Si ’a ’mmíria fosse frèva a ognuno lle venesse

Si ’a ’mmíria fosse frèva a ognuno lle venesse.
Se l’invidia fosse febbre a ognuno gli verrebbe. Perché tutti, chi più e chi meno, siamo invidiosi di qualcuno.
Da I proverbi napoletani a cura di Gianni Polverino, Presidente presso Napoli Centro Storico. Proverbi e Tradizioni
Ci presenta oggi il proverbio, un sentimento che è comune a molti, con il contorno degli altri che fa sorgere, dall'astio, al livore, alla stizza, quando non diventi vera e propria rabbia, il sentimento dell'invidia.
Essere invidiosi significa desiderare ciò che possiede un altro, oppure le sue qualità.
Il termine deriva dal latino "invidere": "in" è avversativo, mentre "videre" significa "guardare", quindi il significato è quello di guardare di traverso, ostilmente. Hai presente quando dici qualcosa di divertente e intelligente e, mentre tutti ridono, qualcuno ti guarda in modo malevolo e ostile, oppure si intromette, interrompendo quello che stai dicendo? Non hai fatto altro che far sorgere in lui il sentimento dell'invidia, relegandolo in un secondo piano che non riesce a sopportare.
Non sono solo i beni posseduti o le doti che si hanno, a suscitare invidia, una persona che vive in ristrettezze tali da meritare la commiserazione di chi sta meglio, se è felice e beata del poco che possiede, arriva a suscitare la derisione, che non è altro che un atto derivante dall'invidia, da parte di chi non riesce a concepire un tale comportamento, per dire quanto la felicità, già di per sé stessa, possa suscitare astio e acrimonia.
Diversamente da qualsiasi essere normale, sano, equilibrato ed aperto verso il prossimo, che qualora si imbattesse in qualche personaggio di rilievo, per qualsiasi qualità che egli possieda, semplicemente può provare stima ed ammirazione, scevre da qualsiasi invidia, per l'omuncolo fatuo e insulso, non è ammissibile che esistano tali persone ed è preso dai peggiori sentimenti che possa provare un essere umano: astio, rabbia, invidia. E' un portatore insano di sentimenti malvagi che sfoga nella maldicenza verso chi vede al di sopra di lui (E non è che ci voglia molto ad esserlo) per la notorietà che la società gli concede.
L'invidia è un difetto diffuso che si accompagna con la cattiveria, la stupidità e io ci aggiungerei anche l'inettitudine.
L'invidioso, del tutto incapace della laboriosità, dello spirito di sacrificio e della bravura nel conseguire qualsiasi risultato, si rode dalla bile osservando solo l'esito finale e guardandosi dal valutare e tanto meno desiderare d'impegnarsi, nella fatica fatta per conseguirlo che, nel migliore dei casi, traduce in una fortuna sfacciata, se non, molto più facilmente, in losche manovre, perché, tra le sue attitudini, c'è quella di attribuire all'invidiato le negatività che ha dentro di sé.
E una lezione su quanto sopra accennato, ce la fornisce lo Speaker motivazionale Brian Tracy:
“Se invidi le persone di successo, crei un campo di attrazione di forze negative che ti respinge dal fare le cose che ti servono per avere successo. Se ammiri le persone di successo, crei un campo di attrazione di forze positive che ti attira a diventare sempre più il tipo di persona che vorresti essere.”
A dimostrare quanto una disinteressata ammirazione e un sano desiderio di emulazione preservano dall'aberrante e gretto sentimento dell'invidia.
Spesso l'invidiato ha una croce più grande dell'invidioso, il quale fa caso solo all'esteriorità di quanto conseguito, al fatto compiuto, ma non ai sacrifici affrontati per ottenerlo.
Un momento di abbandono dei giusti sentimenti, per i travagli che la vita offre, può indurre chiunque a un sentimento d'invidia momentaneo, nei confronti di chi non versa nelle sue stesse cattive acque.
Ma la persona retta, che si è lasciata prendere da tale sentimento, in un momento di defaillance caratteriale, non tarda a ravvedersene, ben sapendo quanto potrebbe pentirsi e vergognarsi dell'impulso cattivo che ha provato, scoprendo magari che quello che invidiava ha una croce più tremenda della sua.
Come ci rammenta il poeta, librettista e drammaturgo Pietro Metastasio:
“Se a ciascun l'interno affanno si leggesse in fronte scritto,
quanti mai, che invidia fanno, ci farebbero pietà.”
La storia ci insegna che almeno alcune rivoluzioni, avvenute nelle diverse società, all'insegna di più libertà e uguaglianza, sono state fatte sorgere dall'invidia del potere, provata dalle classi intermedie verso quelle dominanti.
Vedi la rivoluzione francese messa in atto dalla borghesia, che prometteva al popolo libertà, uguaglianza e fraternità, per far ritrovare la popolazione sotto a un impero, anche se poi è durato poco.
O ancora peggio, quella russa che, sempre fatta sorgere dalla borghesia, con il conclamato intento di liberare il popolo dall'assolutismo della monarchia, si è risolta in uno dei regimi più terrificanti, quello staliniano.
Non ci facciamo coinvolgere, sia nella vita reale, che nei social, da chi inveisce con acredine e livore verso quelle che sono definite le caste dei privilegiati della società, perché che se si trovasse al posto di chi rabbiosamente critica, se non è più che sicuro, lo è quasi, che si comporterebbe ancora peggio.
La nostra invidia dura sempre più a lungo della felicità di quelli che invidiamo. diceva Eraclito.
Il saggio si guarda bene dall'augurare il male a qualsiasi persona che sembra baciata dalla sorte, perché sa come chi ha un minimo di sensibilità, corra poi il rischio di pentirsene amaramente, con tutta la vergogna che si prova, sentimenti mai provati dal malvagio, che fa festa sulle disgrazie altrui.
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