompagna con l'invidia.
In qualsiasi attività, c'è chi vi s'impegna e c'è chi si limita a guardare, magari perché non ne è per nulla pratico, in una inattività che può diventare deleteria, per il tempo che dedica a osservare l'operato altrui e, visto che c'è, anche a giudicarlo quasi sempre negativamente. Un personaggio che se poi gli capitasse d'intraprendere qualcosa, si guarda bene dall'ammettere gli errori nei quali incorre, perché gli errori li commettono solo gli altri.
Un fenomeno che spesso capita, tra il giudicare gli errori propri e quelli altrui, lo leggiamo in un'allocuzione della scrittrice Antonia Gravina:
“Siamo dei buoni avvocati con i nostri errori e degli ottimi giudici con quelli degli altri.”
Un atteggiamento dal quale sono esenti le persone con una forte etica morale, che si pongono come spietati giudici verso loro stesse e con un atteggiamento comprensivo e tollerante verso gli errori altrui, ben consapevoli dei difetti della natura umana.
Certo è che solo chi si impegna in una qualsiasi azione, può sbagliare, mentre chi si limita a guardare e magari anche a giudicare l'operato altrui, si può illudere di essere perfetto.
Non per nulla, è famosa l'allocuzione attribuita a Carl Gustav Jung:
“Pensare è molto difficile. Per questo la maggior parte della gente giudica. La riflessione richiede tempo, perciò chi riflette già per questo non ha modo di esprimere continuamente giudizi.”
Riguardo al saper riflettere, prima di parlare, ben si usa dire che bisognerebbe contare almeno fino a 10 prima di esprimere un giudizio, affinché la lingua sia frenata dalla parte migliore che si ha dell'intelletto, quando questo lo si sappia usare.
Chi giudica facilmente, è portato a osservare con molta superficialità il prossimo, come leggiamo in ciò che al riguardo scrisse Niccolò Machiavelli:
“In generale, gli uomini giudicano più con gli occhi che con le mani, perché tocca a vedere a ciascuno, a sentire a pochi. Ognuno vede quel che tu pari, pochi sentono quel che tu sei.”
Ci si può illudere di conoscere bene una persona al punto di poterla giudicare, dimenticando il concetto espresso dall'antico proverbio medioevale citato ne "L'amor costante" scritto da Alessandro Piccolomini nel 1536: “che si mangi uno moggio di sale prima che si conosca un omo”.
Un'unità di misura, per descrivere quanto sale servirebbe, che è variata dall'antichità a tempi successivi, ma che è pur sempre enorme.
Ma da quanto ci riportano le cronache, i giudizi espressi su qualsiasi azione, che sia eseguita dai rappresentanti delle istituzioni, oppure dai privati, vengono fatti, non solo non conoscendo le persone, ma anche le materie riguardanti gli operati, da parte di persone che se fossero costrette a fare ciò che giudicano, non saprebbero da che parte cominciare.
Riguardo quindi a chi fa qualcosa e a chi guarda e giudica, ricordiamo che più ci si impegna in qualsiasi azione, senza stare a far caso a quelle altrui, più il continuo esercizio la fa perfezionare.
Una delle tante cose che si imparano nella vita è che mentre chi è abituato ad agire, non si cura dell'operato degli altri, se non per un confronto costruttivo che gli faccia migliorare ciò che sta facendo, chi si limita a guardare, ha tutto il tempo di parlare e spesso di criticare.
A chi attende a qualsiasi opera, succede di sbagliare e ogni errore rappresenta una lezione in più per migliorare, mentre chi guarda e critica gli errori altrui, si illude di esserne esente, tanto non corre il rischio di sbagliare e l'unica cosa che ottiene è quella di importunare il prossimo.
Evitiamo i chiacchieroni che lasciano il tempo che trovano, quando non lo peggiorano, facendoci distrarre da ciò che è più importante: i nostri impegni.
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